Don Divo

Don Divo Barsotti
l’ultimo mistico del Novecento

Don Divo Barsotti, al momento della sua morte,
fu subito definito l’ultimo mistico del ’900.

Ma chi è un mistico?
È un uomo che si lascia soprattutto
attraversare giorno dopo giorno,
nel cuore e nella carne,
dallo Spirito di Dio,
conformandosi totalmente
alla volontà divina.

Don Divo fu precisamente quest’uomo:
egli, in effetti, non ebbe mai timore
di amare soprattutto Dio
e di non aver altro interesse che per Lui:
e questo nonostante incomprensioni,
abbandoni e critiche sul suo operato
e sulle sue scelte.

A vent’anni, infatti, scriveva:
«Gesù chiamami,
io non so che dirti,
ma so che voglio amarti.

O mio Dio, fammi santo:
immergimi nel tuo sangue…
O mio Dio, fammi il tuo cielo:
un cielo di gloria, di amore per Te».

Chi era, dunque, questo giovane?
Don Divo nacque a Palaia nel 1914.
Aveva certamente ereditato
non solo il temperamento
contemplativo dal padre
ma anche quello attivo dalla madre.

A quattordici anni, inoltre, aveva già letto
tutti i grandi romanzi russi,
ma anche i principali classici,
e, soprattutto, aveva composto poesie,
a causa del suo insaziabile bisogno
di sapere e conoscere non solo le profondità
di Dio, ma anche quelle dell’uomo.

A undici anni entrò in seminario,
ma la vera decisione di farsi sacerdote
fu presa più tardi,
ossia il 27 dicembre del 1933.
A questo proposito,
Don Divo, nel suo diario, annota:

«Il 27 dicembre si celebravano, dunque,
le quarant’ore a san Miniato…
In quel caso, ebbi chiaramente la percezione
irrecusabile della presenza di Dio,
di un Dio che mi voleva totalmente per sé.
È stato senza dubbio un intervento divino».

Ordinato nel 1937,
Don Divo desiderava veramente
andare in missione in terre lontane
al fine di proclamare la grandezza di Dio
e la necessità dell’incontro con Cristo risorto,
ma lo scoppio della Seconda guerra mondiale
non permise questo progetto.

Rimasto, allora, in Italia,
nel 1945 Don Divo si trasferì poi a Firenze,
dove conobbe, tra gli altri,
David Maria Turoldo,
Ernesto Balducci, Giovanni Papini,
don Lorenzo Milani, Giorgio La Pira.

Negli anni ’50, infine,
si ritirò in un piccolo eremo
sui colli fiorentini,
che volle dedicare a san Sergio di Radonez,
raccogliendo attorno a sé alcuni giovani
che volevano vivere con lui
un’esperienza monastica sotto la sua guida.

Si costituì così una famiglia religiosa
che egli denominò “Comunità dei figli di Dio”,
di carattere contemplativo
sullo stile del monachesimo russo,
sobrio e penitente,
vicino al mondo
e alle problematiche della gente.

Soprattutto innamorato e studioso della Bibbia,
ha sempre condiviso le sue riflessioni
attraverso le meditazioni
e le numerose pubblicazioni scritte.

Secondo Don Divo, certamente
la vita mistica era proponibile a tutti;

essa si basava soprattutto
sulla contemplazione del Mistero di Dio
nella vita dell’uomo, che assume tutto il creato
e la realtà sociale in cui vive, portandola
a Gesù Salvatore con una preghiera continua
e con la vita sacramentale.

Dirà, a questo riguardo:
«L’unica arma
per il combattimento del popolo di Dio
è la preghiera e la penitenza.

Già sapeva il giudaismo,
prima ancora del cristianesimo,
che l’unico atto cui Dio ha promesso efficacia
è la preghiera, che ha potere sul suo cuore».

Don Divo morì il 15 febbraio 2006
nel suo eremo a Settignano.

La Comunità dei figli di Dio,
da lui fondata,
è, attualmente presente
in Italia e nel mondo.

Soprattutto verso i suoi figli
era molto esigente.
Affermava, infatti: «Al fine
di vivere il carisma
bisogna avere fede, pregare molto,
frequentare i Sacramenti,
vivere la penitenza».

Don Divo, certamente visse
ciò che insegnò.

La stessa fama di santità
che lo accompagnò durante la sua vita
non lo distolse mai
dal suo sentirsi posseduto da Dio.

L’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori,
nel 2020, pertanto,
ha aperto la causa di beatificazione.

Maria Emmanuel Corradini, «Don Divo Barsotti:
l’ultimo mistico del Novecento», in
“Luoghi dell’Infinito”, gennaio 2022, n. 268, p. 76.

Foto: Don Divo Barsotti / youtube.com

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