Incontro con la Madre

Incontro con la Madre. Quarta stazione. Voglia di tenerezza
Via Crucis del malato – Cammino di speranza

Incontro con la Madre. L’ho sempre considerata
come la «stazione» più difficile da interpretare.

Indubbiamente il Figlio gradisce trovare Maria
lungo la propria via dolorosa.

Allo stesso tempo, però,
avrebbe voluto risparmiarle quello spettacolo penoso.
Insomma, consolazione e tortura al tempo stesso.

Anch’io vivo la medesima situazione
con le persone che mi sono più care.

Da una parte,
ho bisogno della loro presenza partecipe,
in più ho voglia di tenerezza.

Dall’altra,
soffro parimenti nel… farli soffrire
mostrando loro il mio stato.

Ne consegue che gli incontri si svolgono all’insegna della trepida attesa
ma anche dell’angoscia più tormentosa.
E, spesso,
risultano imbarazzanti da tutte e due le parti.

Si finisce perciò per recitare insieme
un penoso gioco degli inganni.
In breve, loro fanno finta di ignorare il mio male,
ne minimizzano ostentatamente la gravità.

E io, quando ci riesco
(devo riconoscere: non sempre)
maschero la sofferenza,
ricaccio in gola le lacrime
fino a rischiare il soffocamento,
inoltre nascondo l’angoscia,
non lascio trapelare i dubbi che mi assillano.

Conseguentemente ci si illude a vicenda.
Tuttavia nessuno, nell’intimo,
è convinto della propria parte, interpretata piuttosto maldestramente.

Forse devo trovare il coraggio
non solo di sopportare la sofferenza,
ma anche di far soffrire chi non vorrei mai far soffrire.

Soprattutto imparare l’umiltà,
che consiste effettivamente nel permettere all’altro
di partecipare in verità al mio dolore.
Nella convinzione che il più grave torto che possa fare
alla persona amata
è quello di impedirle di condividere la mia sofferenza,
portare il mio peso.

Io amo realmente l’altro,
non quando lo escludo dalla mia infermità,
ma allorché gli consento di vederla,
toccarla, impossessarsene, lasciarsene ferire.

E, se non riesco a trovare le parole giuste,
allora rimane pur sempre il messaggio degli occhi,
il linguaggio del silenzio.

Due finte forze si risolvono infatti in debolezza.
Due debolezze riconosciute,
e saldate insieme,
invece, possono diventare una forza.

Il contagio della sofferenza,
quando avviene in un rapporto di amore,
rappresenta infatti una forma di guarigione.

Ossia, il mio dolore, la mia infelicità,
non appena «infetta» una persona cara,
si trasforma in salvezza per entrambi.

Incontro con la Madre. Gesù non ha risparmiato a Maria quello spettacolo atroce.
Né lei non ha risparmiato al Figlio la visione del proprio strazio di madre.
Si sono, per così dire, «passati» il loro dolore,
provocando una fiammata di amore,
che ha toccato e guarito il mondo intero.

Preghiera

Maria,
rendimi cosciente che,
per coltivare la speranza,
bisogna prima di tutto liberare il campo dalle illusioni.

La speranza,
mi rendo sempre più conto,
nasce dal dolore,
non dalle illusioni.

La luce della speranza spunta soltanto
là dove si sono eliminate le maschere,
le ipocrisie, le finzioni e gli inganni,
e si è messo allo scoperto un corpo dolente,
un volto rigato di lacrime e sangue.

Maria,
fammi capire
che un «dolore a due»
ha il potere di generare la speranza.

Alessandro Pronzato, Via Crucis della Speranza. Tre itinerari,
Gribaudi Editore, Milano 1995, pp. 24-26.

Foto: Disegno a matita di Salomoni Fausto

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