Atti degli Apostoli 3 – Una predicazione «arcaica»
Atti degli Apostoli 3 – La prima chiesa,
ritratta dagli Atti degli Apostoli,
non si limita ovviamente
a ricevere dei doni
(la visione di Gesù risorto,
l’effusione dello Spirito),
ma si impegna da subito
a testimoniare e annunciare
ciò che le è accaduto.
È quanto Luca
ci racconta in un lungo discorso
attribuito a Pietro, che parte
dalla buffa osservazione
che questi uomini,
che parlano in lingue strane
e potrebbero sembrare ubriachi,
in realtà
non hanno ancora bevuto vino,
anche perché è mattina presto,
ma si comportano in questo modo
per un’altra ragione (At 2,14-15).
Come è ovvio per ogni opera
che pretenda di essere storica
e come ci capiterà
di chiederci più volte
lungo la lettura degli Atti,
insieme alla domanda
su che cosa insegni
ancora a noi oggi
questo annuncio
nasce quella riguardante
la verità di ciò che è narrato:
davvero Pietro
ha detto queste cose?
***
Atti degli Apostoli 3 – Sappiamo bene
che non ci interessa la verità assoluta
di ogni singolo particolare,
ma la proclamazione di una storia
che non abbia
alcun fondamento storico
sarebbe falsa.
È ovvio
che nessuno potrà mai restituirci
la registrazione
di quelle prime parole
ed è anche altamente improbabile
che spunti una cronaca diversa
ma altrettanto vicina
a quegli avvenimenti.
In loro mancanza,
dobbiamo provare a ragionare
su ciò che leggiamo.
Se da una parte Pietro,
già nei vangeli,
era in qualche modo
il portavoce dei dodici,
tanto che poteva essere naturale
che fosse lui a parlare
a nome di tutti
(benché in fondo non ci importi
chi avesse parlato allora,
l’importante era
che rappresentasse i discepoli),
dall’altra parte
qualcosa possiamo ricavare
da ciò che Pietro dice.
E prima ancora di entrare
nel cuore delle questioni,
da buoni detective dell’antichità,
possiamo
trarre importanti deduzioni
da due particolari
che potrebbero sfuggire
a una lettura superficiale.
Atti degli Apostoli 3
Intanto,
Pietro parla di Gesù
come se fosse uno sconosciuto:
«Gesù di Nazareth,
uomo accreditato da Dio
presso di voi…» (v. 22);
«Questo Gesù…» (v. 32);
«Quel Gesù
che voi avete crocifisso…»
(v. 36).
Non pensa di presentarlo come
«Gesù (il) Cristo»,
come se il fatto
fosse qualcosa già ben noto
a tutti.
Presenta invece
uno che gli interlocutori
non conoscono.
Ma è ancora più significativo
un altro passo:
«Dio ha costituito Signore
e Cristo quel Gesù» (v. 32).
Sembrerebbe che Pietro
pensi che Gesù
è diventato Signore e Cristo
solo dopo che Dio,
con la risurrezione,
l’ha costituito tale.
Lo stesso Luca, in realtà,
nel Vangelo che porta il suo nome
aveva spiegato,
nei primi due capitoli,
che Gesù era Cristo
fin dal concepimento.
Ma è comprensibile
che la prima comunità cristiana
abbia capito
solo nella risurrezione
chi davvero Gesù era
e si sia persino trovata a dire
che Gesù era diventato Cristo
nella risurrezione,
prima di riflettere
con più calma e precisione
sugli avvenimenti e trovare
formule teologiche più precise.
***
Atti degli Apostoli 3 – Si direbbe,
insomma,
che il primo discorso di Pietro
sia stato scritto troppo presto;
ma ciò non è verosimile,
perché sicuramente Luca
ha composto gli Atti del Apostoli
dopo il Vangelo che porta il suo nome.
Possiamo allora affermare,
per esprimerci meglio,
che probabilmente l’autore
ha voluto restituirci
quella prima predicazione
nel modo più vicino possibile
a ciò che davvero era stato detto,
a costo di essere impreciso.
Luca voleva farci sentire
«il profumo» dell’inizio.
Fondati nella Scrittura
Atti degli Apostoli 3 – Da dove parte,
allora, Pietro?
Dalla Bibbia ebraica.
Non parte dalla tomba vuota,
come forse avremmo fatto noi.
Ma siccome
sta cercando di annunciare
un evento unico
nella storia della religione,
ritiene opportuno partire
proprio dalla religione.
Noi a volte
pensiamo di poter parlare di Gesù
dimenticandoci del tutto
dell’Antico Testamento,
ma Pietro sta lì a dirci
che ciò non è possibile.
Gesù è cresciuto
conoscendo Dio
innanzi tutto
nell’ascolto della Bibbia,
e per capirlo
non possiamo saltarla.
***
Atti degli Apostoli 3 – In particolare,
Pietro utilizza tre passi.
Due di questi
possono forse sembrarci
più o meno prevedibili:
è innanzi tutto il Salmo 15
che prefigura un diletto di Dio
che sarebbe stato sottratto
alla morte (At 2,25-28;
Sal 15,8-11).
Come fosse un rabbino del suo tempo,
Pietro dà per scontato che il salmo
sia stato scritto da Davide
e fa notare
che però Davide è morto:
a conferma,
tutti sapevano
dove fosse la sua tomba (v. 29).
Siccome però Davide
non parlava per fantasie proprie
ma istruito da Dio,
di certo quel progetto di Dio
si sarebbe prima o poi compiuto.
Ed ecco, dice Pietro,
è oggi che si è compiuto,
e con Gesù (vv. 30-33).
Atti degli Apostoli 3
In aggiunta,
come ciliegina sulla torta,
il primo degli apostoli aggiunge
anche un’altra citazione
di un Salmo (il 109),
che doveva essere stata
enormemente significativa
per i primi cristiani,
perché ritorna
in tanti autori e contesti:
«Dice il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra…»
(At 2,34-35; Sal 109,1),
testo che lasciava intuire
che si poteva continuare
a venerare Dio come Padre
pur ammettendo
che Gesù era Dio allo stesso modo.
Questo passaggio, iniziare
a venerare Gesù come Dio
pur riconoscendolo
in rapporto con un Padre
che supera anche lui,
è stato sicuramente
uno dei più impegnativi
per i primi cristiani:
ci sono arrivati
grazie alle parole della Bibbia,
che li hanno aiutati a capire
ciò che pure
avevano visto e vissuto
ma per la cui descrizione
mancavano loro
le parole adeguate.
***
Atti degli Apostoli 3 – Il primo
dei brani citati da Pietro,
però,
potrebbe stupirci.
È la visione di Gioele (Gl 3,1-5),
che immagina un futuro
nel quale Dio
avrebbe donato il suo Spirito
a tutti, così che tutti
avrebbero potuto parlare
le parole di Dio:
uomini e donne,
liberi e schiavi (At 2,16-21).
E lo scopo
di questo dono dello Spirito
sarebbe stato la salvezza di tutti.
I primi cristiani capiscono
che il fondamento della novità
che stanno vivendo
è ovviamente la risurrezione di Gesù;
ma la vera novità è che Dio
non vuole tenersi staccato
dagli uomini.
Si è fatto conoscere
nella vita di un uomo,
che ha liberato dalla morte
(orrenda per tutti gli uomini),
per certificare che quell’uomo
era davvero secondo il suo cuore;
e poi aveva concesso a tutti,
di qualunque condizione umana,
di parlare per annunciarlo.
Perché se Dio si dona a tutti,
come aveva promesso e fatto
in Gesù, e conferma
che davvero Gesù è affidabile,
non c’è più bisogno,
per ascoltarlo, di essere liberi
(non schiavi), o maschi, o ebrei,
ma davvero
tutti possono capirlo,
incontrarlo, annunciarlo.
Insomma,
quello che per Gioele
era un sogno
degli ultimi giorni,
si è compiuto.
Prima ancora di dire
che con Gesù è vinta la morte,
si dice
che con la risurrezione di Gesù
non c’è più
nessuna condizione umana
che ci possa separare da Dio.
Che cosa fare?
Atti degli Apostoli 3 – È comprensibile
che la prima reazione di chi ascolta
sia chiedere:
«Che cosa dobbiamo fare?»
(At 2,37).
Va comunque notato
che Pietro non è partito dal fare,
dalla morale,
ma dall’annuncio.
Più importante
di ciò che siamo chiamati a fare,
c’è il capire la novità,
intuire che qualcosa di decisivo
è successo,
che da quel momento le cose
non potranno più essere uguali.
Poi, certo,
si risponde anche alla domanda
sul che cosa fare:
«Convertitevi
e ciascuno di voi
si faccia battezzare
nel nome di Gesù Cristo,
per il perdono dei vostri peccati,
e riceverete
il dono dello Spirito Santo»
(At 2,38).
Noi siamo condizionati
da secoli di annuncio cristiano
concentrato sulla morale,
e rischiamo di fraintendere.
Pietro ha detto
che gli ascoltatori sono cattivi?
No!
Allora, perché
dovrebbero tutti convertirsi?
Perché in quello
che lui ha annunciato
c’è qualcosa di nuovo,
di imprevedibile,
a cui bisogna volgersi:
non a caso il senso originario
della parola greca
che traduciamo con «convertirsi»
è «cambiare pensiero».
Atti degli Apostoli 3
Pensavamo
di dover fare delle cose,
un cammino, fatica,
per arrivare a Dio;
pensavamo anche
che alcuni
fossero a Lui più vicini,
che fosse per loro
meno difficile raggiungerlo.
Ma Dio,
nel dono dello Spirito,
ci dice che vuole incontrarci,
e che non mette nessuna condizione.
L’unica cosa necessaria
è che dobbiamo cambiare testa:
smettere di pensare
di doverci conquistare
l’incontro con Lui,
e accettare
che ci sia semplicemente regalato.
A quel punto anche i peccati
possono essere perdonati,
con quel battesimo
nel nome di Gesù
che indica l’intenzione,
da parte del singolo,
di vivere come e con Gesù,
in quell’intimità con Dio
che era di Gesù
e che lui promette a tutti.
A quel punto
possiamo ricevere il dono dello Spirito,
come garanzia, caparra
(cfr. 2 Cor 1,22; 5,5; Ef 1,12)
di quell’unione con il Padre
che potevamo immaginare
ci fosse impedita
e che invece il Figlio è venuto
a rendere possibile a tutti noi.
Grazie a lui
diventiamo pienamente
figli del Padre (Gv 17,20-21).
***
Atti degli Apostoli 3 – È una nuova
creatura senza confini
quella che si spalanca
davanti a coloro
che cercano Dio:
«Per voi infatti
è la promessa
e per i vostri figli
e per tutti quelli
che sono lontani,
quanti ne chiamerà
il Signore Dio nostro»
(At 2,39).
Davanti allo Spirito di Dio
non ci sono confini,
e non ci sono muri,
non c’è nulla
che giustifichi qualunque forma
di pregiudizio o privilegio
di uomini
nei confronti di altri uomini.
Per Dio non ci sono distinzioni.
Atti degli Apostoli 3
Ecco perché
quella che potrebbe sembrarci
una semplice annotazione finale,
un po’ compiaciuta,
sul numero dei convertiti,
presenta comunque un particolare
che, stavolta,
la traduzione non ci consente
di apprezzare appieno:
«Quel giorno,
furono aggiunte
circa tremila persone».
Il greco, però,
non parla di «persone»
ma di «anime»,
che indubbiamente
è un modo
per indicare la persona,
ma vista soprattutto
nel suo rapporto
con lo spirito, con Dio.
Non importa il numero,
importa
che ci siano persone
che entrano finalmente
in rapporto intimo e autentico
con Dio.
Per questo viene lo Spirito,
per questo Gesù ha dato la vita.
Angelo Fracchia, «Atti degli Apostoli:
il nostro libro», in Missioni Consolata,
Aprile 2019, 30-32.
(3 – continua)
Foto: Foto: Beatrice Orlandini,
Icona della Pentecoste