Sap 11

Sap 11,22-12,2 – XXXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

 

Introduzione

Sap 11 – La prima lettura
è tratta dal libro della Sapienza.

Questo scritto sapienziale poetico
è posto sotto il patronato ideale di Salomone,
il re simbolo della sapienza d’Israele (X sec. a.C.),
ma in realtà è stato composto, in greco,
alle soglie del cristianesimo,
verosimilmente ad Alessandria d’Egitto,
nella seconda metà del I secolo a.C.

Proprio perché non scritto in ebraico,
questo libro non è entrato nel Canone
delle Scritture sacre degli Ebrei e dei protestanti,
mentre è stato accolto in quello cattolico
con altri sei libri, detti “deuterocanonici”
(Tobia, Giuditta primo e secondo libro
dei Maccabei, Baruc, Siracide).

Sap 11 – Contesto

Il nostro testo si trova all’inizio
di una lunga rilettura degli eventi dell’Esodo
che occupa i capitoli 11-19.

La preghiera del mattino d’ogni pio israelita
comincia con le parole : «Ricorda Israele!…».

Israele è un popolo che non dimentica.
Ricorda ciò che i suoi padri hanno sofferto in Egitto,
poi il Signore li ha liberati
colpendo i loro oppressori con duri castighi.

Questo articolo fondamentale del Credo israelita
sembrerebbe un invito
a detestare per sempre gli egiziani.
Invece, sia nella Bibbia sia nella tradizione giudaica
gli egiziani non sono mai esecrati e maledetti.

Non tutti però hanno sempre condiviso
questi nobili sentimenti.
Molti si sono chiesti invece per quale ragione
il Signore non li abbia annientati.
Perché tanta moderazione nei loro confronti?

Il nostro testo riferisce la risposta
a questo interrogativo.
A coloro che considerano eccessiva,
ingiustificata la pazienza del Signore
esso cerca di far capire
le ragioni del comportamento del Signore.

Sap 11 – Dio ha occhi diversi dai nostri

Ricorda anzitutto
che Dio ha occhi diversi dai nostri.

Il mondo intero, pur nella sua vastità,
appare ben poca cosa al cospetto del Signore:
«Tutto il mondo davanti a te
è come polvere sulla bilancia,
come una stilla di rugiada mattutina
caduta sulla terra» (Sap 11,22).

Non s’intende esprimere disprezzo
verso la realtà creata,
né teorizzarne l’inconsistenza.

I paragoni con la «polvere sulla bilancia»
e la «stilla di rugiada mattutina»
intendono suggerire l’irrilevanza del mondo
rispetto alla potenza divina.

Le due immagini hanno un corrispettivo
nel testo di Is 40,15, in cui le nazioni e le isole
sono comparate a una goccia che cade dal secchio
e al granello di sabbia,
al fine di indicare la loro irrilevanza
rispetto alla grandezza di Dio.

Dio è l’eterno Signore
che ha creato i confini della terra
senza avvalersi della collaborazione di nessuno

Sap 11 – Fortezza e potenza di Dio

Dio è paziente perché è forte,
perché è gande e perché può tutto (Sap 11,23a).

I deboli, infatti, aggrediscono con violenza
i loro avversari perché hanno paura.
Chi, invece, è forte non si preoccupa,
tollera tutto, non si sente minacciato.

Dio ha uno sguardo indulgente
e misericordioso perché nulla lo spaventa.

Lascia che gli uomini agiscano con libertà,
non si spaventa se li vede commettere errori
perché è certo
che il gioco non gli sfuggirà di mano.

L’intolleranza
nei confronti di chi commette peccati,
l’aggressione contro chi pensa
o si comporta in modo diverso,
nascono dall’insicurezza, dalla paura,
dalla sensazione che le forze del male
possano divenire incontrollabili.

Sap 11 – «Chiudi gli occhi sui peccati degli uomini,
aspettando il loro pentimento» (Sap 11,23b).

La seconda ragione della moderazione di Dio
nei confronti degli egiziani: egli non considera,
ossia «chiude gli occhi sui peccati degli uomini,
aspettando il loro pentimento».

Se castiga non lo fa per distruggere il peccatore,
ma al fine di ricuperarlo,
al fine di condurlo al pentimento
L’agire di Dio è ispirato non alla vendetta,
ma solo alla misericordia e all’amore.

Non desidera la morte del peccatore,
ma che desista dalla sua cattiva condotta
e viva (Ez 18,23).

Un profeta anonimo,
vissuto un centinaio di anni prima,
ha annunciato un evento inaudito:
la conversione degli assiri e degli egiziani
destinati a formare, insieme con Israele,
un unico popolo.

Il Signore degli eserciti – dice –
li benedirà così:
«Benedetto sia l’egiziano mio popolo,
l’assiro opera delle mie mani
e Israele mia eredità» (Is 19,25).

L’autore del nostro testo
ha assimilato questa mentalità universalistica
che il Signore cercava pazientemente
di inculcare nel suo popolo Israele.

Sap 11 – «Tu ami tutte le cose che esistono
e non provi disgusto per nessuna delle cose
che hai creato; se avessi odiato qualcosa,
non l’avresti neppure formata» (Sap 11,24).

La terza ragione: Il Signore osserva tutto il creato
perché tutto ciò che esiste è opera sua.

Dio non disprezza nulla di quanto ha fatto.
Non odia nessuno, ama tutti: buoni e cattivi,
perché tutti sono sue creature e tutti,
a causa del fatto stesso di esistere,
portano in sé qualcosa di buono.

Egli è il Signore «amante della vita» (Sap 11,24-26).
I suoi occhi non sono mai accecati
dal desiderio di vendetta,
come avviene spesso per quelli dell’uomo.

Raccontavano i rabbini che,
dopo il passaggio del Mar Rosso,
gli angeli avrebbero voluto unire le loro voci
a quelle degli israeliti che inneggiavano
perché il faraone e la sua armata
erano stati sommersi dalle acque.

Ma il Signore intervenne e disse:
«Come potete cantare
mentre i miei figli stanno morendo?
I flutti stanno inghiottendo le mie creature
e voi volete intonare un cantico?».

«Per questo tu correggi a poco a poco» (Sap 12,2)

Il nostro testo si chiude
con l’interpretazione teologica dei castighi
che Dio ha inflitto agli egiziani:
non si tratta di castighi, ma di medicine.

Come si fa con le medicine,
Dio non lesina di correggere gradualmente
coloro che sbagliano e di ammonirli
perché si ravvedano dagli errori commessi
e possano liberarsi dal peso della malizia
e dell’empietà e rivolgersi di nuovo a Dio.

Foto: Santissima Trinità /
Disegno fatto e regalatomi
da un mio studente di teologia
a Villafranca di Verona

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