Il germoglio

Il germoglio. XI Domenica del Tempo Ordinario – Ez 17,22-24 – Anno B

Il germoglio. La I Lettura contiene una profezia pronunciata da Ezechiele
in un momento particolarmente drammatico della storia d’Israele:
Ioiachin, l’ultimo rampollo della dinastia di Davide, è sconfitto,
fatto prigioniero e deportato a Babilonia.

Il disastro nazionale fa vacillare la fede di molti israeliti che si chiedono
come possa il Signore, che ha promesso a Davide una dinastia eterna,
permettere che Ioiachin sia strappato dal trono di Gerusalemme,
come un albero è sradicato dall’uragano
e trascinato lontano dalle onde impetuose di un fiume.
Dio dunque viene meno alla fedeltà giurata al suo eletto?

A questo angosciante interrogativo Ezechiele,
che si trova fra i deportati a Babilonia, risponde con un’immagine.
La famiglia di Davide – spiega – è un cedro rigoglioso
che un taglialegna barbaro e spietato,
Nabucodònosor, re di Babilonia tronca e fa a pezzi.

Dio però non si smentisce, soprattutto non rinnega le sue promesse.
Ecco allora cosa farà: andrà a Babilonia
e, dal cedro devastato della dinastia di Davide,
coglierà l’ultimo germoglio e lo trapianterà
su un alto monte della terra d’Israele (v. 22).

Questo pollone fragile e praticamente senza vita,
si svilupperà fino a divenire un immenso cedro
sotto il quale prenderanno dimora tutti gli uccelli del cielo (v. 23).

La promessa è, a dire il vero, sbalorditiva.
Con l’immagine degli uccelli del cielo,
il profeta allude, infatti, nientemeno
che ai regni vassalli dell’immenso impero assiro (Ez 31,6).
Questi – assicura – un giorno passeranno certamente sotto il dominio d’Israele,
gli saranno tutti sottomessi, come al tempo di Davide.

Quando proferisce questa profezia, Ezechiele sogna probabilmente
una rapida restaurazione della monarchia davidica,
ma gli anni passano e ovviamente le sue attese vanno deluse.

In questa situazione viene delineandosi con sempre maggior chiarezza
l’attesa di un messia, di un germoglio della famiglia di Davide,
destinato a realizzare in ogni caso le promesse fatte dal Signore al suo popolo.

Nel tempo stabilito le profezie si adempiono infatti in Gesù,
il germoglio del grande cedro che Dio ha piantato sulla terra.
È luisenz’ombra di dubbio l’atteso discendente di Davide.

Gli uccelli che trovano ristoro all’ombra dei suoi rami
rappresentano in definitiva tutti i popoli,
fino a questo momento a sottomessi al potere del male che li rendeva schiavi.
I rami, a loro volta, potrebbero indicare
le braccia accoglienti della comunità cristiana.

Questa I Lettura è chiaramente un invito a fidarsi di Dio, sempre,
ma soprattutto quando le nostre attese sembrano vane
e le speranze deluse.
Egli infatti è colui che è solito «innalzare l’albero basso»
ed è capace di far «germogliare l’albero secco» (v. 24).

Le espressioni impiegate da Ezechiele
ci ricordano inoltre il canto di Maria:
«Ha deposto i potenti dai troni, ha innalzato gli umili» (Lc 1,52).

Ci richiamano, soprattutto, la somma opera di Dio:
la risurrezione di Cristo.
Infatti dal sepolcro dove regna incontrastata la morte,
egli ha fatto sorgere la vita.
Se egli ha compiuto un simile prodigio,
ovviamente saprà trasformare in vittoria ogni sconfitta.

Fernando Armellini, «Ascoltarti è una festa».
Anno B. Le letture domenicali spiegate alla comunità,
Edizioni Messaggero Padova, Padova 2003, pp. 368-369.

Foto: Cedro del Libano / Foto di Davide Tomatis in it.wikipedia.org

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