I dadi truccati
I dadi truccati – Piccolo e brutto,
spiritosissimo e caustico,
l’abate Ferdinando Galiani,
nato a Chieti nel 1728,
ma considerato napoletano
per cultura e per carattere,
fu, per qualche tempo, l’idolo
della società intellettuale parigina,
illuminista e devota
della Dea Ragione.
Quella specie di gnomo
in veste d’abate
seppe entrare nelle grazie
non solo
di tutte le dames savantes,
ma anche
dei più famosi filosofi francesi,
che lo consideravano un oracolo
in materia di economia
e di politica.
***
I dadi truccati – Fu definito
«il più grazioso Pulcinella
che abbia prodotto l’Italia,
ma un Pulcinella
che ha sulle spalle
la testa di Machiavelli».
Della sua conversazione
tutti furono ammirati
e stupefatti.
Delle sue opere
lo stesso Voltaire
ebbe a scrivere:
«Mi sembra che
Platone e Molière
si siano uniti
per comporre queste opere».
I dadi truccati
L’abate Galiani,
dal canto suo,
chiamava Parigi
«il Caffè d’Europa»,
un caffè dove si discuteva
e si motteggiava,
si alternavano a frasi galanti,
proposizioni filosofiche;
dove si creavano nuovi miti
e si abbattevano vecchie credenze;
e Dio veniva messo al bando,
quando non era messo in ridicolo.
A questo punto,
l’abate Galiani,
per quanto spregiudicato
e spericolato,
per quanto filosofo illuminista
ed erudito enciclopedista,
non poteva tacere,
dando,
nel suo stile
tra il faceto e il sarcastico,
qualche lezione,
se non proprio di teologia,
per lo meno di assennatezza.
Il Morellet,
nei suoi Mémoires,
riporta
una di queste spiritose lezioni,
che il Pulcinella
dalla testa di Machiavelli
diede nel salotto
del barone Holbach,
dove, al solito,
tra una tazza di caffè
e una presa di tabacco,
si negava l’esistenza di Dio.
***
I dadi truccati – «Supponiamo,
signori, – disse l’Abate
(e riportiamo le sue parole
nella traduzione
che ne ha dato in un articolo
l’ottimo francesista Bonfandini) –
supponiamo, signori,
che uno di voi,
il più convinto che questo mondo
sia opera del caso,
si trovi a giocare ai tre dadi,
non dirò in una bisca,
ma nella casa più dabbene di Parigi
e che l’avversario
faccia tre volte sei per un colpo,
per due, per tre, per quattro,
insomma,
per una bella serie.
A un certo momento,
mi par di vedere
il nostro amico qui,
Diderot,
che a forza di perdere,
esclama senza esitare,
senza nutrire
il minimo dubbio
in proposito:
“Ma questi dadi sono truccati,
e questo è un tranello!”».
I dadi truccati
«Ah, filosofo!
Come?!
pel fatto che i dadi
sono usciti dal bussolotto
per dieci
o dodici volte di seguito
in modo
da farvi perdere sei franchi,
voi siete deciso a credere
che ciò sia la conseguenza
d’un’abile manovra,
di una combinazione artificiosa,
d’una birboneria ben combinata;
e al vedere invece
in questo nostro universo
un numero
così prodigioso di combinazioni,
mille e mille volte
più difficili e più complicate,
più continuate e più utili,
e chi più ne vuole ne dica,
voi non volete supporre
che anche i dadi della natura
siano stati truccati,
e che ci sia lassù
un grandissimo birbone
che si diverte
a mettervi nel sacco?».
***
I dadi truccati – Come si sente,
l’abate Galiani non faceva che
riportare l’antica lezione
della dottrina di San Tommaso
sulla Causa prima,
ma lo faceva
con lo stesso spirito di Voltaire,
in un salotto mondano,
nel caffè d’Europa,
tra filosofi che,
nella loro presunzione
non pensavano che dimostrare
la non esistenza di Dio
è più difficile del suo contrario:
ammettere cioè
che davvero ci sia
«un grandissimo birbone»,
il quale si diverta,
come diceva il Galiani,
a metterci tutti nel sacco!
Piero Bargellini, «Il libro degli esempi»,
Vallecchi Editore, Firenze 1963,
pp. 12-13.
Foto: Dimorphoteca (chiamata anche
Osteospermum o Margherita Africana) /
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