Il tino e le doghe
Il tino e le doghe – Fu chiesto
al Beato Egidio:
«Qual è il vizio
contro il quale
dobbiamo maggiormente combattere?».
Il seguace di San Francesco
parve che mentalmente
ripassasse la teoria
dei peccati più frequenti,
poi rispose
con la consueta saggezza
e semplicità:
«Il tino viene stoppato
nella doga che versa di più».
Il Beato Egidio
era stato contadino
nei dintorni di Assisi,
e udendo parlare
della straordinaria vita
di Francesco
s’era presentato a lui
per restare al suo fianco.
San Francesco l’aveva preso con sé,
ammirato dalla naturale saggezza
di quel contadino
e della sua forte spiritualità.
Il tino e le doghe
Frate Egidio parlava a sentenze,
e i suoi detti
sembravano proverbi popolareschi,
o meglio contadineschi.
Per ogni cosa
traeva similitudini
dalla sua passata vita rurale,
lodando, per esempio,
l’obbedienza con queste parole:
«Quando il bue
tiene il capo sotto il giogo,
i granai si ricolmano di frumento;
ma quando lo scuote
e va libero per la campagna
e crede
di essere diventato un gran signore,
i granai non si riempiono».
Quanto alla necessaria
riflessione e ponderazione,
diceva:
«E mi pare che l’uomo
dovrebbe avere
un collo come la gru,
in modo che la parola
avesse a passare
per molti nodi,
prima di uscire dalla bocca».
Riflettendo poi
al peso che la vita impone
a chi più ha
o a chi più conta,
il contadino
che si era scrollato di dosso
tutte le preoccupazioni materiali,
osservava:
«Questo mondo
è una campagna tale,
che chi ha il podere più grosso
ha il peggiore».
***
Il tino e le doghe – Nulla di strano perciò
se richiesto di quali vizi
ci si dovesse guardare di più,
rispondeva con un’immagine
tolta dalle pratiche agricole:
«Il tino viene stoppato
nella doga che versa di più».
Con queste parole
voleva far capire
che in fatto di vizi
e quindi anche di virtù
non bisogna mai
giudicare in astratto,
ma caso per caso,
o meglio doga per doga.
Il tino e le doghe
L’immagine del tino e delle doghe
è infatti estremamente calzante,
perché possiamo figurarci
la nostra anima
retta e sostenuta
da tante doghe,
formate dalle virtù,
e che i vizi fendono e slegano,
facendo perdere alla nostra vita
ogni contenuto morale.
Le tre doghe maggiori
sono costituite dalle virtù teologali:
Fede, Speranza e Carità.
Quattro doghe minori
sono formate dalle virtù cardinali:
Prudenza, Giustizia, Fortezza
e Temperanza.
I vizi non sono che le fenditure
di queste doghe,
alle quali alludeva il Beato Egidio,
consigliando opportune riparazioni,
caso per caso,
o, meglio, doga per doga.
***
Il tino e le doghe – L’immagine del tino
può suggerire poi
un’altra importantissima considerazione.
Il tino, infatti, contiene e trattiene
il ribollente mosto,
non soltanto
quando le doghe sono ben connesse,
ma anche ed in quanto
esse arrivano alla medesima altezza.
L’esperto bottaio
bada bene di livellarle,
perché basta una doga
più corta dell’altra,
perché il tino diventi inservibile.
Nella stessa maniera
e per la medesima ragione
non è possibile
abbondare di Fede
e scarseggiare di Giustizia;
vivere nella Speranza
e trascurare la Fortezza;
avvampare di Carità
e mancare di Temperanza
o di Prudenza.
Per ogni difetto
il tino della nostra anima
versa miserevolmente
e perde ogni contenuto.
Il tino e le doghe
Occorre perciò
controllare assiduamente,
come consigliava il Beato Egidio,
se per avventura
una doga non tenga
oppure sia più corta delle altre,
avendo cura di stabilire
la necessaria armonia
tra le varie virtù.
Invece, troppo spesso,
ci proclamiamo paladini della Fede
e manchiamo di Carità;
esaltiamo la Speranza
e trascuriamo la Giustizia;
crediamo di essere forti
e siamo invece intemperanti;
c’illudiamo di fare il bene
e manchiamo di Prudenza.
Siamo, dunque,
tini mal connessi
e mal pareggiati,
che tengono da un lato
e perdono dall’altro,
dentro ai quali
si versa invano la Grazia
e dove fatalmente
non rimane
che arida vanità,
disperante secchezza.
Piero Bargellini, «Il libro degli esempi».
Vallecchi Editore, Firenze 1963, pp. 8-9.
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