Sap 18,6-9

Sap 18,6-9 – XIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C

Premessa

Sap 18,6-9 – La prima lettura (Sap 18,6-9)
è tratta dal libro della Sapienza.

Questo scritto sapienziale poetico
si presenta come opera di Salomone
(in greco infatti s’intitola “Sapienza
di Salomone”) ed è composto
da 19 capitoli;

ma, in realtà, è un’opera composta in greco
alle soglie del cristianesimo,
verosimilmente ad Alessandria d’Egitto,
nella seconda metà del I sec. a.C.

Certo, per causa
della sua composizione in greco,
invece che in ebraico,
questo scritto non è entrato
nel Canone degli Scritti sacri degli Ebrei
e successivamente dei Protestanti;

mentre, invece, è accolto
in quello cattolico con altri sei libri,
detti “deuterocanonici”
(Tobia, Giuditta,
I e II libro dei Maccabei,
Baruc, Siracide).

Il libro della Sapienza, inoltre
rivela diversi aspetti:
è un piccolo trattato teologico;
un’esortazione alla fedeltà
per gli Ebrei della diaspora;
è un testo di meditazione sulla Bibbia
(in particolare sul libro dell’Esodo);

è un’opera “missionaria”
indirizzata indirettamente ai pagani,
perché scoprano la bellezza
del messaggio biblico.

Il libro, infine, si svolge
lungo tre temi fondamentali.

Il primo è la proclamazione della dottrina
dell’immortalità beata dei giusti (capp. 1-5),
una verità che finora era stata dichiarata
solo sporadicamente
e non sempre in maniera
così netta ed esplicita.

Il secondo è quello della sapienza:
essa è dono divino che pervade i fedeli
e li guida nella loro esistenza,
ma penetra anche il cosmo
in tutte le sue meraviglie.

Una terza sezione (capp. 10-19)
attraverso una lunga
e complessa meditazione in sette antitesi
sulle vicende dell’esodo di Israele dall’Egitto,
rivela il terzo tema: i destini antitetici
dei giusti e degli empi.

Sap 18,6-9

In generale, il nostro testo (Sap 18,6-9)
rientra in questa terza
e ultima sezione del libro della Sapienza.

Dopo aver tratteggiato il ruolo della Sapienza
dalle origini del mondo fino all’esodo (c. 10),
i capitoli 11-19 si concentrano sulle vicende
che hanno caratterizzato l’esodo dall’Egitto
e offrono all’autore lo spunto
al fine di trarre insegnamento
per la vita presente.

In particolare, il nostro brano (Sap 18,6-9)
rientra nella sesta delle antitesi
con le quali si illustra
il giudizio di Dio sulla storia
alla luce della vicenda dell’esodo:

più dettagliatamente, i vv. 6-9
si soffermano sulla profezia
della liberazione del popolo (v. 6),
sull’attesa della salvezza (vv. 7-8)
e sull’impegno a celebrare la Pasqua (v. 9).

Commento

Il nostro testo (Sap 18,6-9)
può essere sintetizzato così:
ricordare il passato
al fine di capire come agire nel presente

Nello specifico della vita umana,
agli avvenimenti e ai personaggi
più significativi della storia
vengono dedicati vie, monumenti,
giornate commemorative.

Perché si guarda al passato?
Come mai si compiono questi “riti”,
si pronunciano discorsi, si organizzano
sfilate, si partecipa a cerimonie ufficiali?

Lo si fa al fine di non dimenticare
ciò che è accaduto.
Il passato è ricordato, infatti, al fine di capire
come agire nel presente.

Anche il popolo d’Israele
nei momenti difficili della sua storia,
ha ricuperato la fiducia
guardando al suo passato.

Israele è un popolo che ama ricordare.
Ricorda, soprattutto, i prodigi dell’esodo.

Nella prima lettura di oggi (Sap 18.6-9),
l’autore, nella sua finissima meditazione
sull’esodo di Israele dall’Egitto,
aggiunge la sua particolare
ed originale rielaborazione
di quella notte pasquale

Allora la tenebra fu squarciata
da una luce straordinaria,
la «colonna di fuoco»
che avrebbe successivamente
guidato Israele
nel cammino verso la libertà.

Anche il giorno successivo
e quelli che seguirono
ebbero una diversa qualità:
non erano, in effetti, i giorni assolati,
temuti da chi batteva le piste
del deserto del Sinai,
tormentate da un calore implacabile.

Era, peraltro, apparsa
un’altra oscurità benefica,
quella della nube divina
che aveva reso il sole “innocuo”.

Ma era stato soprattutto
in quella notte decisiva
che Dio aveva svelato
nei confronti del suo popolo
tutta la sua misteriosa potenza.

Infatti, mentre la strage
dei primogeniti egiziani
era stata il segno
della giustizia inesorabile di Dio,
per gli Israeliti, al contrario,
si era aperto un futuro gioioso.

Ecco la ragione per cui gli Israeliti
hanno deciso di riunirsi regolarmente,
ogni anno, al fine di celebrare,
nella notte di Pasqua,
questi avvenimenti gloriosi.

Quando riflettono su ciò che Dio
ha fatto per loro,
sentono fiorire sulle loro labbra
un canto di ringraziamento e di lode
e in loro affiora la stessa fiducia
che ha riempito il cuore dei loro padri

Conclusione

Il comportamento degli Israeliti
è un invito ai cristiani a fare analogamente:
ossia a «ricordare», a «fare memoria»
dell’avvenimento in cui Dio
ha manifestato tutto il suo amore
e la sua fedeltà: la Pasqua.

Nella morte e risurrezione di Cristo,
il Padre ha rivelato tutto il suo amore.
Inoltre, accogliendo Gesù nella gloria
ha assicurato che anche la storia di ogni uomo,
pure segnata da tanti avvenimenti assurdi
e drammatici, si concluderà in modo glorioso.

Guardando al passato, perciò,
si può capire come agire nel presente
e intuire quale futuro di gioia
Dio riservi all’uomo.

Foto: Veduta di Trento sud dalla cappella
della Civica di San Bartolameo / Foto personale

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