Kassym-Jomart Tokayev

Kassym-Jomart Tokayev – Pugno di ferro sulla rivolta per il gas
Tenaglia sul Kazakhstan

Kassym-Jomart Tokayev. «L’ordine costituzionale è stato largamente ristabilito».

Kassym-Jomart Tokayev, presidente del Kazakhstan
scosso dalla rivolta accesa dall’aumento dei prezzi di carburanti e gas,
ha espressamente richiesto l’intervento della Russia,
la quale conseguentemente , il 6 gennaio corrente,
ha avviato un’operazione di peace keeping
delle Forze dei Paesi del Trattato Collettivo di Sicurezza (Cspo),
inviando nel Paese circa 2.500 militari.

E attorno ad uno Stato chiave della produzione energetica mondiale,
la cui destabilizzazione inciderebbe pesantemente sulle forniture globali,
si alza anche uno scudo di reazioni internazionali
compatto ed inequivocabile.

Dalla Russia, alla Cina – colossi confinanti
con la sterminata e ricca ex repubblica sovietica –
fino all’Iran, la voce è chiaramente una.
Solidarietà con la guida del Paese
che sarebbe sotto attacco di «attori stranieri» (dice Teheran)
o di «forze esterne» (Pechino).

Tutto ciò che è necessario
al fine di riportare in equilibrio uno dei punti d’appoggio
del mercato energetico globale
– mercato che ha accusato picchi di febbre
da martedì ad oggi – sarà dunque fatto.

L’agenzia russa Interfax, non smentita
ed in contemporanea al messaggio di Kassym-Jomart Tokayev,
ha annunciato, non a caso,
che l’invio in Kazakhstan di «unità di peace-keeping»
è garantito «ininterrottamente» da un ponte aereo di 70 velivoli.
Frase esplicitamente attribuita al ministro della Difesa.

La fotografia della situazione la danno però i quattromila arresti
rivendicati dalle autorità kazake,
i 26 manifestanti morti e i 18 feriti
(definiti senza mezzi termini «banditi» «militanti armati» «terroristi»),
i 18 agenti uccisi negli scontri.

Di trattative fra le parti tuttavia non si parla,
nonostante gli inviti alla moderazione dell’Unione Europea.

Kassym-Jomart Tokayev è stato espressamente chiaro.
Per lui «20 mila banditi hanno preso d’assalto Almaty»
(cuore economico del Paese).
E agli inviti alla mediazione
la risposta è stata piuttosto l’ordine presidenziale
di «sparare senza preavviso e per uccidere».

Nel pomeriggio è atteso un altro discorso alla Nazione
del presidente che ha voluto anzitutto ringraziare
il presidente russo Vladimir Putin e quello cinese Xi Jinping:
il primo per l’invio di truppe, il secondo per l’intervento
a sostegno del «ristabilimento dell’ordine dopo il caos».

D’altra parte, attentissimi alla situazione
gli Stati Uniti, con il portavoce del dipartimento di stato Ned Price,
avvertono apertamente che l’amministrazione «sorveglia»
al fine di verificare eventuali abusi dei diritti umani
da parte delle truppe russe in Kazakhstan.

E vigila anche su eventuali azioni che possano gettare le basi
per una presa di controllo delle istituzioni del Kazakhstan.

I prezzi delle materie prime minerarie
e dei carburanti sui mercati internazionali,
al momento, continuano a risentire della situazione.
Il costo del gas è salito ancora sui listini europei e britannici.

E nell’evolversi della crisi
giocherà anche un ruolo l’impennata dei costi dell’uranio,
dei quali il Kazakhstan è fra i maggiori produttori al mondo.

Una crisi umanitaria attanagliata
in un viluppo di interessi internazionali.

Chiara Graziani, «Tenaglia sul Kazakhstan.
Pugno di ferro sulla rivolta per il gas»,
in “L’Osservatore Romano”, venerdì 7 gennaio 2022, p. 1.4.

Foto: Truppe kazake schierate sul viale principale di Almaty
durante un rastrellamento a caccia di ribelli / Reuters

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