2 Re 4

2 Re 4 – XVII Domenica del Tempo Ordinario – 2 Re 4,42-44 – Anno B

 

Il contesto

2 Re 4 – La moltiplicazione dei pani originata
dall’incontro tra un uomo venuto da Baal-Salisà
ed Eliseo, di cui parla la I Lettura di oggi,
ci riportano ad un tempo di terribile carestia.
La situazione è tanto disperata che,
al fine di sopravvivere, la gente mangia radici,
foglie e erbe, perfino quelle velenose (2 Re 4,38-41).

Il termine fame
ricorre 134 volte nell’Antico Testamento,
tante, perché, a causa della scarsità di piogge,
le terre dell’antico Medio Oriente
sono spesso colpite da questa calamità.

2 Re 4 – Il testo1

In un tempo di carestia, dunque,
un uomo di Baal-Salisà si presenta a Eliseo
e gli offre 20 pani d’orzo (2 Re 4,42).

L’orzo cresce anche su terreni poveri e accidentati
e ha un valore inferiore al grano (Ap 6,6).
Il suo ciclo di maturazione è più breve
rispetto a quello degli altri cereali,
per questo motivo è il primo a essere raccolto;
è mietuto in primavera, verso Pasqua.

I ricchi di quel tempo
preferiscono il pane di frumento,
le classi più povere, invece,
si accontentano di quello di orzo
che costa meno.

È quindi un contadino povero
l’uomo venuto da Baal-Salisà che,
con un gesto di commovente generosità,
si priva del prezioso alimento
al fine di consegnarlo a Eliseo.

Non trattiene per sé la primizia del proprio campo.
Al contrario, sente il bisogno
di condividere con altri il dono ricevuto da Dio.

Il pane, infatti, è un dono del Signore
e va subito condiviso con chi non l’ha:
«Chi ha l’occhio generoso sarà benedetto,
perché egli dona del suo pane al povero»
(Prv 22,9).

2 Re 4 – Il testo2

Eliseo, a sua volta, si lascia coinvolgere
in questa dinamica del dono gratuito,
messo in atto dall’uomo venuto da Baal-Salisà.

Non mette nella bisaccia il pane
al fine di portarselo a casa,
ma invita il suo servo a distribuirlo
alle 100 persone affamate che gli stanno attorno
(2 Re 4,42).

La reazione del servo è tuttavia scettica:
«Come posso mettere questo
davanti a cento persone?» (2 Re 4,43).
Se non interviene un miracolo,
non è possibile risolvere il problema della fame
di tanta gente con così poche risorse.

Eliseo, pertanto, lo invita alla fiducia, assicurando:
«Tutti ne mangeranno e ne avanzerà anche»
(2 Re 4,43).

Ecco la dinamica che di fatto
ha condotto al miracolo:
dapprima c’è il gesto generoso
dell’uomo di Baal-Salisà,
che offre il frutto del suo lavoro.

Subito dopo la decisione di Eliseo
di condividere il dono ricevuto.

Alla fine accade il prodigio:
«Tutti mangiarono, e ne avanzò,
secondo la parola del Signore»
(2 Re 4,44).

2 Re 4 – Commento1

Un esegeta ha scritto:
«È una delle tante situazioni limite
raccolte dalla Bibbia con lo scopo
di mettere meglio in risalto il potere di Dio.

A volte sono donne sterili e mariti anziani,
destinati a essere i genitori di capi del popolo eletto.

Altre volte, sono persone inesperte,
deboli e incapaci,
destinate da Dio a un ministero
che, umanamente parlando,
è superiore alle loro capacità.

In altre occasioni,
un giovane pastore (Davide)
o anche una giovane vedova (Giuditta)
sfidano la tecnica filistea (Golia)
o anche la forza militare (Oloferne).

E sempre abbiamo
un comune denominatore che non cambia:
la sproporzione fra i mezzi umani
e le mete da raggiungere.

Infatti, è messa in evidenza la sproporzione,
al fine di far risaltare con maggior forza
il potere di Dio.

È la sproporzione fra i venti pani
e i cento uomini.
Nel Vangelo, la sproporzione sarà ancora maggiore:
cinque pani e due pesci per cinquemila uomini»
(Commento alla Bibbia Liturgica,
Ed. Paoline, Roma 1980, p. 367).

2 Re 4 – Commento2

È vero. È giusto.
Ma è tutto qui?
Ci sarebbe molto da dire
e soprattutto da fare.

Anzitutto. Chissà come sarà rimasto sbalordito
il servo di Eliseo
quando ha visto il miracolo sensazionale.

Io, piuttosto, vorrei essere nei panni
dell’uomo venuto da Baal-Salisà,
al fine di poter gustare,
come ha fatto lui,
il sapore del pane che ha regalato.

Beh, basterebbe provassi anch’io.
Sperimentare il gusto delle cose donate:
la preziosità del tempo speso per gli altri,
la forza delle energie non risparmiate.

Sentire il calore che si accende in un cuore,
assaporare la gioia che si ha diffuso,
la speranza distribuita, la consolazione arrecata.

2 Re 4 – Commento3

In questa I Lettura c’è, indubbiamente,
il profumo del pane.

Viene in mente però
quel miracolo rifiutato nel deserto,
quando Satana sollecita Cristo
a trasformare le pietre in pane.

Perché? È stato infatti osservato
che trasformare le pietre in pane
significherebbe, in pratica,
fabbricare il pane
senza il sudore della fronte.

Cristo, di fatto, si rifiuta di risolvere,
con una soluzione miracolistica,
il problema economico.

Dio certamente non intende liberare
il cammino dell’uomo dalle difficoltà,
appianandolo a colpi di bacchetta magica.
Non vuole, infatti, trasformare l’esistenza
a suon di miracoli.

Il pane rimane legato non al miracolo,
ma al lavoro.
«Con il sudore del tuo volto
mangerai il pane» (Gn 3,19).

Il pane pertanto acquista dignità
quando reca il marchio di fabbrica:
la fatica dell’uomo.

Ma il pane va anche condiviso.
Il nostro pane, infatti,
dev’essere un pane condiviso,
ossia riscattato dall’avidità del possesso,
dell’appropriazione, al fine di diventare segno,
sacramento di fraternità.

In tal modo il pane,
non solo deve recare il marchio della fatica,
ma deve avere anche quello dell’amore.
Il pane, conseguentemente,
che è «mio» attraverso il lavoro,
diventa «nostro»
attraverso l’atto della spartizione.

Infine, è una fortuna
che il miracolo, in sé,
non venga descritto.

Così in quello spazio vuoto,
tra il prendere i pochi pani
e la liturgia della distribuzione,
posso mettere me stesso
nella mani dell’uomo di Baal-Salisà e Eliseo.

In quello spazio vuoto, al contrario,
vi è chi vorrebbe collocare dei documenti,
delle analisi dotte, delle statistiche.
Il Signore, invece, vuole delle persone.

Sì, la persona che diventa pane.
Che si libera delle limitazioni individuali.
Si lascia frantumare il nucleo del proprio egoismo.
E nelle mani del Signore,
accetta di farsi dono,
diventando così segno, sacramento
dell’amore di Dio per gli uomini.

Soltanto così posso capire
come avviene il miracolo.
Comprendo soprattutto,
che attraverso il «dare»
non arrivo mai a incontrare l’altro.
È soltanto grazie al «darmi»
che sono condotto all’incontro con il fratello.

Foto: Giorgio Vasari, «Il profeta Eliseo»,
olio su tavola (1566 ca), Galleria degli Uffizi,
Firenze / it.wikipedia.org

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