Giosuè

Giosuè

«Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore parlò a Giosuè, figlio di Nun, assistente di Mosè, in questi termini: “Mosè, mio servo, è morto; levati, dunque, e attraversa questo Giordano, tu e tutto questo popolo, verso la terra che io darò loro, ai figli d’Israele. Ogni luogo per dove passerete, io ve lo do, come già avevo detto a Mosè: i vostri confini saranno dal deserto e dal Libano fino al grande fiume, il fiume Eufrate, tutta la terra degli Hittiti, fino al Mar Mediterraneo, ad occidente!”» (Gs 1,1-4).

Così inizia il libro di Giosuè, un libro piuttosto imbarazzante, perché in esso si parla di guerre compiute nel nome del Signore, di violenze, di esecuzioni in massa, di decine di re sgominati e di popoli scacciati dalla loro terra per far posto agli israeliti giunti dall’Egitto.

Questo racconto della conquista della terra promessa è stato scritto molti secoli dopo i fatti e, pur riferendo avvenimenti in parte confermati anche dall’archeologia, non va considerato un testo di storia in senso moderno; è una lettura teologica di quanto è accaduto. Israele, ormai divenuto sedentario, ripensando al modo in cui era riuscito, pur essendo il più piccolo e il più debole dei popoli, a impadronirsi di una terra non sua, attribuì quest’impresa non alla propria forza o abilità, ma alla benevolenza del suo Dio.

La I Lettura di oggi è tratto dall’ultima parte di questo libro, quella del discorso di addio di Giosuè al suo popolo (Gs 22-24). Conquistata e già distribuita alle dodici tribù di Israele la terra promessa, Giosuè, prima di morire, indice una grande assemblea del popolo a Sichem che, a causa della sua posizione centrale, è facilmente raggiungibile dalle varie zone della Palestina. «Io sono diventato vecchio e avanzato in età – dichiara Giosuè – e voi avete visto tutto quello che ha fatto il Signore, vostro Dio, a tutte queste nazioni, scacciandole dinanzi a voi» (Gs 23,2-3). Non accenna ad alcuna delle sue gloriose battaglie, non si vanta per le vittorie ottenute, ricorda solo ciò che il Signore ha operato in favore di Israele.

Prima di considerare conclusa la sua missione, pone il popolo di fronte a una scelta decisiva. Vuole che dichiari apertamente e in modo risoluto quale Dio intende servire: o gli dei adorati dai padri prima della chiamata di Abramo (cf Dt 26,5), o gli dei degli Amorrei nel cui paese ora dimora, o Jahvè stesso, e subito aggiunge: «Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore» (v. 15).

Davvero sorprendente questa richiesta di verifica! Pare impossibile che un popolo che ha assistito a tanti prodigi, che ha attraversato le acque del mar Rosso, ha mangiato la manna e bevuto l’acqua scaturita dalla roccia, che ha visto crollare le mura di Gerico e ha ricevuto in dono una terra in cui scorre latte e miele, possa abbandonare quel Dio che lo ha favorito e protetto, anzi, che lo ha fatto sorgere dal nulla.

Eppure, in tutto questo non c’è nulla di strano, è la nostra storia. Chiamati all’esistenza dall’amore di Dio, introdotti in un mondo nel quale siamo destinati a vivere da pellegrini, ricolmi di doni da condividere con i fratelli, possiamo essere sedotti dalle creature che incontriamo e cominciare a servire gli dei adorati su questa terra – il denaro, il potere, il piacere – dimenticando colui che ci ha creati e, attraverso Cristo, nuovo Mosè, ci ha liberati dalla schiavitù e dalla morte.

La risposta di Israele giunge immediata, senza esitazioni: «Lungi da noi l’abbandonare il Signore per servire altri dei» (v. 16), vogliamo continuare uniti a colui che ci ha liberato dall’Egitto e protetto durante l’esodo nel deserto; siamo certi che da nessun altro riceveremo tante manifestazioni di amore (vv. 17-18).

La scelta del Dio da adorare – e di un Dio abbiamo comunque tutti bisogno – non è professata una volta per sempre; va rinnovata in ogni momento, perché, costantemente, si presentano altri dei che chiedono di essere serviti, idoli che seducono, illudono, ma rovinano chi crede in loro. Solo il Signore, Dio d’Israele, merita piena fiducia e non tradisce.

Fernando Armellini, «Ascoltarti è una festa». Anno B. Le letture domenicali spiegate alla comunità, Edizioni Messaggero Padova, Padova 2003, pp. 462-464, con miei piccoli adattamenti.

Foto: Giosuè, figlio di Nun, guida d’Israele dopo Mosè / pinterest.com.au

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