Sir 35

Sir 35,15-17.20-22 – XXX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

 

Contesto

Sir 35 – La prima lettura
è tratta dal libro del Siracide
(detto così dal nome del suo autore
Gesù Ben Sira = Gesù figlio di Sira).

Scritto in ebraico (se ne sono trovati frammenti
in una grotta di Qumran),
verosimilmente tra il 187-180 a.C.,
dopo la morte del sommo sacerdote Simone
(Sir 50,1-21) e prima della rivolta maccabaica
(167-164 a.C.).

Tuttavia è arrivato a noi nella traduzione greca,
che risale agli inizi del II secolo avanti Cristo,
quando in terra d’Israele
dilagavano il pensiero e i costumi ellenistici.

Mentre i fratelli Maccabei rispondono
alla situazione politico-religiosa
con una reazione armata,
Ben Sira, invece, vuole sostenere il suo popolo
muovendosi su un piano educativo,
riproponendo la tradizione sapienziale d’Israele.

Sir 35 – Testo

Il nostro testo, tratto da Sir 35,
è parte integrante della sezione
di Sir 34,18-35,24,
incentrata sulle istruzioni relative
al culto autentico e alla preghiera.

Il nostro testo, pertanto,
offre una profonda meditazione sapienziale
sul senso del culto,
ma anche una sua relativizzazione.

Da una parte, infatti,
si esalta la bontà delle offerte
e dei sacrifici (Sir 35,1-10),
dall’altra parte si ribadisce che Dio
non si lascia corrompere da vittime ingiuste
e preferisce le preghiere povere
ma sincere degli umili (Sir 35,11-24).

Sir 35 – Sguardo d’insieme al nostro testo

Il Signore non gradisce offerte sacrificali
che siano frutto d’empietà o d’ingiustizia;
non è accettabile, in effetti, presentare a Dio
ciò che è stato sottratto ai poveri,
umiliandoli e affamandoli.

L’oblazione che incontra il favore divino
consiste nell’astenersi dal peccato,
osservare la Legge e praticare l’elemosina.

Sir 35 – Imparzialità di Dio

«Il Signore è giudice e per lui
non c’è preferenza di persone» (Sir 35,15).

Alla pretesa, o illusione,
di avvalersi delle offerte cultuali
al fine di «corrompere» Dio
(«Non corromperlo con doni,
perché non li accetterà» Sir 35,14),
questo versetto costituisce una risposta chiara:

il Signore è giudice imparziale
al di sopra dei doni che gli offriamo.
Vana, pertanto, è l’illusione dell’uomo religioso
di poter tirare Dio dalla propria parte
semplicemente offrendo omaggi
o sacrifici per di più «ingiusti».

In altre parole, l’autore sacro
ammonisce i suoi lettori
a non lasciarsi prendere
da un certo ritualismo liturgico,

come se l’offrire a Dio sacrifici più ricchi
possa in qualche modo compensare
uno scorretto comportamento sociale
nei confronti dei poveri e degli oppressi.

L’espressione «preferenza di persone»
rimanda a una prassi sociale nella quale,
tra i giudici che sedevano alle porte della città
al fine di amministrare la giustizia,
potevano insinuarsi simpatie personali
o sentenze dietro compenso.
Dio non è così.

Sir 35 – Parzialità di Dio

Se Dio non commette parzialità – pensiamo –
di conseguenza egli premia i buoni e castiga i malvagi,
senza discriminare fra poveri e ricchi.

Invece – ecco pertanto la sorpresa! –
per lui non fare preferenza di persone
significa schierarsi dalla parte del povero.
Questa è la sua giustizia!

Amicizie, parentele, regali,
minacce, elevata posizione sociale…
infatti, non contano nulla davanti a lui.

L’unica condizione che lo smuove
è solo la povertà, il bisogno dell’uomo:
«Egli ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano
né quella della vedova
quando si sfoga nel lamento» (Sir 35,16-17).

Sir 35 – Le loro preghiere
arrivano fino alle nubi e le attraversano
finché arrivano a Dio (vv. 20-21).

Le preghiere della vedova e del povero
pertanto sono potenti ed efficaci.

L’immagine offerta dall’autore sacro
è che la forza di questa preghiera
«giunge fino alle nubi» e le oltrepassa
e che il soccorso tempestivo ed efficace di Dio
si prende cura con benevolenza
della vedova e del povero.

Quando davanti a lui
si presenta chi non ha alcun merito da esibire,
uno che può contare solo sulle proprie miserie,
Dio si commuove
e pronuncia sempre una sentenza di salvezza.

Sir 35 – «Abbia reso soddisfazione ai giusti
e ristabilito l’equità» (v. 22).

I «giusti» si identificano qui chiaramente
con coloro che si riconoscono deboli
e confidano soltanto
nella protezione di Dio.

Proprio perché fiduciosa,
tale preghiera «non desiste»
e finisce con l’ottenere da Dio
il ristabilimento di un’equità
che i criteri umani hanno ignorato o sovvertito
cioè i deboli e gli umili trovano davanti a Dio
quel favore che gli uomini negano loro.

Foto: Enrosadira (fenomeno per cui
la maggior parte delle cime delle Dolomiti
assume un colore rossastro,
che passa gradatamente al viola, soprattutto
all’alba e al tramonto) sulle Odle,
viste da Santa Maddalena in Val di Funes /
girovagainside.it

Lascia un commento