La croce

La croce. Seconda stazione. Le misure sbagliate e il peso eccessivo
Via Crucis del malato – Cammino di speranza

La croce. «Perché è toccato proprio a me?»,
è stata la prima domanda.
E, a seguire, alla rinfusa,
ne sono spuntate tante altre:

«Ad essere sinceri, perché proprio questa croce doveva capitarmi?…
Per la verità non me l’aspettavo…
Neanche l’avrei mai immaginato…
Né mi sento •preparato…».

Oppure:
«Perché precisamente in questo momento?
Con tutto quello che avevo da fare…
Adesso che pensavo di…
Avevo deciso di…
Mi ero impegnato a…».

La croce non è evidentemente quella che avresti pensato.
E soprattutto non arriva nel momento giusto.
Essa infatti è sempre irriconoscibile,
inattesa, sorprendente, sconvolgente.
Giunge regolarmente a sproposito.

Non è nemmeno quella che avresti scelto tu,
se te ne fosse stata offerta la possibilità.

Neanche è mai quella giusta.
Ti sembra infatti che non sia la tua,
non ti vada bene,
ci sia stato un errore di consegna.

Inutile sgranare la litania dei perché.
La croce è tua precisamente
perché non è costruita sulla tua misura,
soprattutto risulta spropositata,
ha un peso eccessivo,
né tiene conto delle tue forze,
o della tua mancanza di forze.

Non illuderti perciò di sostituirla,
né tanto meno di abbellirla.

Essa è espressamente brutta a vedersi,
ruvida, ripugnante,
scortica le spalle,
e non solo le spalle.

Cerca quindi di riconciliarti con la tua croce:
tua perché non fa per te,
né è fabbricata su misura,
soprattutto è troppo,
in effetti non rispetta i tuoi orari,
contraddice le tue previsioni,
inoltre manda all’aria i tuoi programmi.

Lui, d’altro canto, non ha detto una parola.
Si è incamminato,
curvo sotto un peso schiacciante,
lungo quella strada,
senza domandarsi se rientrava nei suoi itinerari.

Il Vangelo secondo Luca informa
che «lo conducevano via» (23,26).
Giovanni precisa inoltre
che Gesù «portando la croce, si avviò…» (19,17).

La «via dolorosa» infatti non rispetta i nostri gusti,
non tien conto delle nostre preferenze.

Ti costringe a passare là dove non vorresti.
Non la scegli tu,
come sceglieresti un gingillo.

La croce non è pertanto amabile.
Gesù infatti non ti comanda di amarla.
Lui stesso non ha amato la croce.
Ha invece amato gli uomini fino alla croce
e attraverso la croce,
che è tutt’altra cosa.

L’infermità non va amata in sé.
Devi, piuttosto, amare la vita,
amare… l’amore.

Diffida di un certo dolorismo compiaciuto ed esasperato.
Guardati da un certo vittimismo ambiguo.
A dire il vero, la croce va accolta nell’amore,
e portata con amore,
deve, in altre parole, diventare espressione di amore,
tradursi in esperienza di amore.

Gesù non ti chiederà
se hai amato la croce.
Ma se la croce ti ha condotto ad amare di più Lui,
a capire e compatire i fratelli,
e inoltre a riconciliarti con te stesso,
con i tuoi limiti.

Preghiera

Qualcuno ha detto:
«Il mio dolore io l’ho preso in mano
come uno strumento di lavoro».

Anche per Te la croce è stato un attrezzo di lavoro.
E pure io vorrei fare altrettanto.

Certo,
mi piacerebbe sapere che cosa ne verrà fuori.
Ma devo accontentarmi di lavorare con Te e per Te,
e per chissà quanti altri.

Sospettare che,
solo alla fine scoprirò
che abbiamo fatto, insieme, qualcosa di buono.
E perfino di bello.
A vantaggio di tutti.

Così sia.

Alessandro Pronzato, Via Crucis della Speranza. Tre itinerari,
Gribaudi Editore, Milano 1995, pp. 18-20.

Foto: Disegno a matita di Salomoni Fausto

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