Le parole del ritorno a casa

Le parole del ritorno a casa

 

Albino Luciani, da vescovo,
nella natìa Canale d’Agordo,
pronuncia un’omelia commossa
ma dai toni programmatici

Presentiamo il testo
dell’omelia di Albino Luciani,
vescovo di Vittorio Veneto,
nella chiesa parrocchiale di Canale d’Agordo,
domenica 4 gennaio 1959.

Le parole del ritorno a casa – Miei cari paesani,
chi l’avrebbe mai detto
che in questa chiesa, a Canale,
dove io sono nato, dove ho giocato fanciullo,
dove, durante le vacanze, mi avete visto
lavorare colla falce e col rastrello;

in questa chiesa
dove ho fatto la prima comunione,
sono stato chierichetto, cantore;
dove sono venuto a confessare
le mie birichinate e i miei poveri peccati;

chi l’avrebbe detto
che oggi sarei comparso
con queste insegne
a pontificare e a predicare?

In questo momento il mio animo
è pervaso da vari sentimenti,
ma soprattutto da un sentimento di confusione.

Non so che cosa abbia pensato il Signore,
che cosa abbia pensato il papa,
e che cosa abbia pensato
la divina provvidenza di me.

Sto pensando in questi giorni
che con me il Signore
attua il suo vecchio sistema:
prende i piccoli dal fango della strada
e li mette in alto,

prende la gente dai campi,
dalle reti del mare,
del lago e ne fa degli apostoli.
È il suo vecchio sistema.

Certe cose il Signore non le vuole scrivere
né sul bronzo, né sul marmo,
ma addirittura nella polvere,
affinché se la scrittura resta,
non scompaginata, non dispersa dal vento,
sia ben chiaro che tutto è opera
e tutto è merito del solo Signore.

Io sono il piccolo di una volta,
sono colui che viene dai campi,
io sono la pura e povera polvere;
su questa polvere il Signore ha scritto
la dignità episcopale
dell’illustre diocesi di Vittorio Veneto.

Se qualche cosa mai di bene
salterà fuori da tutto questo,
sia ben chiaro fin da adesso:
è solo frutto della bontà, della grazia,
della misericordia del Signore.

Le parole del ritorno a casa

Io so, che voi avete avuto la bontà
di prendere interesse a questo avvenimento;
avete suonato, me l’hanno detto, le campane,
avete mandato a Roma una folta rappresentanza;
per di più, con non lieve sacrificio,
avete voluto donarmi
una croce pettorale d’oro.

Io vi ringrazio:
avete fatto troppo per me.

Portando con me questa croce
mi sembrerà di portare qualche cosa
del mio paese: sarà qualche cosa
che mi ricorda il vostro affetto,
qualche cosa anche che mi incita
a far bene, a lavorare per le anime,
e a non far disonore al mio paese,
che tanto mi ha voluto bene e onorato.

Le parole del ritorno a casa

Vedo attorno a me alcuni sacerdoti
che mi sono particolarmente cari:
il rettore del seminario,
che proprio in questa chiesa
m’ha fatto la predica della prima Messa;

il nostro carissimo arciprete,
che ha guidato i miei primi passi
nel ministero pastorale;
i miei compagni di scuola,
alcuni che sono stati miei scolari:
li ringrazio
in una maniera del tutto particolare.

E adesso io avrei finito;
so, mi han detto,
che si aspettano anche da me
una parola di predica.
Non so da che parte incominciare.

In questi giorni
mi hanno fatto predicare tante volte.
Dirò questo.

I vescovi nuovi,
quando stanno per entrare in diocesi,
devono preparare uno stemma;
io ho dovuto fare lo stesso.

In cima a questo stemma
ho fatto mettere tre stelle.
Possono significare le tre virtù teologiche:
la fede, la speranza, la carità,
che sono il centro di tutta la vita cristiana.

Le ho scelte per me queste tre stelle
e le ho scelte anche per il mio futuro popolo.
Vi dirò qualche pensiero su queste tre virtù.

Le parole del ritorno a casa

La fede: per me,
la fede è un incontro a tre.
Tre: «Mio Dio, io credo fermamente
tutto quello che voi avete rivelato
e la santa Chiesa ci propone a credere»:
io, voi, la Chiesa.

Il Signore che parla non lo si vede più:
è partito, è andato in paradiso;
non è più visibile a questo mondo;

al suo posto il Signore ha lasciato il papa,
ha lasciato i vescovi,
e sono loro che noi dobbiamo ascoltare,
anche se dicono cose difficili,
se dicono misteri: è sempre Dio che parla,
e dobbiamo accettare come fanciulli
quello che dicono.

È un dono di Dio la fede;
Dio solo lo dà a chi vuole;
non si tratta di capire,
e non si tratta di essere intelligenti.

Quando io trovo uno che non crede
non posso dirgli: «Tu sei un testone,
tu sei un ignorante».
No: devo dire:
«Io sono più fortunato
e lui è meno fortunato.
Il Signore non è stato così buono con lui».

Le parole del ritorno a casa

Che cosa facciamo noi a questo mondo
senza la fede?
Io sono stato ammalato in sanatorio:
vi posso dire che è tutto differente
aver la fede e non averla.

Se si ha la fede, si sopporta volentieri,
se si ha la fede si fa per Dio;
quando non si ha la fede, ci si avvilisce.

Due hanno gli stessi denari,
gli stessi soldi; ma se si ha fede
non ci si attacca a quei soldi;
se uno non ha fede
si attacca e pensa e s’inquieta
ed è sempre sovrappensiero.

Aver fede è tutt’altra cosa:
dono grande del Signore.

Le parole del ritorno a casa

Poi c’è la speranza.
La speranza vuol dire aspettare.
Noi cristiani siamo gente
che aspettiamo qualche cosa di bello,
qualche cosa di straordinario dal Signore.
E dobbiamo aspettare con grande fiducia.

Quando si leggono i Salmi
è tutto una speranza:

«Signore, tu sei il mio rifugio;
tu sei la mia luce; io non ho paura;
Signore, io sono con te;
tu sei il mio conforto;
Signore, finché sei al mio fianco,
non temerò in eterno».

È questa la speranza.
La speranza è il sorriso della vita cristiana.
Che cosa faremmo noi senza speranza?

E poveretti, sfortunati,
quelli che non hanno più speranza,
coloro che sono scoraggiati,
quelli che sono avviliti,
o che sono disperati.

Le parole del ritorno a casa
Albino Luciani torna a Canale d’Agordo dopo l’ordinazione episcopale, 4 gennaio 1959 (Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I)

Mai disperare! Guai! Mai disperare:
sempre aspettare dal Signore!

Le parole del ritorno a casa

Guardate Giuda: ha fatto uno sproposito,
poveretto: ha tradito il Signore.
Ma il suo vero sproposito non è stato quello.
Il suo vero sproposito è stato
quando non ha più avuto speranza,
e quando ha detto:
il mio peccato è troppo grande.

Nessun peccato è troppo grande,
nessuno è più grande
della misericordia sconfinata del Signore.

Lo stesso giorno
in cui Giuda andava ad impiccarsi,
un ladro,
che aveva fatto l’assassino per tutta la vita,
in due minuti s’è rubato il paradiso;
in due minuti.

Ladro prima era stato
sulle strade del mondo
ed è stato ladro del paradiso sulla croce:
«Signore, ricordati di me
quando sarai nel tuo regno»;
«Stasera stessa, quest’oggi stesso
sarai in paradiso».

Le parole del ritorno a casa

Cerchiamo di sperare,
qualunque sia la nostra situazione:
qualunque sia il nostro peccato.

San Francesco di Sales ha scritto una cosa
che sembra esagerata, un paradosso.

Disse: «Alle volte è quasi una fortuna
aver commesso un peccato:
quasi una fortuna, perché allora si sta bassi,
allora si capisce che povera cosa siamo noi,
e allora non si ha più il coraggio
di disprezzare gli altri, perché sono peccatori».

Mai disperare;
sempre avere coraggio,
perché il Signore è la bontà:
sempre, finché ci sono i meriti
di nostro Signore Gesù Cristo.

Le parole del ritorno a casa

Poi c’è la terza stella, la terza virtù:
quella della carità, la grande virtù cristiana.

Proprio in questa chiesa
io ho imparato l’atto di carità:

«O Signore,
io vi amo con tutto il cuore,
sopra ogni cosa
e per amor vostro,
amo il prossimo mio
come me stesso».

Si fa presto a dire,
ma è un po’ difficile
mettere in pratica.

Sopra ogni cosa,
più di tutte le cose
bisogna amare il Signore.

Si possono amare anche altre cose,
ma non come Dio
e nessun’altra cosa contro di lui.

Le parole del ritorno a casa

San Francesco di Sales porta,
parlando dell’amor del Signore,
questo paragone,

proprio per far capire
che prima dobbiamo amar lui
e, una volta a posto col Signore,
possiamo amare tante altre cose,
ma dopo:

«C’era un santo,
era ancora giovane,
ed essendo giovane,
un giorno ha incontrato
una signorina,
una fidanzata.
S’è innamorato».

E continua:
«State attenti a cosa succede allora.
Mentre il giovane Giacobbe santo
ospitava il Signore,
visto che s’era innamorato
cosa fece il Signore?

Non s’è rivolto a Giacobbe,
non gli ha detto: “Senti, caro:
o fuori lei o fuori io”.
Non ha detto questo.

Ha detto invece:
“Sei giovane, capisco.
Ti sei innamorato, capisco.
È la tua ora.
Io mi metto a destra
e faccio un po’ di posto anche a questa
che sarà la tua sposa”.

Le parole del ritorno a casa

Si possono amare
tante altre cose assieme al Signore,
basta che non siano amate più di Dio,
che non siano amate contro Dio,
e che non siano amate come Dio».

E poi bisogna amare il nostro prossimo,
per amor del Signore.

«Ah – dice san Giovanni -, è un’illusione,
se qualcuno crede di amare Dio
e non ama il proprio fratello;

bisogna amare anche i nostri prossimi;
occorre perdonare,
bisogna sopportare le persone moleste;
occorre amarle per amor di Dio
come noi stessi».
Trattare il prossimo
come noi vorremmo essere trattati.

Le parole del ritorno a casa

Cercare di aver tanto compatimento,
di aver tanta comprensione,
cercare di aver tanta compassione.

Miei cari fratelli,
io non voglio più andare avanti;
mi fermo qui.

Un solo pensiero, ho detto.
Io cercherò di aver sempre
davanti al mio episcopato,
nel mio episcopato questo motto:
fede, speranza, carità.

Se mettiamo in pratica queste tre cose,
siamo a posto: se abbiamo la fede,
se abbiamo la speranza, se abbiamo la carità.

Cercate anche voi di fare altrettanto.
Siamo tutti poveri peccatori.
Essere cristiano costa tanto a tutti.

Le parole del ritorno a casa

Guardate che a questo mondo
non c’è un solo adulto che sia buono,
se prima non ha fatto fatica.

Voi vedete un galantuomo?
Vedete uno che veramente è cristiano?
Non abbiate paura di sbagliare:
dite senz’altro: «Quello lì, se è buono,
vuol dire che ha fatto tanta fatica».

Si fa fatica ad essere buoni.
Ma dopo c’è la ricompensa,
dopo c’è il Signore che premia.

A questo mondo, ricordiamoci,
la felicità non c’è,
c’è qualche briciolo di felicità
qua e là ogni tanto,
ma non la felicità.
Quella è soltanto in paradiso.

Allora cerchiamo
di stare uniti a nostro Signore Gesù Cristo,
cerchiamo di essere buoni
a costo di qualunque fatica,
di qualunque sacrificio.
Il Signore ci ricompenserà e ci premierà.

(Testo trascritto da registrazione
e pubblicato sul bollettino parrocchiale
“Il Celentone”, gennaio-febbraio 1959,
e successivamente in Opera omnia II,
Edizioni Messaggero, 1988, pagg. 13-16).

«Le parole del ritorno a casa»,
in “Luoghi dell’Infinito”,
Mensile di Itinerari Arte e Cultura
di “Avvenire”, settembre 2022, n. 275, pp. 38-40.

Foto: Giovanni Paolo I, in
S.S. Giovanni Paolo I – Albino Luciani” /
facebook.com

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