Benedetto XVI visto da Scelzo

Benedetto XVI visto da Scelzo
E quel volo d’elicottero su Roma segnò l’inizio di un tempo nuovo

 

La lettura profonda
dell’addio al Soglio pontificio
di Benedetto XVI
di un protagonista
della comunicazione vaticana
Il breve viaggio in cielo rese plasticamente
il metodo della riforma silenziosa di Ratzinger
e dei rivolgimenti che innescava
proprio nel momento in cui si ritirava

Benedetto XVI visto da Scelzo – Niente
è diventato più naturale,
nella vita di un pontificato,
di un volo papale.

Almeno da Giovanni Paolo II in poi
con i suoi oltre cento pellegrinaggi
fuori dall’Italia e la lunga visita pastorale,
nel corso degli anni,
a città e regioni della sua seconda patria.

Aveva iniziato, nel 1964, Paolo VI
con lo storico pellegrinaggio in Terra Santa
e l’incontro con il patriarca ecumenico
di Costantinopoli, Atenagora.

Anche papa Francesco,
a cominciare da Rio de Janeiro,
per la Giornata mondiale della Gioventù,
non ha perso tempo,
4 mesi dopo l’elezione,

a salire a bordo di un aereo
e a rendere, poi, ordinari i viaggi
da un capo all’altro della terra.

Ma quel volo, a brevissimo raggio,
quasi da una parte all’altra di Roma,
compiuto nel tardo pomeriggio
di giovedì 28 febbraio 2013,
dall’elicottero con a bordo Benedetto XVI,
di lì a poco Papa emerito,

resta come un salto di secoli
nella storia del pontificato.

Benedetto XVI visto da Scelzo

Alle 20 in punto le due guardie svizzere
di servizio al portone delle ville pontificie
di Castel Gandolfo deposero le alabarde,
mentre veniva ammainata
la bandiera bianca e gialla del Vaticano.

Nel momento in cui lasciarono il loro posto,
chiudendo dall’interno il portone,
si concludeva anche il pontificato
di papa Ratzinger.

Dall’eliporto dei Giardini Vaticani
alla residenza estiva dei Papi
l’elicottero aveva sorvolato Roma
in uno splendido pomeriggio di sole,

lasciando, attraverso le riprese
della Televisione vaticana,
una delle immagini più emozionanti
e suggestive del pontificato:
un addio sereno
e drammatico allo stesso tempo.

A Castel Gandolfo, quella sera,
papa Benedetto andò a concludere
poco meno di otto anni,
esattamente 2.864 giorni,

di un pontificato di straordinario rilievo
nella storia della Chiesa moderna,
anche alla luce del suo esito
così inatteso e sconvolgente.

Benedetto XVI visto da Scelzo

Abituata a trattare la storia
senza timori reverenziali,
la Città Eterna,
consapevole del ruolo,
s’impose come la perfetta scenografia
di un cambio d’epoca,
non solo nella Chiesa.

Un elicottero
con a bordo papa Benedetto XVI
diretto a Castel Gandolfo
e, guardando in basso,
la carta viva della storia di Roma:

l’età imperiale, con il Foro, il Colosseo,
le testimonianze sparse in tutti i suoi angoli,
e lo splendore del Barocco e del Rinascimento
a cominciare dall’abbraccio
del colonnato di San Pietro,
quasi punto di partenza del viaggio.

Intorno come un nastro che riluce,
la fenditura d’acqua del Tevere
che sembra allargarsi di proposito
per avvicinarsi il più possibile
e poi divincolarsi dal colle Vaticano.

Più avanti il cambio di scena
dei quartieri della grande periferia,
coltivazioni di cemento
che lasciano, alla fine,
il passo alla campagna romana
e al verde dei Castelli,

con il lago di Castel Gandolfo
a mettere il punto colorato d’azzurro
a un viaggio più carico di emozioni
che di persone,
accompagnato nel tratto finale
dai riflessi di uno splendido tramonto.

Squarci di autentica e intensa bellezza,
ma non solo.

Benedetto XVI visto da Scelzo

Ogni panorama
è come lo sguardo generoso sulle città,
viste nel loro insieme
ma a distanza di guardia
per evitare visioni più dettagliate.

Restano fuori campo i mali,
vecchi e nuovi,
le crepe, gli abbandoni – di uomini e cose –
i punti e le aree andate a male:

tutte le rughe
che segnano gli anni e i secoli
e deturpano il volto di una città

alla quale la storia
può fare sconti solo dall’alto,
con il manto del paesaggio
steso su rovine che non si vedono,
perché annidate negli angoli
ad altezza e a miseria d’uomo.

Il volo è uno sguardo veloce
e poco profondo
Più di ogni altra al mondo,
Roma nel suo paesaggio incantevole
racchiude come un libro aperto
anche la trama, spesso oscura,
delle sue vicende.

Benedetto XVI visto sa Scelzo

Quel viaggio in elicottero,
attraversando il cuore della sua storia,
ne apriva una nuova.

Il volo stesso
rappresentava il modo del tutto inedito
di dare il seguito a una rottura,
a un mai prima d’ora
che aveva sconvolto il mondo intero.

C’era stato, sì, l’annuncio del Papa
che lasciava il suo posto,
ma ora si vedeva e si compiva l’atto.

Come a far valere
una sorta di diritto dei tempi nuovi,
ecco profilarsi, in quel volo,
l’elemento di una spettacolarità
non messa in conto,
ma alla fine venuta con prepotenza alla ribalta,
fino ad evocare il capolavoro mediatico.

Messe insieme, quelle sequenze,
dall’eliporto nei giardini vaticani,
al sorvolo su Roma
fino all’atterraggio a Castel Gandolfo,
richiamarono il genio dei grandi registi,
primo fra tutti Federico Fellini

e, per l’assonanza con la scena iniziale
– un elicottero che vola su Roma
trasportando un’enorme statua del Cristo –
addirittura “La dolce vita”, un grande
(ma, per la Chiesa del tempo, discutibile)
ritratto d’epoca.

Spinta fino alla forma estrema
di un documento sulla città,
la comunicazione entrava tuttavia
– è il caso di dire – a vele spiegate
in una vicenda dai risvolti tanto ampi
da rivoluzionare, uno alla volta,
tutti i campi attraversati.

Ancora una volta si faceva strada,
in qualche modo,
il metodo della riforma silenziosa
di papa Benedetto;

o forse del Papato in sé
al quale è difficile non riconoscere,
perfino al di là dei diversi protagonisti,
una naturale spinta propulsiva.

Benedetto XVI visto da Scelzo

Chi mai avrebbe immaginato
una fine di pontificato così?

Un viaggio,
non più tuttavia metafora di un trapasso
– come era sempre avvenuto per secoli –
in campo stavolta la concretezza
di un mezzo di trasporto,
l’elicottero per gli spostamenti brevi.

E una rotta a vista d’occhio,
aperta però su un orizzonte
mai tanto vasto e mai tanto inesplorato.

Benedetto XVI visto da Scelzo

Pensare a papa Benedetto
a bordo dell’elicottero,
e a guida, allo stesso tempo,
dei rivolgimenti che il suo atto innescava,
a partire proprio dal campo della comunicazione,
dilatava ulteriormente la misura
di un già diffuso disorientamento.

Lui, il fine teologo,
sotto tiro e bersagliato senza requie
proprio come comunicatore,
nonostante la riconosciuta maestria della parola;

lui, il grande intellettuale,
schivo davanti ai microfoni
e impacciato davanti alle folle;
a suo agio, quello sì,
nelle aule accademiche,

eppure costretto a imbattersi
con l’incidente e la crisi
di Ratisbona- Regensburg,
diventato un capitolo a parte
nella vasta storia dei fraintendimenti
di natura ecclesiale e religiosa e mediatica.

Nessun binomio è parso, a un tratto,
più improbabile di quello tra papa Ratzinger
e la comunicazione.

E il confronto,
fin troppo richiamato,
eppure ineliminabile con il predecessore,
Giovanni Paolo II,
non faceva che allargare il fossato.

Benedetto XVI visto da Scelzo

Ma ora ecco quel volo
a ribaltare teorie e suggestioni,
quasi a riscattare ritardi e incertezze,
perfino a cancellare i giorni bui di Vatileaks,
vista come la Caporetto
dell’intero apparato comunicativo vaticano.

Con l’invadenza
di un segno distintivo della modernità,
quel volo entrava nella storia del pontificato
fino a sconvolgerne i tratti.

Si plasmava,
sotto gli occhi stavolta delle moltitudini
– la folla dei fedeli accorsa per l’ultimo saluto,
quella con lo sguardo in su per tutta Roma
al passaggio dell’elicottero e l’altra, sterminata,
davanti ai teleschermi e ai dispositivi
del nuovo mondo digitale –

un tempo di passaggio della Chiesa,
un prima e un dopo di un pontificato
che, dal Concilio in poi,
aveva gradualmente mutato forma
e con l’elezione di Giovanni Paolo II
compiuto il passo decisivo verso un tempo nuovo.

Benedetto XVI visto da Scelzo

In questo tempo nuovo
il quadrante della comunicazione
occupa ora uno spazio a sé,
costruito in proprio,

e non più per annessione,
secondo la vecchia formula
dell’aggregazione un po’ forzata
a rimorchio di eventi ritenuti più significativi.

Riportare al territorio della comunicazione
la grande storia di un gesto di coraggio,
è operazione temeraria e anche ingiusta.

Ma quel volo, tuttavia,
non può essere considerato solo un simbolo,
per quanto suggestivo
e di grande impatto mediatico.

Come concreto era il mezzo di trasporto,
altrettanto reale
è stato anche il punto di partenza
per un nuovo corso
di tutta la comunicazione vaticana.

Anch’essa, da quel momento,
sempre accanto al Papa, ha preso
– si può dire – il volo verso un tempo nuovo.

Angelo Scelzo, «E quel volo d’elicottero su Roma
segnò l’inizio di un tempo nuovo», in “Avvenire”,
martedì 3 gennaio 2023, p. 3.

Benedetto XVI visto da Scelzo

La foto: È una delle immagini
che resterà nella storia della Chiesa:
a bordo di un elicottero
Benedetto XVI lascia il Vaticano
e raggiunge Castel Gandolfo.
È il 28 febbraio 2013.

Alle 20 di quel giorno,
come annunciato l’11 febbraio
durante un Concistoro, diventerà effettiva
la sua rinuncia al ministero petrino
aprendo di fatto la Sede Vacante
e la convocazione di un Conclave
per eleggere il nuovo Papa.

Prima di lasciare il Vaticano,
Benedetto XVI aveva incontrato al mattino
la quasi totalità del Collegio cardinalizio
e alla loro presenza garantisce
la propria fedeltà e obbedienza
al “futuro Papa che è tra voi”.

Una giornata storica, che chiude un pontificato
durato complessivamente 7 anni, 10 mesi e 9 giorni.

Ma non si tratta di un addio.
“Sono semplicemente un pellegrino
che inizia l’ultima tappa
del suo pellegrinaggio in questa terra
– dice affacciandosi dal balcone esterno
di Castel Gandolfo il 28 febbraio -.

Ma vorrei ancora,
con il mio cuore, con il mio amore,
con la mia preghiera, con la mia riflessione,
e con tutte le mie forze interiori,
lavorare per il bene comune
e il bene della Chiesa e dell’umanità”. – Ansa

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