Carlo Ceresa

Carlo Ceresa (S. Giovanni Bianco [BG] 1609 – Bergamo 1679)
Un pittore provinciale che parlava al popolo

Carlo Ceresa. Per chi ancora nutrisse dubbi
sulla ricchezza inesauribile del patrimonio artistico italiano,
una visita alla mostra di Carlo Ceresa è del tutto obbligatoria.

Non soltanto perché si tratta di un artista
in sé tutt’altro che trascurabile,
capace talora di vette di grande qualità,
ma anche perché rappresenta un anello esemplare
di quella catena pittorica che fa di Bergamo, città defilata
e minore rispetto alle «grandi» Firenze, Roma, Napoli, Milano,
una terra per alcuni secoli assai vitale.

Già la sede scelta per l’esposizione,
il Palazzo Moroni in Città Alta,
riserva una sorpresa iniziale,
secenteschi affreschi di Gian Giacomo Barbelli,
che illuminano l’austera nobiltà dell’edificio.

Carlo Ceresa
Carlo Ceresa, Visione di San Felice da Cantalice, olio su tela (1644) Inventario dei beni storici e artistici della diocesi di Bergamo / beweb.chiesacattolica.it

Dentro, disposti come in un’antica quadreria,
la curatrice Luisa Vertova ha allineato alcune decine di dipinti di Carlo Ceresa:
alcuni noti, almeno agli specialisti,
ma in maggior parte del tutto sconosciuti o dimenticati,
dispersi com’erano per chiese e chiesette delle valli,
talvolta in pietose condizioni di conservazione
e bisognosi di robusti restauri.

Sono ritratti, ma soprattutto quadri di soggetto religioso,
ispirati alla severa regola secentesca dell’immagine devozionale,
in cui il fedele possa riconoscersi immediatamente,
con semplicità, senza invenzioni intellettualistiche.

Questi due bellissimi angeli, tratti dalla «Visione di S. Felice da Cantalice», del 1644, vivono del realismo delle fisionomie, accentuato da un freddo pallore.

Di questo parlare direttamente al popolo per immagini
Carlo Ceresa si sente in qualche modo interprete naturale,
lui uomo del popolo della Valsassina,
che non è stato a bottega da pittori geniali e famosi
e il suo stile se l’è costruito principalmente da solo.

Dapprima, addirittura, come rivela l’appendice della mostra
che Francesco Rossi ha allestito all’Accademia Carrara,
si affida a un repertorio di immagini già note,
attingendo a piene mani da Tiziano e Palma il Giovane,
dal Cavalier d’Arpino e Barocci, e molti altri,
conosciuti per il tramite di incisioni che ne riproducevano le opere.

In seguito, costruisce su queste basi un proprio stile robusto,
potente, venato ancora di un eclettismo di fondo
ma assai affinato e privo delle esitazioni giovanili.

Cauto, certamente, nell’evitare quegli eccessi di invenzione
sgraditi tanto alle gerarchie ecclesiastiche di allora
quanto ai suoi committenti,
parroci di piccole pievi periferiche;
così come le esagerazioni virtuosistiche che, in quegli anni,
rappresentano una forte tentazione per più d’un collega.

Ma allo stesso tempo, consapevole della propria sobria qualità,
dei propri non indifferenti mezzi espressivi,
e della possibilità di valorizzarli in una pittura senza clamori.

Carlo Ceresa
Carlo Ceresa, Cristo in croce con la Maddalena e due Disciplini / pinterest.it

Del resto, Carlo Ceresa è colto più di quanto non voglia apparire,
ha visto e filtra esempi pittorici importanti:
ad esempio, nel «Cristo in croce con la Maddalena e due Disciplini»
costruisce scorci abilissimi,
inoltre usa con gran sapienza il bianco,
concedendosi addirittura il dettaglio di una straordinaria «vanitas»;

e infine, nel Ritratto di Jacopo Tiraboschi,
il pennello corre fluido, felice, compiaciuto,
è quello di un pittore
che sa di non dover mostrare a nessuno la propria capacità.

Lavorando fuori dai clamori mondani delle grandi città,
Carlo Ceresa può mettere la sordina alla propria maestria,
affidarsi tutto alla sua verve umile e potente insieme,
senza che gli esiti ne soffrano.

È un provinciale, per condizione e vocazione.
Ma di lusso.

Flaminio Gualdoni, «Carlo Ceresa.
Un pittore provinciale che parlava al popolo»,
in “Il Giorno”, domenica 18 settembre 1983, p. 3.

Foto: Carlo Ceresa, Ritratto di Jacopo Fadini Tiraboschi,
olio su tela (1645) Bergamo (BG), Museo – Accademia Carrara /
lombardiabeniculturali.it

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