Mt 13-1-23

Mt 13-1-23 – XV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

 

Contesto

Mt 13-1-23 – Con il brano di questa domenica
la Liturgia ci propone il terzo dei cinque
grandi discorsi che costituiscono l’ossatura
del Vangelo secondo Matteo.

Si tratta del cosiddetto discorso parabolico
(così chiamato in quanto costituito
da sette parabole), discorso che ci accompagnerà
per altre due settimane.

Incorniciato da un incipit (Mt 13,1-3a)
e da una conclusione (Mt 15,51-52),
riporta sette parabole:
il seminatore (13,3b-9); la zizzania (13,24-30);
un grano di senape (13,31-32); e di lievito (13,33);
il tesoro (13,44); la perla preziosa (13,45-46);
e la rete (13,47-50).

Sono proprie di Matteo
le parabole della zizzania, del tesoro,
della perla e della rete,
mentre le altre appartengono
alla triplice tradizione sinottica.

«In quel giorno, Gesù, uscito di casa, sedeva
in riva al mare. Si cominciò a raccogliere,
attorno a lui, tanta folla che dovette salire
su una barca e là si pose a sedere, mentre
tutta la folla stava sulla spiaggia» (vv. 1-2)

Mt 13-1-23 – La casa da cui esce Gesù
è quella in cui aveva ricevuto
la visita di sua madre e dei suoi fratelli,
mentre il mare in riva al quale si siede
è il lago di Genezaret.

Come già per il «Discorso della montagna»
anche qui Matteo sottolinea (per due volte)
che Gesù si siede (prima sulla spiaggia,
poi sulla barca): è l’atteggiamento del maestro,
anche se, a guardar bene, Gesù più che insegnare
racconta delle parabole, annuncia.

Gesù, mentre racconta, sta seduto,
un atteggiamento pur sempre fisso.

Le folle, invece, sono in piedi,
in una situazione più aperta a esiti diversi:
possono perciò essere pronte
a rimanere all’ascolto, oppure ad andarsene;
o, ancora, ad attendere e tergiversare…
Ogni ascoltatore è come un terreno
che può raccogliere il seme in modo diverso.

«Egli parlò loro di molte cose in parabole» (v. 3)

Mt 13-1-23 – Gesù parte dal quotidiano, dal vissuto;
da ciò che la gente aveva sott’occhio
e che, di fatto, sperimentava, viveva.

«Ecco, il seminatore usci a seminare» (v. 3)

Mt 13-1-23 – Il Vangelo di oggi riporta
la prima parabola, quella «del seminatore».

Si tratta di una parabola complessa
e profonda, pur nella sua semplicità.

Infatti può essere letta
sia dal punto di vista del seminatore;
come da quello della potenzialità del seme;
sia da quello della qualità del terreno.

L’interpretazione tradizionale pone attenzione
alla qualità del terreno: «Io, che tipo di terreno sono?».

Tuttavia, la nostra parabola vuol rispondere
prima di tutto a un’altra domanda,
desumibile dal contesto
nel quale questo brano è collocato.

Il Vangelo secondo Matteo ha presentato Gesù
come il grande annunciatore del Regno di Dio,
e i suoi discepoli sono chiamati a fare altrettanto
(cf. Mt 10).

Ma il mondo come reagisce
a questo annuncio del Regno?
Gli stessi discepoli come reagiranno
nel constatare che il Regno di Dio
non si impone, ma che, anzi,
lascia spazio a opposizioni
sempre più ampie e dure?

Gesù, con questa parabola,
vuole rispondere a questi interrogativi,
e lo fa invitando i suoi ascoltatori
a spostare la loro attenzione
dall’azione dell’annunciatore
all’annuncio considerato in se stesso:
dal seminatore al seme.

«Mentre seminava una parte del seme (…);
Un’altra parte (…); Un’altra parte (…)» (vv. 4-8).

Mt 13-1-23 – L’attenzione della parabola
non è concentrata sul seminatore,
e nemmeno sui vari tipi di terreno,
bensì è il seme il vero protagonista
del racconto parabolico.

Per questo motivo, forse, sarebbe meglio
intitolare questo brano «la parabola del seme»
più che «del seminatore».

Infatti, ciò che questa domenica
la Chiesa proclama in tutto il mondo
è la storia di questo seme, la storia di un seme
di una debolezza estrema, la cui sorte sembra segnata
ovunque egli venga gettato:

«… cadde sulla strada
e vennero gli uccelli e la divorarono;
…cadde in luogo sassoso,
dove non c’era molta terra; subito germogliò,
perché il terreno non era profondo.
Ma, spuntato il sole, restò bruciata
e non avendo radici si seccò;

… cadde sulle spine
e le spine crebbero e la soffocarono» (vv. 4-7).

Agli occhi degli uomini
questo seme non potrebbe farcela,
perché gli uccelli, il sole, le spine
sono oggettivamente più forti
e in grado non solo di bloccarne la crescita,
ma di eliminarlo per sempre:
la divorarono; si seccò; la soffocarono.

***

Mt 13-1-23 – Ma al v. 8 succede
qualcosa di sorprendente:
«Un’altra parte cadde sulla terra buona
e diede frutto, dove il cento,
dove il sessanta, dove il trenta».

Nella debolezza di questo seme, in realtà,
è nascosta la potenza stessa di Dio.
Questo fragilissimo seme
è capace di dare una resa incredibile.

C’è da rimanere esterrefatti dalla resa.
Nonostante le difficoltà, la resa è al di là
di ogni più rosea attesa dell’uomo:
cento; sessanta; trenta
(si tenga presente che al massimo
la resa dei terreni della Palestina
al tempo di Gesù era di sette-dieci volte).

***

Mt 13-1-23 – A quei discepoli
che si sentono stanchi e scoraggiati
a causa delle innumerevoli difficoltà
che il mondo contrappone all’annuncio del Regno
e che sognerebbero di toglierle
per creare un ambiente ottimale nel quale il seme
«certamente» potrebbe crescere senza ostacoli,

la parabola risponde: «No! Le difficoltà resteranno,
anzi, saranno inevitabili, ma verranno superate
in forza della potenza insita in quel seme».

Se di fronte a questa parabola ci si limita
a chiedersi: «Io, che tipo di terreno sono?»,
si rischia di perdere l’occasione
di porsi una domanda ben più radicale
per la nostra relazione con Dio
e con i nostri contemporanei,

vale a dire: «Che cosa può fare
l’annuncio del Regno, attestato nella Parola di Dio,
nella mia vita quotidiana, nella vita dei miei cari,
e nella vita della mia comunità?».

***

Mt 13-1-23 – La parabola di questa domenica
ci provoca a verificare la nostra fiducia
nella forza dirompente e trasformante
presente all’interno del Vangelo.

Agli occhi del mondo
il Vangelo appare destinato a scomparire
senza tanto rumore
come il seme della nostra parabola,
magari «divorato» dai mass media,
o «bruciato» dai potenti della terra,

oppure «soffocato»
dalle grandi organizzazioni economiche
che spostano ingenti quantità di denaro
a seconda dell’andamento della Borsa.

La parabola, però, mette a nudo l’idea
che abbiamo nel nostro cuore del Vangelo:

quando lo leggiamo o lo ascoltiamo,
siamo convinti del suo potere
di fare ancora cose sorprendenti e imprevedibili,
soprattutto laddove sembra persa ogni speranza,
proprio come è successo a quel debolissimo seme
di cui ci ha parlato questa domenica Gesù?

Foto: Vincent van Gogh, Il seminatore al tramonto,
1888, olio su tela (64 x 80,5 cm),
Museo Kröller – Müller, Otterlo / it.wikipedia.org

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