Tommaso da Cori

Tommaso da Cori (1655-1729) – Sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori – 11 gennaio

Tommaso da Cori. Vita

Tommaso da Cori.  Nasce a Cori (Latina) il 4 giugno 1655
da Natale Placidi e Angela Cardilli
e al momento del battesimo, impartitogli lo stesso giorno,
riceve il nome di Francesco Antonio.

Conosce un’infanzia segnata dalla perdita prematura della mamma prima e del papà poi,
per cui a quattordici anni rimane solo ad accudire alle due sorelle più piccole.
Fa il pastore, imparando la saggezza delle cose più semplici.

Venduto il gregge e, con il ricavato,
fatta la dote alle sorelle in età da marito,
Francesco Antonio è pertanto libero di seguire quell’ispirazione
che da qualche anno custodisce nel silenzio del cuore:
appartenere completamente a Dio nella vita religiosa francescana.

In precedenza ha potuto fare conoscenza dei Frati minori del convento di San Francesco
nel suo paese natale, Cori, per cui a 22 anni, il 7 febbraio 1677,
entra nell’Ordine dei Frati Minori Francescani
Inviato pertanto a Orvieto (PG), presso il convento della Santissima Trinità,
vi compie l’anno di noviziato, assumendo il nome di fra’ Tommaso da Cori.

Anzitutto si applica con dedizione agli studi filosofici (per 5 anni, dal 1678 al 1683,
è allievo del celebre Lorenzo Cozza da San Lorenzo,
nello Studio generale di santa Maria del Paradiso in Viterbo)
e teologici, a Velletri.

Infine, nel 1683, a Velletri, è consacrato sacerdote
e, il 19 luglio del medesimo anno, riceve la patente di predicatore,
firmata dal ministro generale Pier Marino Sormano.

Subito dopo è nominato vice-maestro dei novizi
nel convento della Santissima Trinità d’Orvieto,
dato che i superiori riconoscono da subito le sue doti.
Tuttavia in questo convento Tommaso da Cori non rimane a lungo.

Tommaso da Cori. L’esperienza dei “Ritiri”

Poiché ha sentito parlare dei “Ritiri”
che cominciano a fiorire nell’Ordine
e dell’intenzione dei superiori della Provincia Romana
di instaurarne uno nel convento di S. Francesco in Civitella
(oggi Bellegra, nei pressi di Subiaco),
chiede di essere trasferito a questo convento.

La sua richiesta è prontamente accolta il 25 aprile 1684.
Il giovane frate bussa così alla porta del povero convento, dicendo:
«Sono Fra Tommaso da Cori e vengo qua per farmi santo!».
In un linguaggio forse lontano dal nostro,
egli esprime la sua ansia di vivere radicalmente il Vangelo
secondo lo spirito di S. Francesco.

Due anni dopo, il 27 maggio 1686,
a soli trentuno anni d’età, è nominato guardiano:
una prova della stima che i superiori ripongono nei suoi confronti,
ma anche un peso difficile da portare.

Francesco Antonio da Parma,
che vive per più di un anno a Bellegra,
dice che sono molte le cose che padre Tommaso supera,
fino al rimuovere le corruttele dei secolari ivi introdotte, giochi e altri abusi,
e molto più nel mantenervi l’osservanza rigorosa già incominciata.

Sono momenti veramente difficili, soprattutto all’inizio,
tanto che Tommaso è tentato di abbandonare il Ritiro;
tuttavia, con la tenacia tipica dei santi,
riesce a superare le difficoltà
e in breve diviene un punto di riferimento per tutto il Sublacense,
dove esercita un intenso e continuo apostolato.

Successivamente, nel 1703, i superiori istituiscono un secondo Ritiro
presso il convento di San Francesco in Palombara Sabina
e vi destinano Tommaso da Cori quale guardiano;
anche qui, come a Bellegra, i problemi da affrontare non sono semplici.

Per troppo tempo si sono protratte consuetudini inadeguate a una vita di ritiro:
la clausura non viene osservata
e l’orto e il bosco del convento sono divenuti una specie di parco pubblico,
uno spazio ricreativo per uomini e donne del luogo.

Tommaso da Cori pone fine a tali abusi,
tuttavia per farlo è costretto a decisioni forti che lo rendono impopolare.
Da ultimo, fa cavare gli alberi di olivo del convento
perché gli appaiono una proprietà e un lusso non lecito per dei religiosi che,
incuranti del domani, devono confidare unicamente nella Provvidenza.
Di conseguenza gli abitanti del paese reagiscono compatti, minacciando di affamare i frati.

Tuttavia, come a Bellegra, anche a Palombara,
dopo le prime burrasche, torna il sereno;
la mitezza e la bontà di Tommaso hanno ragione dei timori e delle diffidenze iniziali,
la gente sa intendere l’aria nuova che si respira nel convento.

Quando lascia la Sabina per far ritorno a Bellegra,
Tommaso è ormai divenuto un padre per tutti:
per i frati del convento, per i sacerdoti e per la gente del paese;
di conseguenza i mugugni iniziali si trasformano in testimonianze di affetto,
e grande è il loro dispiacere nel vederlo partire.

Tommaso da Cori. Ultimi anni della sua vita

Tornato a Bellegra tra il 1708 e il 1709,
Tommaso da Cori vi trascorre il resto della vita:
un ventennio durante il quale la sua fama
cresce sempre più in tutto il Lazio meridionale.

Si deve senza dubbio al suo zelo e alla sua prudenza e carità,
se diversi religiosi, anche di altre provincie dell’Ordine,
entrano nel Ritiro per praticarvi il rigoroso genere di vita introdottovi.

Grazie al suo esempio e alle norme che a lui si richiamano,
il Ritiro diviene veramente una scuola di santità,
come dimostrano, oltre a Tommaso stesso,
il suo discepolo san Teofilo da Corte,
che fonderà i Ritiri di Fucecchio in Toscana e di Zùani in Corsica,
e i beati Mariano da Roccacasale e Diego Oddi.

Le Costituzioni del Ritiro,
che si conservano ancora autografe nell’archivio di Bellegra,
costano a fra’ Tommaso venti anni di studio, di preghiera, e di sacrifici;
hanno tuttavia l’onore di essere approvate l’11 gennaio 1706
dall’allora ministro provinciale Padre Lorenzo Cozza;
e successivamente di essere estese, con qualche leggera modifica,
a tutti i Ritiri dell’ordine francescano
nel Capitolo Generale di Murcia del 1756.

Tommaso da Cori. Spiritualità

In una parola, gli anni trascorsi da fra’ Tommaso da Cori nei due Ririti
di S. Francesco in Palombara Sabina e soprattutto di san Francesco di Bellegra
si possono riassumere in tre punti:

Preghiera

Tommaso da Cori è sicuramente – come si dice di S. Francesco –
non tanto un uomo che prega, quanto un uomo fatto preghiera.
Infatti, questa dimensione anima la vita intera del fondatore del Ritiro.

In primo luogo, l’aspetto più evidente della sua vita spirituale
è senz’altro la centralità dell’Eucarestia,
testimoniata da Tommaso nella celebrazione eucaristica, intensa e partecipata,
e nella preghiera silenziosa d’adorazione nelle lunghe notti del Ritiro
dopo l’ufficio divino celebrato alla mezzanotte.

In secondo luogo, la sua vita di preghiera è segnata da una persistente aridità di spirito.
Infatti, l’assenza totale di una consolazione sensibile nella preghiera
e nella sua vita d’unione con Dio, si protrarrà per ben quarant’anni,
trovandolo sempre sereno e totalizzante nel vivere il primato di Dio.

In conclusione, la sua preghiera si configura veramente come memoria Dei,
che rende concretamente possibile l’unità della vita nonostante le molteplici attività.

Evangelizzazione

Anzitutto Tommaso non si chiude nel Ritiro,
dimenticando il bene dei suoi fratelli
e il cuore della vocazione francescana che è apostolico.

Infatti è chiamato infatti a buon diritto l’apostolo del Sublacense,
avendone percorso le contrade e i paesi
nell’annuncio instancabile del Vangelo,
nell’amministrazione dei sacramenti
e nella fioritura al suo passaggio di miracoli,
segno della presenza e vicinanza del Regno.

In breve, la sua predicazione è chiara e semplice, suadente e forte.
Inoltre non sale sui pulpiti più illustri del tempo:
la sua personalità dona il meglio di sé nell’ambito ristretto della regione del Lazio,
vivendo la sua vocazione francescana alla minorità
e alla scelta concreta per i più poveri.

Squisita carità

Soprattutto Tommaso da Cori è per i suoi fratelli padre dolcissimo.
In effetti, di fronte alle resistenze di alcuni confratelli
dinanzi alla sua volontà di riforma
e di radicalità nel vivere l’ideale francescano,
risponde con pazienza e umiltà,
per cui si ritrova anche da solo a badare al convento.

Soprattutto ha ben compreso che ogni vera riforma inizia da se stessi.

Il notevole epistolario che c’è giunto
dimostra in realtà l’attenzione di fra’ Tommaso alle più piccole attese
e bisogni dei suoi frati e dei tanti amici e penitenti
e frati che si rivolgevano a lui per averne un consiglio.

Specialmente nel convento dimostra il suo spirito di carità
nella disponibilità a qualsiasi necessità, anche la più umile.

A corollario di tutto ciò,
fra’ Tommaso manifesta una grande pazienza
nel sopportare continue tentazioni nello spirito
e per una piaga in una gamba che lo tormenta per quarant’anni.

In modo analogo, povero,
non vuole mai accettare offerte per la celebrazione della Santa Messa.

Grande maestro di santità,
espertissimo direttore spirituale,
è visto più volte stare nel confessionale, “dalla mattina fino a sera” digiuno.

Inoltre, molto richiesto per l’assistenza spirituale al letto degli infermi,
ha il dono di riportare la pace fra persone in contrasto,
e opera per riformare i pubblici costumi.

In breve, le sue efficaci predicazioni vengono raccolte in un volume manoscritto.

Infine, ricco di meriti, fra’ Tommaso si addormenta nel Signore l’11 gennaio 1729,
all’età di 74 anni, nel ritiro di Bellegra che oggi conserva le sue reliquie.

La causa di beatificazione viene introdotta il 15 luglio 1737,
auspici le Diocesi di Subiaco, Velletri e Sabina.

Beatificato da papa Pio VI il 3 settembre 1786,
è inscritto nell’albo dei Santi da san Giovanni Paolo II il 21 novembre 1999.

Per Giovanni Paolo II – che nella sua omelia lo definisce un
«autentico discepolo del Poverello d’Assisi» – tutta la vita di Fra Tommaso da Cori
«appare così segno del Vangelo,
testimonianza dell’amore del Padre celeste,
rivelato in Cristo e operante nello Spirito Santo,
per la salvezza dell’uomo».

Foto: Statua di San Tommaso da Cori situata nel suo paese d’origine, davanti alla sua casa natale, oggi divenuta chiesa in suo onore / Foto di Pietro Scerrato in it.wikipedia.org

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