Cura cari

Cura cari – Non badanti ma familiari
L’Alzheimer e i «cura-cari»
nel libro di Marco Annicchiarico

 

È un romanzo autobiografico
quello dell’autore
che racconta della malattia della madre,
Lucia che oggi,
a distanza di pochi mesi dall’uscita del libro,
non c’è più

Cura cari – Prende in prestito
il meraviglioso termine
coniato da Flavio Pagano
il libro di Marco Annicchiarico,
intitolato, per l’appunto, «I cura cari»
(Torino, Einaudi, 2022, pagine 248,
euro 17).

L’autore, d’altronde,
scrive d’aver incontrato Pagano,
e di averne scoperto i libri,
nel corso di un Alzheimer Fest,
a cui decide di partecipare
man mano che prende consapevolezza
della fragilità di Lucia, sua madre.

È, dunque, questo il tema
del romanzo autobiografico
di Annicchiarico:
la malattia di una donna
che oggi, a distanza di pochi mesi
dall’uscita del libro, non c’è più.

***

Cura cari – Di Lucia noi di Quattro Pagine
dell’«Osservatore Romano»
avevamo fatto conoscenza a maggio 2021

quando – dopo aver letto le sue avventure
sulla rubrica del figlio Marco,
denominata «Caregiver whisper.
Storie di ordinario Alzheimer»
e ospitata sul sito letterario «Poetarum Silva» –

decidemmo di confrontarci con Annicchiarico
sul ruolo dei “cura cari”.

Non badanti – termine,
spesso e per sfortuna,
usato in modo dispregiativo –
ma familiari capaci
di prendersi cura dell’altro,

di persone che,
a volte all’improvviso,
vanno incontro a una diagnosi
che è preludio di una vita altra,
diversa da quella che si conosceva.

Cura cari – È così, ad esempio,
per Lucia,
la quale, a poco a poco,
inizia a perdere sempre di più:
gli orologi,
i nomi di chi le sta intorno,
i ricordi.

Sta, tuttavia,
nell’amore di un figlio
e degli altri cari
la possibilità di rendere
la quotidianità
ancora più quotidiana.

La malattia sì,
diventa il filtro della vita
che fa perdere memoria e parole,
ma i sentimenti, quelli,
insieme all’essenza di se stessi,
non vanno mai perduti.

***

Cura cari – Questo è,
a ogni modo,
un libro
ancora più profondo.

Va oltre al racconto
della semplice malattia.
Si affronta, infatti,
il legame madre-figlio.

«Anche se non sa più chi sono,
anche se non ricorda
di essere mia madre,
riesce lo stesso a chiedere
come deve fare senza di me.
Senza rendercene conto,
scivoliamo l’uno verso l’altra»,

scrive Marco Annicchiarico
a proposito di un rapporto
che solo all’apparenza
pare aver snaturato i ruoli
(quelli rispettivamente
di madre e figlio)
ma, al contrario, li ha rafforzati.

È difficile
e strano, probabilmente,
da dire:
la malattia può unire,
rinsaldare relazioni
diventate lontane, fredde .

***

Cura cari – In secondo luogo,
«I cura cari»
è anche un romanzo-denuncia,
sul trattamento molte volte destinato
ai «malati di Alzheimer»
da parte del personale sanitario.

«Lo trattano (il malato)
come fosse un paziente
come tutti gli altri,
lo trattano come fosse un paziente.

“Stia brava qui”,
le hanno detto un giorno,
ma dopo pochi minuti,
quando la porta scorrevole si è aperta,
mia madre è uscita
e si è seduta al mio fianco
in sala d’attesa.

Se non fossi stato lì,
cosa sarebbe successo?

***

Sempre più spesso
leggo di persone anziane
con l’Alzheimer
che se ne escono indisturbate
dall’ospedale
nell’indifferenza generale.

Se non le ritrovano
nel giro di un paio di giorni,
dopo una settimana viene rinvenuto
il loro corpo senza vita.

Accade di continuo
e tutte le volte mi chiedo
com’è possibile che nessuno
faccia qualcosa
per evitare che succeda.

Così,
quando Lucia non si sente bene,
vivo con l’ansia
che possa finire di nuovo
in un Pronto Soccorso.

***

Cura cari – La prima volta
me la ricordo ancora.
Gli infermieri si sono rifiutati
di farmi entrare perché, dicevano,
“sappiamo benissimo cosa fare,
non abbiamo bisogno del suo aiuto”.

Dopo una decina di minuti
mi hanno chiamato al cellulare
chiedendo se potevo tornare:
“Sua madre è ingestibile”».

***

E poi le mancate “tutele”,
per lo più istituzionali,
proprio nei confronti dei “cura cari”.

«Scopro anche
che esistono delle statistiche.
Le analizzo e le confronto
con quelle degli anni precedenti.

Oltre alla percentuale dei familiari
che si ammalano durante l’assistenza,
mi colpisce quella di chi è costretto
ad abbandonare il lavoro
per dedicarsi alla persona malata:
si parla quasi del settanta per cento»,

scrive Annicchiarico
a segno, non caso,
che c’è bisogno anzitutto
di realizzare interventi mirati
a sostenere,
pure da un punto di vista economico,
“chi aiuta”;

e poi di parlare di un argomento
– l’Alzheimer, così come di tutte
le altre malattie degenerative –
che sembra essere ancora un tabù.

Libri come questo aiutano,
pertanto, a comprendere.
A entrare in empatia con storie
che alla fine risultano universali,

ma soprattutto aiutano a informarsi,
a tenere alta l’attenzione
e ad allontanare l’indifferenza
in ognuno di noi.

Enrica Riera, «Non badanti ma familiari.
L’Alzheimer e i “cura-cari”
nel libro di Marco Annicchiarico», in
“L’Osservatore Romano”,
martedì 3 gennaio 2023, p. II.

Foto: Copertina de
«I cura cari» di Marco Annicchiarico /
einaudi.it

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