Rignano. Il rogo del Ghetto
e il diritto alla casa e al lavoro
Rignano – Sarebbe facile
e scontato dire
«l’avevamo detto».
Ma è la verità.
L’avevamo detto
e l’avevamo scritto.
Tante volte abbiamo scritto
del gran ghetto
di Rignano Garganico.
Di questa “città fantasma”,
che tanti hanno ignorato per anni,
soprattutto le istituzioni locali
e regionali.
Ed è arrivato il fuoco a ricordarcelo
portandosi via
due giovani lavoratori africani.
Sì, lavoratori.
Non richiedenti asilo,
profughi né irregolari
o come piace
digrignare a qualcuno «clandestini».
A Rignano Garganico
come a Cerignola a Rosarno
a Castel Volturno o a Vittoria
ci sono immigrati regolari,
con permesso di soggiorno.
Sono qui per lavorare,
spostandosi
seguendo le stagioni
e le produzioni agricole.
Come tanti lavoratori italiani.
E noi come li ospitiamo?
Baraccopoli e ghetti.
Luoghi di sfruttamento
e di illegalità,
piccola e grande.
Luoghi di confine,
di autogestione
e autosussistenza.
Dove i caporali
hanno buon gioco.
Ma non ne sono loro la causa.
Anche se ne approfittano
e ci sguazzano come pescecani.
Ghetti e caporali
sono il prodotto
di un sistema economico
e sociale
incapace di offrire lavoro
e accoglienza
in modo onesto, pulito, umano.
E non si dica che non si può.
In Trentino, Italia,
le aziende agricole
danno lavoro e casa
ai lavoratori migranti.
Casa, non baracca.
Perché non così
anche in Puglia, Campania,
Calabria e Sicilia?
***
Rignano – Si parla tanto
di accoglienza diffusa
per superare
gli ammassamenti disumani.
Ma senza il coinvolgimento di tutti
non è possibile.
Non si può chiedere solo
al volontariato.
Anche perché sarebbe assistenza,
pur preziosa, e non diritto.
Già, forse per qualcuno,
anche qualche politico
alla ricerca di un facile consenso,
parlare di “diritto” suona strano,
ma questo sono il lavoro e la casa.
Per tutti coloro che
lavorano nella repubblica
fondata sul lavoro,
italiani e migranti.
Ma se l’economia di un territorio
sceglie di vivere di sommerso,
non potrà che offrire
ghetti e baracche.
Tutto si tiene.
Sta alle organizzazioni agricole,
alcune delle quali
continuano a lamentarsi
della legge contro il caporalato,
fare scelte nette.
Sta alla politica,
alle istituzioni centrali e locali,
fornire norme, progetti
e se serve finanziamenti.
Ma anche controllare
e sanzionare duramente.
Altrimenti i ghetti
bruceranno senza chiudere.
E torneremo a scrivere
«l’avevamo detto».
Antonio Maria Mira, Rignano.
Il rogo del Ghetto
e il diritto alla casa e al lavoro,
in “Avvenire”, sabato 4 marzo 2017
Foto: Gran ghetto
di Rignano Garganico –
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