Giosuè

Giosuè – Gs 5,9a.10-12 – IV Domenica di Quaresima – C

Giosuè. Il libro di Giosuè

La prima Lettura è tratta dal libro di Giosuè, il primo dei libri storici,
che nella Bibbia ebraica portano il nome di “profeti anteriori”.

Il libro porta il nome del personaggio
messo in primo piano sulla scena dell’opera,
Giosuè, che significa «Jahvé salva».

Figlio di Nun ed ausiliare di Mosè (Es 24,13; 33,11),
comandante delle truppe israelite nella campagna contro Amalec (Es 17,8-16),
Giosuè accompagna il grande legislatore d’Israele al monte Sinai (Es 24,13; 32,17).
Infine, designato suo successore ed investito dei suoi poteri (Nm 27,15-23)
si trova alla testa del popolo uscito dall’Egitto dopo la morte di Mosè (Dt 34,9).

Il libro si divide in tre parti.
Nella prima (cc. 1-12) si narra l’entrata degl’Israeliti in Canaan
e le loro prime conquiste.

La seconda parte (cc. 13-21), contiene la ripartizione territoriale di Canaan
tra le dodici tribù d’Israele con la descrizione dei limiti geografici.

La terza parte (cc. 22-24), che serve di epilogo,
narra la partenza delle tribù transgiordane,
riporta l’ultimo discorso di Giosuè
e descrive la grande assemblea di Sichem,
durante la quale le tribù stringono tra loro un patto religioso.

Giosuè. Gli avvenimenti precedenti

Prima di lasciare l’Egitto gli israeliti celebrano la Pasqua.
Vegliano per tutta la notte, mangiano l’agnello e poi,
nell’oscurità, si mettono in cammino verso la terra
che Dio ha promesso ai loro padri.

Guidati da Mosè e protetti dal Signore,
attraversano il Mar Rosso ed entrano nel deserto
dove trascorrono quarant’anni.

La prima lettura di oggi,
tratta dalla prima parte del libro di Giosuè,
narra la conclusione di questo lungo viaggio.

Il popolo, sotto la guida di Giosuè,
ha appena superato a piedi asciutti il fiume Giordano,
confine di Canaan, e si è finalmente accampato
nella, lungamente desiderata, terra promessa, a Galgala, di fronte Gerico.

Giosuè. Prima Lettura

Nella Lettura odierna, Giosuè ha appena concluso
un atto rituale di consacrazione del popolo a Dio,
ovvero la circoncisione di tutti coloro che erano nati nel deserto,
come segno dell’appartenenza di questa generazione al Signore.

Perché Giosuè pratica questa circoncisione?
Per questo motivo: tutti i maschi,
ossia tutti gli uomini atti alla guerra, usciti dall’Egitto,
erano circoncisi, ma erano morti nel deserto;
mentre tutti coloro che erano nati nel deserto,
dopo l’uscita dall’Egitto, non erano circoncisi.

Il motivo di questo rito non praticato,
essenziale per un figlio di Abramo,
non è tuttavia rivelato dal testo sacro.

Al termine del rito della circoncisione,
tutti i maschi rimangono a riposo nell’accampamento
fino al loro ristabilimento.

Con le parole «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto»,
il testo sembra sottolineare
– benché il senso preciso di questa affermazione rimanga oscuro –
la fine di un’epoca contraddittoria,
segnata dalle grandi opere di Dio ma, allo stesso tempo,
dal reiterarsi dell’incredulità di Israele.

Una generazione succede all’altra,
custodendo la Legge data da Dio a Mosè nel deserto
e confidando nella promessa della terra fatta ai padri,
promessa che ora si realizza.

Giosuè. Celebrazione della Pasqua

Nei pressi di Gerico, città simbolo della conquista
e che sta per cadere nelle mani degli Israeliti,
alla sera del quattordicesimo giorno del mese,
Giosuè e tutto il popolo celebrano per la prima volta
la Pasqua nella Terra promessa.

Al mattino della Pasqua, scandito da un triplice
«mangiarono i frutti della terra», pane dei sedentari,
insieme a pane azzimo e spighe abbrustolite, in quello stesso giorno,
cessa il dono della manna, pane dei pellegrini.

Commento 1

Se la manna ha rappresentato per Israele
una particolare esperienza della predilezione di Dio
durante il difficile cammino al di fuori dell’Egitto,
l’arrivo nella terra di Canaan richiede un definitivo cambio di mentalità.

In tutto il libro di Giosuè troviamo infatti diverse allusioni a questa transizione,
spesso difficile e sofferta, verso una nuova identità:
non è sufficiente che la generazione dei nati in Egitto abbia trovato sepoltura
nel deserto insieme a Mosè per garantire il passaggio
dalla mentalità dello schiavo a quella dell’uomo libero.

Necessita, invece, un cambio di prospettiva,
una purificazione della volontà,
per poter entrare in possesso della Terra.

È necessario anzitutto riconoscere
che il Signore è un Dio liberatore e,
ripercorrendo le tappe che hanno condotto fin qui,
fare memoria della propria storia,
che diviene così una storia di salvezza.

Si tratta di una memoria attiva, fatta di segni,
di ritualità, di osservanza della parola di Dio,
quella attraverso cui si forma l’identità di una nazione
e di un popolo di credenti.

Ma ciò che viene a marcare il confine di un nuovo inizio
è qui anzitutto un’evidenza:
la terra su cui poggiano i piedi di questi uomini e donne,
i frutti di cui tutti sono nutriti,
sono il dono di Dio per l’oggi,
esperienza di salvezza qui ed ora.

Un’evidenza che poggia su un atto di fede,
nel credere alla bontà del Signore,
affidandosi a un Dio che è padre e madre
e che non smette di nutrire il suo popolo-figlio,
ora capace di vivere da uomo libero
in una terra da abitare.

Commento 2

Ne emerge dunque un “di più” di senso,
la consapevolezza della progressione per tappe,
nel tempo e nell’auto percezione, del rapporto uomo-Dio,
avviato alla piena modalità figlio-Padre.
Infatti, dietro la parola del testo ci sono una relazione filiale
e un padre da scoprire.

Di testo in testo si tesse una rete di rimandi,
che scorrono dall’antico Israele al tempo di Gesù,
e al nostro, tempo dello Spirito.

C’è per prima cosa un paese di servitù, il luogo dell’alienazione;
poi c’è un ritorno/conversione;
e quindi una alleanza, significata dalla circoncisione,
o, interiormente, dalla riconciliazione,
donata dall’abbraccio del Padre e mediata per noi dalla Chiesa;

inoltre c’è l’accoglienza nella biblica terra promessa
o nella casa paterna tracciata nel Vangelo di oggi,
l’una e l’altra metafora del Regno.

E tutto ruota intorno a quel Padre,
da cui ogni movimento,
dal ritorno alla convocazione della festa,
è suscitato e portato a pienezza nel mistero del Cristo.

Non è forse quello che è annunciato nella grande profezia messianica?:
«Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli,
su questo monte, un banchetto di grasse vivande,
un banchetto di vini eccellenti …

asciugherà le lacrime su ogni volto;
la condizione disonorevole del suo popolo
farà scomparire da tutto il paese …
“Ecco il nostro Dio …
esultiamo e rallegriamoci della sua salvezza!”» (Is 25,6-9).

Foto: Gustave Doré, Giosuè e gli Israeliti
attraversano il fiume Giordano
per entrare nella Terra promessa / casadellabibbia.it

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