Le tante verità

Le tante verità e la Verità
«Fede e moralità in Benedetto Croce» di Cristiano Calì

 

Nel biasimare gli «errori» del positivismo
il filosofo denuncia in particolare il fatto
che ha lasciato insoddisfatto il bisogno religioso.
Un’esigenza di significato che si riconosce
nell’ansia di raggiungere un orientamento etico.

Le tante verità e la Verità
Nell’articolo intitolato
Il risveglio filosofico
e la cultura italiana
e scritto nel 1908
Benedetto Croce
metteva in rilievo
l’«affiatamento» teoretico
tra filosofia e religione.

«Se il rapporto della Filosofia
con le discipline naturali
e matematiche è di eterogeneità,
il suo rapporto con la Religione
è invece d’identità.
Religione e Filosofia
vogliono dare entrambe
una concezione della vita,
un’interpretazione reale,
nella quale la mente
e l’animo si riposino».

Parte da questo assunto
la puntuale e ordinata analisi
del pensiero crociano
condotta da Cristiano Calì
nel libro Fede e moralità
in Benedetto Croce
(Roma, Edizioni Studium,
2023, pagine 148, euro 18).

Nell’introduzione,
Maria Vita Romeo evidenzia
che a chi precipita
nel pessimismo e nella disperazione,
Croce rammentava
che la fede morale è dappertutto,
che la fiamma morale alimenta
il faticoso cammino dell’umanità,
anche quando pare
che tutto si ritorca
contro gli operatori del bene.

Croce sosteneva con forza
che la fede,
ossia la volontà del bene,
è «dappertutto».
È anche presso coloro
che sembrano «corrotti» e «cattivi».
Se la società non si disgrega,
è perché le forze etiche
prevalgono sulle contrarie.

«Cieco – dichiara il pensatore
chi non vede la fiamma morale
che alimenta la vita umana;
ottuso chi non sente la poesia
che è nella prosa
che sembra circondarlo;
disgraziato chi è persuaso
di aggirarsi malvagio
tra i malvagi o, peggio,
egli solo buono
fra torme di malvagi».

Le tante verità e la Verità

Nella generale strategia crociana
– tesa a superare
sia gli «errori» dell’idealismo tedesco
sia gli «errori» del positivismo –
acquista rilievo il problema,
ereditato da Hegel, del difettoso
e lacunoso rapporto di opposizione
tra religione e filosofia,
come momenti della triade
dello Spirito assoluto.

In verità, spiega Calì,
a Croce non basterà sottrarre
la religione e la filosofia
ad un rapporto di mera opposizione,
poiché è necessario che entrambe
siano considerate
alla luce di altri «errori».

Nella Logica (1909)
è possibile riscontrare
una precisa definizione
dell’identità tra mito e religione.
Se quest’ultima,
in quanto verità,
è identica alla filosofia,
anzi ad una sorta
di philosophia inferior,
allora è logico concludere
che la filosofia
è la vera religione.

E la teologia?

Essa, per Croce,
è l’estremo tentativo
della religione di evitare
i colpi della critica filosofica,
utilizzando concetti astratti
e scivolando
nell’errore del filosofismo.

Da qui il passaggio oscuro
dal mito al dogma.

Scrive Croce:
«Il mitologismo,
che vorrebbe essere
l’inverso del filosofismo
e lavorare con la fantasia cieca
anziché coi concetti vuoti,
è costretto,
per salvarsi dai colpi della critica,
a ricorrere al filosofismo:
e la religione diventa allora teologia.

La teologia è filosofismo,
perché opera con concetti
vuoti di ogni contenuto
storico ed empirico,
e trasforma il mito in domma.

Il mito della cacciata dal Paradiso
diventa il domma
del peccato originale;
quello del figlio di Dio,
il domma dell’Incarnazione
e della Trinità».

Orientandosi con sicura competenza
tra i meandri della cogitatio del filosofo,
Calì mostra come la direttrice
del sentire crociano punti
– andando oltre ad opposizioni
e convergenze di vario genere –
sul fondamentale dualismo
tra spirito e natura.

Le tante verità e la Verità

La metafisica,
secondo la critica crociana,
sorge dal distacco dai miti
e dalle verità rivelate,
ma per cercare poi la definizione
di categorie filosofiche
attenendosi «malamente»
al metodo delle scienze naturali
o empiriche, le quali
dovrebbero offrire invece il modello
di un approccio scientifico
e non mitico della realtà.

Risiede in questo
il «peccato originale» naturalistico
che grava sulla metafisica,
e che Croce è
«pronto a colpire severamente».

In sostanza,
volendo stare «ben piantata»
sul terreno filosofico,
la metafisica è costretta
ad escogitare formule
che mettano insieme enti
che pretendono
di essere categorie filosofiche,
concetti empirici
che ambiscono
ad essere interpretati
come concetti puri,
forze materiali
che si confondono
con quelle spirituali.

Uno dei motivi principali
della critica
rivolta da Croce al positivismo
risiede nella constatazione
che esso ha lasciato insoddisfatto
il bisogno religioso,
che si riconosce
nell’ansia di verità
e di orientamento morale.

«Senza religione,
ossia senza questo orientamento,
non si vive, o si vive
con animo diviso e perplesso,
infelicemente»,
ammonisce il filosofo.

In effetti, rileva Calì,
il positivismo aveva offerto
le «verità» di stampo naturalistico,
ma aveva asserito che
la «Verità» è inconoscibile.
Aveva offerto a tutti un Pantheon
dove collocare
la propria verità particolare,
e aveva celebrato quel Pantheon
come una conquista «liberale»
che rispetta tutti
e non scontenta nessuno.

***

Le tante verità e la Verità
Ma nel lungo termine,
se la Verità è inconoscibile,
quel Pantheon
– che accogliendo qualunque simulacro
di qualunque verità particolare
avrebbe dovuto garantire
un avvenire di «liberalismo»,
di tolleranza e di concordia –
si rivela «un deposito di rottami»
o, peggio ancora,
«un campo minato»
in cui esplodono
contraddizioni e conflitti.

Alla luce di questa riflessione,
Croce indica l’esigenza
di abbandonare
«la valle positivistica»
dove si può pescare
«tutto e il contrario di tutto».

Così facendo,
per la ricerca religiosa della verità
si aprono due strade.
La prima,
facile e tradizionale,
porta alla chiesa o alla sinagoga
e quindi, secondo Croce,
al «suicidio mentale».

La seconda si configura invece
come l’aspra via
che porta alla conquista della verità
con la forza del pensiero
e non con il mito,
con il metodo filosofico
e non con il metodo empirico
e positivistico.

Su questa seconda strada
si colloca, per il filosofo,
la rinascita dell’idealismo,
cioè la risposta
al bisogno religioso
in termini filosofici,
opposta al positivismo,
alla trascendenza e alla metafisica.

Durante un’intervista,
nel gennaio 1911,
alla secca domanda:
«Si può vivere senza una fede?»
Croce rispose
in modo altrettanto perentorio,
con una spiccata venatura
di carattere sibillino:
«Non si può.
Ma, non dubiti,
la fede non muore.
E quale fede sia la mia,
non glielo voglio dire,
perché è forse qualcosa
di molto vecchio
e di molto semplice,
e che non merita di essere detto».

Gabriele Nicolò, «Le tante verità
e la Verità», in “L’Osservatore
Romano”, giovedì 22 febbraio 2024,
p. 8.

Foto: Benedetto Croce /
nonsolocontro.it

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