L’inferno. Ci credo, perché ne parla il Vangelo esplicitamente e perché così insegna la Chiesa madre. Ma se non fossi stato un cristiano, né un credente, ci avrei dovuto credere, costretto dall’evidenza di certi fatti, diciamo meglio di fronte alla incredibile ostinazione nel male di cui sono capaci certi nostri sventurati fratelli. Evidentemente mi riferisco a quanto è avvenuto in questi giorni, nel nostro Paese, per quello che hanno saputo fare i brigatisti rossi. Insensibili ad ogni richiamo, con cieca ostinazione, non solo hanno ucciso i cinque della scorta Moro, ma hanno concluso l’ignobile azione, eseguendo la condanna a morte dell’on. Moro. Ed hanno avuto il tempo per riflettere, hanno pur dovuto ascoltare tante parole nuove, avranno letto il messaggio di Paolo VI, che li scongiurava in ginocchio di non voler compiere l’insensato gesto. Ma niente di niente, solo cieca ostinazione.
Infatti l’inferno, secondo la teologia cattolica, può essere solo il frutto di questa incomprensibile ostinazione nel fare il male. Il Signore ha creato l’uomo, con la piena libertà e nel suo immenso amore per lui, ha sacrificato il Figlio per togliere da noi la cecità del cuore, ma Lui è Dio e non toglie mai quel che ha donato, cioè la libertà, anche se qualcuno vuole andare lontano dal suo amore, il che significa l’inferno. I brigatisti rossi e tutti i dittatori della storia umana usano la tortura o la droga, perché i loro prigionieri dicano quel che essi vogliono. Il Signore Dio, non costringerà mai nessuno ad andare con Lui in paradiso.
Purtroppo ci costringono a fare questa amara riflessione, non solo i brigatisti rossi chiusi nella loro bieca ostinazione, ma questo è vero anche per quanti in questi giorni con altrettanta ostinazione vogliono una legge di morte, e intendo dire della legge che legalizza l’aborto. Una legge iniqua che darà alla donna la possibilità di pronunciare la sentenza di morte per un innocente senza alcuna difesa, anche quando questo essere umano non insidia in alcun modo la sua vita sia pure involontariamente.
Ed è molto più penoso, ferisce il cuore e la sensibilità di ogni cristiano, il sapere con quanta ostinazione certi fratelli, che pur si dicono cattolici, si sono mostrati sordi a qualunque richiamo della Chiesa madre, ma che dico, della loro stessa coscienza, perché non approvassero una legge, che nessuna condizione individuale o sociale della donna potrà mai giustificare.
Di fronte a tanta ostinazione, non c’è nulla da fare, neanche il Signore vuol costringere nessuno a pensare come pensa Lui, per questo è stato costretto a creare l’inferno, cioè un luogo dove Lui non c’è, ma senza di Lui c’è il caos immane, l’odio che brucia più del fuoco.
Tuttavia a noi cristiani, finché, come dice il Vangelo, c’è il giorno e la luce, ci sostiene una grande speranza, una speranza che non può morire ed è la speranza che il Signore Gesù ha vinto il mondo e seguita a vincere col fuoco del suo amore: e tanti, una schiera immensa, che oggi seminano cattiveria e morte saranno conquistati al bene, non con la forza, ma con il suo cuore e con l’amore dei suoi martiri.
Per questo, pur credendo con certezza all’esistenza dell’inferno, osiamo sperare e per questo dobbiamo pregare, che nessuno imbocchi questa strada maledetta, salvo che, questo non avvenga perché non ci fu nessuno che parlò loro chiaro e per loro pregò offrendo sacrifici e lacrime.
Cordialmente.
Mancini don Lorenzo.
«Perché credo all’inferno», in “Avvenire”, martedì 30 maggio 1978, p. 10.
Foto: Geranio / Foto dal cellulare