Gioia

Gioia – XIV Domenica del Tempo Ordinario – Is 66,10-14c – Anno C

Gioia – La prima lettura di oggi è tratta dal cap. 66,
cioè dalla seconda parte del Trito Isaia (Terzo Isaia)
titolo con il quale si designa
l’ultima sezione del libro di Isaia (cc. 56-66);

e presenta principalmente
la risposta in forma discorsiva di Dio
a coloro che attendevano in particolare
il suo intervento invocandolo come padre.

Testo – Dal lutto alla gioia traboccante

Il ritorno in patria degli ebrei
deportati in terra babilonese è salutato
espressamente con gioia ed entusiasmo:
si tratta infatti della rinascita di un popolo
che ha pagato indubbiamente a duro prezzo
la politica scellerata dei suoi governanti
e inoltre ha saggiato la pesante sferza dei suoi nemici.

Praticamente Dio interviene in favore dei suoi figli
e li libera anzitutto dal giogo degli oppressori.

A dire il vero, le scene della città
sventrata dalle truppe di Nabucodonosor
e del Tempio semidistrutto sono ancora vive
nell’immaginario collettivo del popolo israelita;
ma ora non c’è più tempo
per alimentare tragici ricordi.

È in effetti il tempo della festa e della gioia
per tutti coloro che amano Gerusalemme
e per essa hanno versato copiose lacrime
e fatto lutto per le sofferenze inferte ad essa.

La sua condizione è del tutto mutata:
essa è paragonata in modo significativo
a una madre prospera,
dal cui seno i figli possono succhiare il latte
che garantisce loro nutrimento necessario.

È chiaramente il segno
dell’abbondanza e della consolazione
che rimuove finalmente i tempi
dell’indigenza e della privazione.

Gioia – Osservazioni generali

Siamo anzitutto a contatto con una profezia
condita di immagini e di poesia,
capace certamente di accarezzare il sentimento,
ma altresì pronta a veicolare
sostanziose idee teologiche.

Se, inoltre, si tiene presente che il nostro brano
si trova precisamente al capitolo finale di Isaia
non stupisce di incontrare
questa abbondanza di luce e di sicurezza.
Il profeta addita la meta verso cui siamo diretti.

Letta poi in concomitanza con il vangelo odierno,
la profezia è come un barometro che segna “bel tempo”,
aiutando certamente a superare
i “piovaschi” o “rovesci” della missione
nella serena convinzione che il “padrone della messe”
ovviamente non lascerà mancare operai e, soprattutto,
porterà a felice conclusione la missione.

Letta, invece, nel suo contesto naturale,
la profezia dichiara espressamente la sorte dei buoni,
dopo che si era parlato di quella dei malvagi (cf. Is 66,6).

Va anzitutto notato che il rifiorire della speranza
per una città e un popolo martoriato
che ha conosciuto non solo l’amara asprezza dell’esilio
ma anche del silenzio di Dio, è affidata alla più espressiva
metafora che si possa trovare, ossia quella della vita.

Questa, per la verità,
non giunge dopo il solito travaglio,
perché il parto avviene in fretta, quasi indolore,
a simboleggiare solo l’aspetto positivo della vita
e lasciando invece da parte i dolori
che solitamente l’accompagnano.

Dopo la proclamazione con cui Dio rivendica
di essere Lui il responsabile della vita
e promotore della stessa (v. 9),

inizia il nostro brano che alterna il messaggio
rivolto al popolo-Gerusalemme con la presentazione
della situazione di novità (vv. 10-11)
con l’oracolo-impegno divino che ne è la causa(vv. 12-13)
e di nuovo con il messaggio per il popolo
che combina la nuova situazione di benessere
con l’intervento divino (v. 14).

«Rallegratevi»

Il nostro brano si apre prontamente
con l’imperativo «rallegratevi»,
che investe tutto il popolo,
partecipe delle numerose promesse
e benedizioni della città di Gerusalemme.

La gioia che ora deve sprizzare, ovviamente,
è segno del ribaltamento avvenuto.
La situazione di prima è invece racchiusa nel lugubre
«voi tutti che avete partecipato al suo lutto» (v. 10c).

L’intonazione è quindi un motivo di gioia
a causa dell’avvenuto cambiamento, di radicale entità.

Il simbolo della vita fiorente è affidato sostanzialmente
alla rappresentazione di una donna che allatta (v. 11).
L’«abbondanza del suo seno» (lett. «mammelle turgide»)
denota infatti una prosperità dirompente,
un benessere potenziato al massimo.

Poi giunge la causa
che spiega la precedente trasformazione:
è l’intervento di Dio a cambiare il lutto ingioia

La consolazione materna di Dio

«Così dice il Signore» (v. 12) è una solenne formula
tipica dello stile profetico
che introduce gli effetti benefici dell’intervento di Dio;
l’onta della sconfitta contro l’esercito babilonese
e le cicatrici dell’umiliazione
sono lavate via dal fiume di pace (shàlom)
che si riversa copioso su Gerusalemme.

È esplicitamente il segno della benevolenza divina
che attraversa come una corrente d’acqua la città,
ridonandole così vita e prosperità

A dire il vero, quando l’ebreo parlava di pace,
come nel presente passo,
non era istantaneamente irretito
dal suo contrario “guerra”
come succede nella nostra lingua e cultura,

perché shàlom è un termine complesso
onnicomprensivo di tutto il bene e il benessere
che si può augurare e possedere:
con se stessi, con Dio e con gli altri.

La pace-prosperità garantita da Dio, in effetti,
investe il mondo materiale (“ricchezza”) e,
più ancora, il mondo della affettuosa tenerezza,
icasticamente espresso con lo stare in braccio,
l’essere accarezzato, il riposare sulle ginocchia.

Nel v. 13 Dio espressamente si paragona a una madre
che consola il proprio figlio;
tale consolazione avverrà a Gerusalemme,
dove si trova il Tempio,
segno sacramentale della presenza divina.

«Vedrete e il vostro cuore gioirà» (v. 14)

Da ultimo, il v. 14, conclusivo del nostro brano,
unifica i due concetti espressi sopra,
ossia quello della trasformazione,
ora riproposta con l’immagine della fioritura,
e quello di Dio come causa – «La mano del Signore
si farà manifesta ai suoi servi» – confermando così
la fiduciosa speranza che ha animato tutto il passo.

Più dettagliatamente:
il cuore non può non gioire alla vista di tutto ciò
a lungo tormentato dalla sensazione
di essere stato abbandonato in terra straniera;
ora infatti può esultare e godere della presenza di Dio
che si esprime precisamente
nell’immagine di una madre premurosa e protettiva.

Inoltre, le ossa, simbolo di una nazione
scarnificata dalle dure prove subite,
torneranno a germogliare come erba fresca.

È effettivamente la mano del Signore,
segno della sua azione potente ed efficace,
che si manifesterà ai suoi servi.

Questi sono realmente coloro
che sono stati fedeli a Dio e,
con la loro fede perseverante
e la costante invocazione,
hanno atteso la salvezza dal cielo,
senza temere di essere delusi.

Foto: Una cascata di gerani parigini /
faidateingiardino.com

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