Am 6

Am 6,1a.4-7 – XXVI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Introduzione

Am 6 – Domenica scorsa
si è visto qual era la situazione
economica e sociale in Israele
al tempo di Amos.

C’era, indubbiamente,
benessere, pace, prosperità,
ma anche tante ingiustizie.

Il profeta Amos, d’altra parte,
aveva alzato la voce
contro i mercanti
che estorcevano
e truffavano i poveri.

La I lettura di oggi
ci propone un altro brano
dello stesso profeta.

Dopo aver biasimato quanti detestano
il diritto e la giustizia (Am 5,7-17),
e dopo aver ripreso il culto improntato
principalmente all’esteriorità (Am 5,18-27),
questa volta i destinatari
della dura reprimenda profetica
sono i ricchi.

Costoro vivono spensieratamente,
dedicandosi al lusso più sfrenato
(Am 6,1a.4-7).

Am 6 – Spensierati e fiduciosi

Il nostro testo si apre
in tono minaccioso: «Guai».

La veemente denuncia di Amos,
profeta venuto, peraltro,
dai campi e dai greggi,
colpisce pesantemente
gli spensierati di Sion
e coloro che si considerano sicuri
sulla montagna di Samaria (Am 6,1a).

Il nome “Samaria” indica non solo
la regione montuosa situata tra la Galilea
a nord e la Giudea a sud,
ma era anche il nome della capitale
del regno settentrionale di Israele.

A dire il vero,
gli abitanti di quella capitale
si considerano del tutto sicuri
perché sono convinti che la collina
sulla quale è edificata la loro città
sia, praticamente
inespugnabile per i nemici.

Am 6 – I banchetti suntuosi

I verbi, che ai vv. 4-6
descrivono dettagliatamente
lo stile gaudente
dei notabili di Sion e di Samaria
sono, ovviamente,
indicativi del benessere
di cui quelli possono disporre.

Gustano i loro cibi deliziosi
comodamente distesi
su letti intarsiati d’avorio,
segno di una ricchezza ostentata.

Sdraiati sui loro confortevoli divani
consumano solo carni tenere
di capretti e di vitelli
che non hanno ancora assaggiato l’erba,
che hanno succhiato soltanto latte
(Am 6,4).

Inoltre, suonano, danzano,
si esibiscono come cantautori,
sembrando voler competere
oltretutto con Davide (Am 6,5).

Infine, bevono vini dei migliori,
si ungono poi
con profumi di alta qualità,
ma soprattutto,
non si preoccupano della rovina
che sta per colpire
l’intera nazione (Am 6,6).

Diversi secoli dopo, gli archeologi,
sul colle dell’acropoli di Samaria,
faranno emergere dal terreno
non solo preziosi frammenti
di testate di letti d’avorio,
ma anche tracce di palazzi suntuosi
con saloni per feste.

Inoltre,
ricupereranno documenti in creta
delle importazioni da regini remote
di profumi esotici, di vini pregiati,
di derrate rare.

Sono, indubbiamente,
le testimonianze ancora parlanti
dell’«orgia dei dissoluti» di Samaria,
sfruttatori del popolo
e provocatori di Dio
con le loro ingiustizie.

Am 6 – La rovina che incombe

Il nostro brano si conclude
con una minaccia terribile:
«Perciò ora andranno in esilio
in testa ai deportati
e cesserà l’orgia dei dissoluti» (Am 6,7).

L’ottundimento
delle menti dei dissoluti,
causato dall’assuefazione
alla pigrizia,
impedisce loro di avvedersi
del pericolo
che incombe sulla nazione.

Non si preoccupano,
in tutto e per tutto
«della sorte di Giuseppe»,
vale a dire del Regno di Israele.

E ciò perché
sono talmente presi
dai banchetti
ai quali partecipano,
che non si curano
della minaccia rappresentata
dal popolo assiro.

Tuttavia, nel 722 a.C.,
Sargon II, re di Assiria,
raderà al suolo Samaria
e manderà in briciole i suoi palazzi.

Allora, non solo
saranno essi per primi
ad essere strappati
dai loro molli divani,
ma anche ad aprire
il corteo dei deportati
trascinati schiavi a Ninive.

Saranno puniti, certo,
per la loro dissolutezza;
e anche perché
si sono disinteressati
di ciò che stava accadendo.

Ma soprattutto perché
hanno lasciato cadere a vuoto
gli appelli divini
trasmessi dal profeta.

Am 6 – Insegnamento del nostro testo

Viviamo in un temo
e in una società
che sembra aver adottato
come impegno di vita:
«Non pensare».

Tra le invettive che Amos lancia
contro i signorotti di Samaria
spicca precisamente
quella di «spensierati».

Se sfogliamo un dizionario,
scopriamo che «spensierato»
è uno che «non ha pensieri
per le proprie cose, non è turbato
da preoccupazioni» (Palazzi).
Oppure si mostra «serenamente allegro»
(Devoto-Oli).

Non è certamente questo
il senso inteso da Amos.

I protagonisti, bersagli
delle critiche del profeta,
non sono certamente
«serenamente allegri».
Ma scompostamente,
tragicamente allegri.

E l’unica preoccupazione
che nutrono
è precisamente
quella di non pensare.

Se il cervello, infatti,
non è disattivato,
o reso inoffensivo,
e se non smette di produrre
quella sostanza ad alto rischio tossico,
che sono le idee,
succede la catastrofe…

La vera minaccia
non è certo la fame,
neanche la disoccupazione o l’atomo,
e neppure la smagliatura
nell’involucro di ozono,
ma il pensiero.

All’apparenza,
gli «spensierati» di Samaria
qualche pensiero lo coltivano pure:
il lusso sfrenato, il benessere,
i piaceri sciorinati in tutto il vecchio,
immutabile campionario,
le gozzoviglie, perfino la musica…

Ma ci si può preoccupare della casa
e di tutte le comodità relative,
senza tuttavia pensare
ad «arredare» chi ci sta dentro,
con quelle suppellettili essenziali
– anche se invisibili –
che lo fanno uomo.

Si può pensare
a godere la vita,
e dimenticarsi,
allo stesso tempo,
di vivere.

Si possono certamente
allineare cifre rassicuranti,
accumulare avventure,
lasciarsi cullare dal benessere,
essere storditi dal successo,
ma fallire completamente
nell’impresa di riuscire se stessi.

Pensare seriamente
alla propria vita,
pensare responsabilmente
(e al momento giusto) agli altri,
e, inoltre, pensare alla vita eterna.

È precisamente questo
l’invito di Amos che sottostà
alla sua invettiva
contro gli «spensierati»,
e che è ulteriormente
sviluppato nella seconda lettura
e nel Vangelo di oggi.

Foto: Il profeta Amos,
incisione di Gustave Doré /
meisterdrucke.it

Lascia un commento