Tanzi. La storia imprenditoriale
Una vita tra l’azienda il calcio e poi i processi
Tanzi. A seguito della scomparsa di Calisto Tanzi
se ne va un pezzo importante
dell’imprenditoria italiana degli anni Ottanta-Novanta.
Un pezzo caratterizzato certamente
da un elevato grado di innovazione di prodotto,
ma anche accompagnato purtroppo
da spericolate incursioni nella finanza.
Queste di fatto portarono la sua Parmalat,
che aveva inventato il latte a lunga conservazione,
al crac scoperto nel 2003
(il più grande perpetrato da una società privata in Europa),
nonostante successivamente sia stato dimostrato
come le difficoltà finanziarie fossero rilevabili
già agli inizi degli anni Novanta.
L’ammanco lasciato dalla società,
mascherato dal falso in bilancio,
si aggirava infatti sui 14 miliardi di euro:
con l’accusa di bancarotta fraudolenta
Tanzi quindi fu rinviato a giudizio
e in seguito condannato a 17 anni di reclusione,
per la quale si trovava ai domiciliari,
con condanne anche a dirigenti,
revisori dei conti e sindaci.
Il crollo finanziario della Parmalat
è costato l’azzeramento del patrimonio dei piccoli azionisti,
mentre i risparmiatori che avevano investito in obbligazioni
hanno ricevuto solo un parziale risarcimento.
L’impresa fu salvata dal fallimento
e la sua direzione venne affidata al commissario Enrico Bondi,
che ne risanò parzialmente i conti a partire dal 2005
finché fu comprata dalla francese Lactalis.
Nel 1973 il giro d’affari del Gruppo
era pari a 20 miliardi di lire,
saliti a ben 550 nel 1983.
Nel mezzo, tra gli anni ’70 e ’80
Tanzi investì massicciamente
nella promozione commerciale dei propri marchi,
con campagne pubblicitarie innovative
e programmi di sponsorizzazione sportiva:
dai campioni di sci alpino Gustav Thöni e Ingemar Stenmark,
ai piloti di Formula 1 Niki Lauda e Nelson Piquet
e alla scuderia Brabham.
Inoltre negli anni Ottanta
avvenne l’acquisto del Parma Calcio,
neopromosso in serie A.
E proprio sotto la gestione di Tanzi
il Parma Calcio conquistò i suoi più grandi successi,
tra cui la Coppa delle Coppe
nell’indimenticabile notte di Wembley nel 1993.
Negli anni Ottanta Tanzi entrò in contatto per la prima volta
con Ciriaco de Mita, in seguito capo del governo,
col quale strinse un forte legame.
Parmalat così aprì uno stabilimento a Nusco,
città natale di De Mita
e grazie all’appoggio della politica
acquisì poi la Margherita Yoghurt e la Cipro Sicilia
entrambe fortemente indebitate.
A fine anni Ottanta i debiti della Parmalat
ammontavano a un centinaio di miliardi di lire.
Al fine di evitare il peggio
Tanzi decise di quotare la società in Borsa,
ma le forti perdite di Odeon Tv,
controllata dal gruppo di Collecchio,
obbligarono l’imprenditore
a rivolgersi alle banche per un prestito.
Un gruppo di istituti di credito erogò 120 miliardi di lire,
garantite dal 52,24% del capitale della società parmigiana
e per completare l’operazione
Parmalat dovette liberarsi anche dell’emittente televisiva italiana.
Nonostante una successiva riorganizzazione
che portò alla nascita della nuova Parmalat Finanziaria,
i conti della società tuttavia non migliorarono
e i debiti avrebbero potuto decretarne il fallimento.
Per occultare alla Consob questi dati
Tanzi affidò per anni all’avvocato Gian Paolo Zini
il compito di creare una rete di società
distribuite tra i paradisi fiscali di Caraibi,
Delaware e Isole Cayman.
Poi attraverso un sistema di false fatturazioni
orchestrato dal direttore finanziario Fausto Tonna
fu inventato un conto corrente presso la Bank of America,
intestato alla società Bonlat, con sede alle Cayman,
in cui figuravano 3,9 miliardi di euro,
al fine di avere la credibilità delle banche
per ottenerne finanziamenti.
Le cifre che le banche concedevano a Tanzi
servirono anche per acquisizioni, in modo da dare l’idea
che la Parmalat fosse una società solida e in crescita:
ad esempio Citigroup propose l’acquisto di obbligazioni Parmalat
ai risparmiatori fino a pochi giorni prima del crac,
facendo leva sulla maschera dorata che la società si era creata.
Le difficoltà maggiori per Tanzi cominciano tuttavia nel 1999
quando acquistò Eurolat dal gruppo Cirio di Sergio Cragnotti
per un prezzo esorbitante, oltre 700 miliardi di lire,
per consentire a Cragnotti di rientrare dei debiti
con la Banca di Roma di Cesare Geronzi.
Uno schema che, secondo gli inquirenti,
si ripeté anche quando nel 2002
Tanzi decise di comprare le acque minerali da Giuseppe Ciarrapico,
anche lui indebitato con Banca di Roma.
Si pagavano debiti, insomma, contraendo altri debiti.
Nel 2003 Tanzi chiamò Bondi al capezzale di Parmalat,
ma il super-consulente subito si rese conto
che Parmalat non poteva fare fronte al pagamento
di un bond di 150 milioni di euro in scadenza di lì a poco.
Il 27 dicembre dello stesso anno Tanzi venne arrestato
e cominciò così, dopo l’avventura economica,
anche la sua vicenda giudiziaria.
Vicenda giudiziaria che culminò nel dicembre del 2010
con la condanna a 18 anni di reclusione
per aver creato quella che, secondo la definizione degli inquirenti,
era diventata «la più grande fabbrica di debiti
della storia del capitalismo europeo».
Andrea Giacobino, «Una vita tra l’azienda il calcio e poi i processi»,
in “Avvenire”, domenica 2 gennaio 2022, p. 19.
Foto: Calisto Tanzi / bergamonews.it