Benedetto XVI visto da Muolo1

Benedetto XVI visto da Muolo1
Il pontificato emerito di Ratzinger
La presenza discreta nella Chiesa

 

Dal primo incontro
con il successore a Castel Gandolfo
alle visite al Mater Ecclesiae.
Un rapporto con Francesco
fatto di ammirazione e affetto

Benedetto XVI visto da Muolo1 – Raccontano
che in uno dei suoi ricoveri al “Gemelli”,
rivolgendosi al medico che lo assisteva,
Giovanni Paolo II disse:
«Professore, io e lei non abbiamo scelta.
Lei mi deve curare e io devo guarire,
perché non c’è posto per un Papa emerito».

Joseph Ratzinger-Benedetto XVI
quel posto non solo l’ha trovato,
ma lo ha interpretato in assoluta fedeltà
alle due linee di condotta
che egli stesso si era dato all’inizio
di questa ultima fase
della sua esistenza terrena.

Fedeltà a colui
che ne avrebbe preso il posto
sulla Cattedra di Pietro
e «ritiro sul monte»,
nella preghiera e nel silenzio.

Un silenzio rotto solo
in pochissime occasioni e sempre
per offrire un contributo costruttivo
di pensiero e di spiritualità
alla vita della Chiesa e al Papa.

Per inquadrare dunque il periodo
in cui Benedetto XVI è stato Papa emerito,
nove anni, dieci mesi e due giorni
(un periodo sensibilmente più lungo
dei sette anni, dieci mesi e nove giorni
da Papa regnante)

converrà partire dunque
proprio da queste due premesse
che costituiscono in un certo senso
la magna charta di uno status
totalmente inedito per la vita della Chiesa,
almeno nell’epoca moderna.

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La prima premessa:
è il 28 febbraio del 2013,
l’ultimo giorno del Pontificato.

Alle 20 si sarebbe chiuso il portone
del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo,
dove papa Ratzinger si è recato in elicottero
nel pomeriggio (la residenza estiva
sarà il luogo in cui trascorrerà
le prime settimane da emerito).

Il Pontefice riceve in mattinata i cardinali
e a un certo punto del discorso dice:
«Tra voi c’è anche il futuro Papa
al quale già oggi prometto
la mia incondizionata reverenza
e obbedienza».

La seconda premessa, che in realtà
è la prima in ordine cronologico,
si riferisce al ruolo
che intenderà esercitare,
una volta sceso dalla Cattedra di Pietro.

Il 24 febbraio,
nel corso dell’ultimo Angelus domenicale
da Papa “in carica”,
egli confida ai fedeli

che il Signore lo chiama «a salire sul monte»,
a dedicarsi «ancora di più alla preghiera
e alla meditazione»,
ma che questo «non significa
abbandonare la Chiesa, anzi».

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Entrambe le premesse
si sono pienamente realizzate.

Benedetto XVI, non è mai stato
un “papa-ombra”, né tanto meno
ha travalicato i confini dell’opportunità
e dell’invadenza, anche quando
– con censurabili iniziative –
ambienti ostili a papa Bergoglio hanno tentato
di accreditare una contrapposizione tra i due.

Del resto, il primo a testimoniare
questo rapporto di stima e di fiducia reciproca
è stato proprio papa Francesco,
che fin dai primi tempi della sua elezione
ha dichiarato che per lui
la presenza di Benedetto XVI
era come quella di un «nonno saggio in casa».

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La storia di questo periodo
è anche la storia dei loro incontri e rapporti,
di “prime volte” che hanno stupito il modo,
della continuità – specie all’inizio –
del magistero dell’uno rispetto all’altro
e anche delle legittime differenze
nella scelta delle priorità pastorali.

Un racconto che ha visto
la sua ultima pagina pubblica
il 1° dicembre 2002,
data della più recente apparizione pubblica
di Ratzinger, quando ha ricevuto
al Monastero Ecclesia Mater
i vincitori del premio a lui intitolato,

e che non può non partire
dal 23 marzo 2013,
data in cui papa Francesco
– dieci giorni dopo la sua elezione –
si reca a Castel Gandolfo
per fare visita a Benedetto XVI.

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23 marzo 2013 Francesco e Benedetto XVI in preghiera a Castel Gandolfo / avvenire.it

Un incontro intenso,
gioioso e commovente insieme,
condito da tanti piccoli
ma significativi gesti di reciproco affetto.

«Vedere il Papa
e il Pontefice emerito insieme
è stata un’emozione – commenta quel giorno
il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi -.
Tutto l’incontro è stato un momento
di grande comunione nella Chiesa».

Impressiona soprattutto vedere
due uomini vestiti di bianco
(Benedetto XVI non porta però lo scapolare,
ma la semplice talare candida)
uno accanto all’altro.

Non è però la prima volta
che Francesco e Joseph Ratzinger
si parlano, dopo l’elezione del primo:
in precedenza due telefonate,
la sera dell’elezione
e per gli auguri di San Giuseppe,
onomastico del Papa emerito.

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Il successivo 2 maggio,
dopo due mesi trascorsi a Castel Gandolfo,
il Papa emerito fa il suo ritorno in Vaticano,
andando a vivere
nel Monastero Mater Ecclesiae
finalmente ristrutturato.

Nella residenza estiva dei Papi
(che Francesco non ha mai usato)
Benedetto tornerà per un paio di settimane
nel luglio del 2015.

E durante il soggiorno a Castel Gandolfo
riceverà, il 4 luglio 2015,
il dottorato honoris causa
dalla Pontificia Università Giovanni Paolo II
di Cracovia e dell’Accademia di Musica di Cracovia
dal cardinale Stanislaw Dziwisz,
allora arcivescovo della città polacca.

All’inizio le apparizioni in pubblico
non sono infrequenti,
poi con il passare degli anni
e il diminuire delle forze,
si diraderanno,
fino ad annullarsi del tutto.

Il 5 luglio 2013 Benedetto XVI assiste,
insieme con papa Francesco,
all’inaugurazione di un nuovo monumento
a san Michele Arcangelo nei Giardini Vaticani.

Il 22 febbraio 2014 partecipa
al primo Concistoro per la creazione
di nuovi cardinali di papa Bergoglio,
seduto tra i porporati
e salutando il Pontefice regnante
al termine della processione d’ingresso.

Anche in questo caso
si tratta di una prima volta:
la compresenza di due Papi viventi
all’interno della Basilica di San Pietro.

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Per due volte concelebra con Bergoglio:
il 27 aprile 2014 per la canonizzazione
di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II,
nella Messa definita “dei quattro papi”.

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27 aprile 2014 Papa Francesco abbraccia Benedetto XVI in occasione della liturgia di canonizzazione di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII / avvenire.it

E il successivo 19 ottobre 2014
per la beatificazione di Paolo VI
e la contestuale conclusione
del Sinodo straordinario dei vescovi
sulla famiglia.

Anche il 28 settembre 2014
è insieme con Francesco
alla festa dei nonni
sul sagrato della Basilica Vaticana.
Mentre il 14 febbraio 2015 presenzia
anche al secondo Concistoro per la creazione
di nuovi cardinali di papa Francesco.

8 dicembre 2015 Benedetto XVI, accompagnato dal segretario particolare Gaenswein, varca la Porta Santa dopo papa Francesco / avvenire.it

E l’8 dicembre 2015 assiste
all’apertura della Porta Santa di San Pietro,
inizio dell’Anno Santo straordinario
della Misericordia,
entrandovi subito dopo Papa Francesco.
Non sarà presente, invece,
per la chiusura, il 20 novembre 2016.

Ma il giorno precedente,
al termine di un nuovo concistoro
per la creazione dei cardinali,
i nuovi porporati e il Papa
saliranno al Mater Ecclesiae in pulmino
per salutarlo e ricevere da lui la benedizione.

Caloroso anche in questa occasione
l’abbraccio con Francesco.

Si inaugura così una consuetudine
che sarà rispettata anche
negli altri concistori di Francesco.
Come ad esempio il 29 novembre 2019.

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27 agosto 2022 Visita dei nuovi cardinali a Benedetto XVI / ilsismografo.blogspot.com avvenire.it

Le visite e gli incontri
si susseguono regolarmente
anche in occasione del Natale,
dei compleanni di papa Ratzinger
o in occasioni straordinarie.

L’ultima in ordine di tempo
proprio il 28 dicembre scorso,
in seguito all’aggravarsi
delle condizioni di salute.

In tutte queste occasioni
il Papa regnante e quello emerito
conversano amichevolmente
e pregano insieme,
come buoni fratelli.

Una definizione, quest’ultima
(insieme a quella di «padre»),
che ricorre spesso nelle parole di Francesco,
quando si riferisce al suo predecessore.

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Vi sono poi momenti ufficiali,
come ad esempio la Commemorazione
del 65° anniversario dell’ordinazione sacerdotale
di Joseph Ratzinger, che si svolge il 28 giugno 2016
nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico,
alla sua presenza.

Quel giorno papa Bergoglio sottolinea:
«Lei, Santità,
continua a servire la Chiesa,
non smette di contribuire veramente
con vigore e sapienza alla sua crescita».

E Benedetto XVI di rimando:
«Grazie, Santo Padre. La Sua bontà,
dal primo momento dell’elezione,
in ogni momento della mia vita
qui, mi colpisce. Mi sento protetto».

È una delle poche volte
in cui il Papa emerito
rompe il silenzio.

Il 23 settembre 2013, la Repubblica
pubblica stralci di una lettera di Ratzinger
al matematico ateo Piergiorgio Odifreddi,
che ha al suo attivo alcuni libri
fortemente critici verso il cristianesimo
e la figura di Gesù.

Anche nell’ultimo tratto della sua vita,
dunque, Benedetto XVI non rinnega
la sua propensione al dialogo con tutti,
perfino con quelli che hanno una visione
diametralmente opposta alla sua.

E il 7 dicembre 2014
rilascia una breve intervista al corrispondente
della Frankfurter Allgemeine, Joerg Bremer.

Gli confida innanzitutto
che dopo la rinuncia
avrebbe voluto farsi chiamare
semplicemente «padre Benedetto»,
ma che allora
era «troppo debole e stanco»
per riuscire a imporsi.

Ma soprattutto coglie l’occasione
per ribadire la fedeltà al successore.
In quei giorni infatti stava per uscire
il quarto volume della sua Opera omnia.
E i riflettori mediatici si accendono
su un punto particolare del libro.

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Nel 1972 l’allora professor Ratzinger
in uno scritto sulla questione
dell’indissolubilità del matrimonio
si era detto possibilista
sulla riammissione, in alcuni casi,
dei divorziati risposati alla comunione.

In vista di questa pubblicazione, invece,
il Papa emerito ripete
quanto ha sempre sostenuto
da prefetto della Congregazione
per la dottrina della fede e da Papa.

Poiché il Sinodo straordinario
sulla famiglia si era allora
appena concluso ed era in corso
un certo dibattito sulla questione,
qualcuno vide in quella riformulazione
delle tesi un tentativo di condizionamento
nei confronti di Francesco.

Il giornalista tedesco
glielo chiede esplicitamente
e Benedetto XVI risponde con fermezza:

«Questa è una totale assurdità.
Ho ottimi contatti con Francesco.
E comunque la revisione del testo
è stata decisa ad agosto
(dunque ben prima del Sinodo,
tenutosi nell’ottobre del 2014, ndr)
e non contiene nulla di nuovo».

Agli occhi dei fedeli, conclude,
«è chiaro chi è il Papa».

Lo ribadirà nel marzo del 2021
anche al Corriere della Sera.
«Il Papa è uno solo.
E io credo di aver fatto bene
a dare le dimissioni».

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Ma gli interventi
senz’altro più importanti e corposi
giungono nel corso del 2016.

Viene pubblicato il libro Ultime conversazioni
con Peter Seewald, il suo biografo.
Lo si può considerare quasi una sorta
di testamento spirituale e mediatico.
Sicuramente è un documento fondamentale
per comprendere il vero Ratzinger
e le scelte della sua vita e del suo pontificato.

Più breve l’intervista
che il Papa emerito rilascia
al teologo Jacques Servais,

e che viene presentata nel contesto
del convegno intitolato
“Per mezzo della fede.
Dottrina della giustificazione
ed esperienza di Dio
nella predicazione
degli Esercizi Spirituali”,

organizzato dalla Rettoria
del Gesù a Roma nell’ottobre 2015.

Al cuore del testo (letto in quella occasione
dal suo segretario personale,
l’arcivescovo Georg Gänswein)
c’è il tema della misericordia divina.

Benedetto XVI giudica
«un segno dei tempi»
il fatto che essa diventi
«sempre più centrale e dominante».
È infatti la misericordia
«che ci muove verso Dio».

E il pensiero non può non andare
al magistero di Francesco.
Benedetto XVI, infatti,
si teneva «attentamente» aggiornato
sulla vita della Chiesa
e pregava per il pontificato
del suo successore.

Con il Papa si telefonavano,
si scrivevano, e più volte
Francesco era ospite a pranzo
nel monastero.

Una volta, dopo Natale (del 2013, ndr)
il Papa emerito andò anche a Santa Marta.

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Non mancano comunque i giorni tristi,
come nella vita di ognuno di noi.

Nel luglio del 2017
Ratzinger viene profondamente colpito
dalla morte improvvisa
dell’amico cardinale Joachim Meisner,
«pastore appassionato»,

che come arcivescovo di Colonia
lo aveva accolto nella Gmg del 2005,
suo primo viaggio internazionale.
e primo ritorno in patria.

L’ultima telefonata con lui
risaliva al giorno precedente
alla morte del porporato.

Ma soprattutto c’è la scomparsa
dell’amato fratello Georg,
avvenuta a Ratisbona il 1° luglio 2020.

Spesso Georg veniva a trovarlo in Vaticano,
anche da emerito,

ma l’ultimo incontro tra i due
avviene proprio a Ratisbona,
dove Benedetto XVI si recò
dal 18 al 22 giugno 2020,
per visitare il fratello
ormai gravemente malato.

Fu l’unico spostamento all’estero
da emerito.

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Il 29 giugno 2021 Benedetto XVI festeggia
il 70º anniversario di sacerdozio
e per l’occasione viene organizzata una mostra,
dal titolo Cooperatores veritatis,
dove vengono esposti
alcuni suoi oggetti personali.

Intanto si intensifica il rapporto con Francesco,
descritto anche da molti articoli giornalistici
e anche da alcuni libri (citiamo qui
quello del cardinale Gerhard Muller,
Benedetto e Francesco.
Successori di Pietro al servizio della Chiesa,
Edizioni Ares, 2016;

e Papa Francesco.
Benedetto XVI Papa emerito.
Una sola Chiesa con la prefazione
del cardinale segretario di Stato
Pietro Parolin, Rizzoli, 2020).

Lo stesso Francesco ha parlato spesso
del suo predecessore.
L’11 luglio 2013,
a pochi mesi dall’elezione,
il nuovo Pontefice confida
a un ex allievo, Jorge Millia:

«Non ti immagini l’umiltà
e la saggezza di quest’uomo».

Sono i giorni in cui esce
la prima enciclica di Francesco,
la Lumen fidei, che il Papa non fa mistero
di aver scritto a quattro mani con Benedetto
(e anche questa è una novità assoluta
nella storia della Chiesa).

Nel colloquio con Millia afferma:
«Benedetto XVI ha fatto
la maggior parte del lavoro.
È un pensatore sublime,
non conosciuto o capito
dalla maggior parte delle persone».

Papa Francesco inoltre porterà a termine
anche l’Anno della Fede
inaugurato sotto il pontificato
del predecessore.

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Benedetto ricambia
con parole di grande affetto:
«La benevolenza umana con la quale mi tratta
– confida a Elio Guerriero
nel volume Servitore di Dio e dell’umanità –
è per me una grazia particolare
di quest’ultima fase della mia vita».

Lo stesso Francesco,
nella prefazione scritta appositamente
per quel volume afferma:

«Tutti nella Chiesa abbiamo
un grande debito di gratitudine
con Joseph Ratzinger – Benedetto XVI.

Il contributo della sua fede
e della sua cultura
a un magistero della Chiesa
capace di rispondere alle attese
del nostro tempo è stato fondamentale.

E il coraggio e la determinazione
con cui ha affrontato situazioni difficili
hanno indicato la strada
per rispondervi con umiltà e verità».

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Forse, però, il ritratto più completo
e più appassionato del Papa emerito
Francesco lo fa il 27 ottobre 2014,
in occasione dell’inaugurazione
di un busto bronzeo di Ratzinger
nei Giardini Vaticani.

«Un grande Papa.
Per la forza e penetrazione
della sua intelligenza.
Per il suo rilevante contributo alla teologia.
A motivo del suo amore
nei confronti della Chiesa e degli esseri umani.
Per la sua virtù e la sua religiosità.

Di lui non si potrà mai dire
che lo studio e la scienza
abbiano inaridito la sua persona
e il suo amore nei confronti di Dio
e del prossimo, ma al contrario,
che la scienza, la saggezza e la preghiera
hanno dilatato il suo cuore e il suo spirito».

Infine, nella cerimonia di consegna
del Premio Ratzinger 2016,
il 26 novembre di quell’anno,
Francesco si sofferma
sulla sua figura di teologo:

«Il suo è un pensiero
e un magistero fecondo,
che ha saputo concentrarsi
sui riferimenti fondamentali
della nostra vita cristiana,
la persona di Gesù Cristo,
la carità, la speranza, la fede.

E tutta la Chiesa
gliene sarà per sempre grata».

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Eppure non è mancato chi
in questi anni ha voluto a tutti i costi
vedere una contrapposizione
tra il Papa emerito e quello regnante.

Molto ad esempio si è parlato del libro
Dal profondo del nostro cuore
(Cantagalli, 2020).

Nel volume,
curato dal cardinale Robert Sarah,
all’epoca prefetto della Congregazione
per il culto divino
e la disciplina dei sacramenti,
si ribadiva la validità del celibato sacerdotale.

E poiché, tra gli altri scritti,
ce n’era uno di Benedetto XVI
che ricordava come per i sacerdoti
di rito latino l’astinenza sessuale «funzionale
si è trasformata in astinenza ontologica»,
qualcuno vide nel volume un tentativo
di influenzare Francesco

circa la decisione sui “viri probati”
da ammettere al sacerdozio
in alcune zone geografiche,
come l’Amazzonia
(la proposta era contenuta, infatti,
nel documento finale del relativo Sinodo).

Nel documento Querida Amazonia
Francesco ha ritenuto
di non accogliere una tale proposta.

In realtà, anche alla luce,
di quanto più volte dichiarato
(«uno solo è il Papa»)
non è possibile attribuire a un uomo
come Joseph Ratzinger simili doppi fini.

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Lo stesso si deve dire
anche della pagina forse più triste
negli anni da emerito di Benedetto XVI.

Nei primi giorni di gennaio 2022,
in un cosiddetto rapporto indipendente
commissionato dalla diocesi di Monaco
e Frisinga sui casi di pedofilia
verificatisi in quella Chiesa locale
negli ultimi 70 anni si scrive che

l’allora cardinale Ratzinger (il quale fu arcivescovo
della diocesi tedesca dal 1977 al 1982)
avrebbe coperto alcuni casi di abusi.

Riguardo a uno di essi, già diversi anni prima
della pubblicazione del rapporto
la diocesi bavarese aveva chiarito
che l’allora arcivescovo Ratzinger
aveva autorizzato solo l’ospitalità
di un religioso pedofilo presso una parrocchia.

Di lui era noto il fatto
che fosse in terapia.
E l’autorizzazione fu data solo
per permettergli di continuare la terapia.

Fu il vicario generale della diocesi
a concedere, invece,
che potesse anche collaborare
nell’attività pastorale.

Nella riunione in cui questa cosa fu decisa
c’era anche Ratzinger, che in un primo momento
aveva smentito la sua presenza.

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La replica del Papa arriva
all’inizio di febbraio del 2022,
dopo un attento esame delle carte.
«Non sono un bugiardo»,
contrattaccò Benedetto XVI.

E quanto alla riunione spiegava
che c’era stato un errore materiale
di trascrizione da parte dei suoi collaboratori
incaricati di redigere la memoria difensiva
inviata agli autori del dossier.

In una lettera
dagli accenti altamente spirituali,
Benedetto XVI ribadiva l’orrore
e la vergogna di fronte alla gravissima piaga
degli abusi sui minori da parte di consacrati
e la sua vicinanza alle vittime,
riaffermando la propria innocenza.

Inoltre, una relazione dettagliata,
redatta da quattro esperti,
smontava punto per punto le accuse.

Del resto è sotto gli occhi di tutti
l’opera di denuncia
da parte del cardinale prima
e del papa poi della piaga
della pedofilia sacerdotale nella Chiesa,

contro la quale Benedetto XVI,
da Pontefice regnante,
ha assunto provvedimenti severissimi
e tracciato un solco
nel quale si è inserito papa Francesco.

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E proprio papa Bergoglio ci ha consegnato,
probabilmente, la più bella “fotografia”
del suo predecessore,
meno di un mese fa.

Nell’intervista al quotidiano Abc,
il 18 dicembre scorso
lo aveva definito un «santo»,
un «uomo di alta vita spirituale»,
e aveva aggiunto
di sentirsi sempre «edificato »
dal suo sguardo trasparente.

Quello sguardo
che ha saputo guardare lontano,
aprendo nuove strade alla Chiesa.

Mimmo Muolo1, «Il pontificato emerito
di Ratzinger. La presenza discreta nella Chiesa»,
in “Avvenire”, sabato 31 dicembre 2022, pp. VI-VII.

Foto: Benedetto XVI
(Joseph Aloisius Ratzinger) /
insiemenews.it

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