Atti degli Apostoli 1

Atti degli Apostoli 1: Il nostro libro

 

Tempo di novità

Atti degli Apostoli 1 – Spesso si dice che viviamo
in tempi di trasformazione, di cambiamento.
Probabilmente non esiste nessun tempo
che non sia di cambiamento,
ma è vero che certi passaggi storici
sembrano stravolgere tutto ciò che trovano,
e il nostro è uno di quelli.

È comprensibile lo sconcerto
dei credenti in Cristo
che si chiedono come continuare
a nutrirsi della fede
quando tanto sembra contestarla
e spingerla a rinnovarsi.

La paura del cambiamento, ovviamente,
è quella di perdere qualcosa di fondamentale.
Nello stesso tempo è certo che,
restando come ci si era abituati a essere,
si rischia di morire,
ossia che il rapporto con Gesù
diventi insignificante
innanzitutto per noi,
il che sarebbe una grave perdita
per la nostra vita.

Atti degli Apostoli 1

Come fare a mantenere equilibrio
tra conservazione dell’essenziale
e rinnovamento vitale?

Può confortare che il primo libro
nel quale si parla della Chiesa,
gli Atti degli Apostoli,
sia situato su uno sfondo simile al nostro.
Anche nel I secolo d.C., infatti,
c’era un «grande mondo» che affascinava
perché ricco, luccicante, abbagliante:
il potere politico romano,
con i suoi commerci e la facilità dei viaggi,
che grazie alla cultura greca
metteva a disposizione una lingua
con cui farsi capire ovunque
(come oggi l’inglese)
e un modello culturale
attento all’essere umano,
alla sua intelligenza, alla sua autonomia,
al suo farsi da solo
con la forza del cervello
e della propria forma fisica.
Il divino sembrava
più formale e trascurabile.

Accanto,
c’era un «mondo antico» ebraico
fatto di regole minuziose
che però rimandavano
a una saggezza interiore,
di fedeltà al rapporto con un Dio unico,
senza statue né quadri,
un mondo che in fondo
affascinava gli stessi romani.

Gesù non era quasi mai uscito
da questo mondo ebraico,
ma i cristiani si troveranno presto
sfidati a entrarvi:
come farlo
senza perdere la propria anima?

***

Atti degli Apostoli 1 – In queste pagine,
cercheremo di percorrere il libro degli Atti
tenendo sempre sullo sfondo
la nostra situazione e la nostra vita,
per provare a cogliere
che cosa quella vicenda di duemila anni fa
insegna a noi.

Proveremo a lasciarci guidare
dall’ordine del libro biblico,
senza essere noi
a imporgli temi o questioni:
sia lui a portarci dove ritiene opportuno.

Atti degli Apostoli 1
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La copertina

Atti degli Apostoli 1 – Un libro
non si dovrebbe giudicare dalla sua copertina,
anche se già questa ci dice qualcosa
sul suo contenuto: non solo il titolo
o l’immagine sul frontespizio,
ma anche quanto è spesso,
quanto è scritto fitto,
quante immagini ha al suo interno,
sono elementi che già ci fanno capire
se il libro potrà interessarci o no.

Gli Atti degli Apostoli
sono la seconda parte di un’opera
che comprende il Vangelo secondo Luca:
questo vuol dire
che l’autore pensava al Vangelo,
che pure è autonomo,
come un testo in qualche modo
da completare con gli Atti,
i quali a loro volta sono autonomi
ma non possono essere capiti appieno
senza il Vangelo.

Anche se negli Atti
non si cita esplicitamente
il Vangelo attribuito a Luca,
la vicenda di Gesù
resta assolutamente il contesto
nel quale comprenderli:
pur avendo la vita della Chiesa
delle logiche e dei tempi suoi,
è Gesù a renderla sensata.

***

Atti degli Apostoli 1 – Nel leggere in greco gli Atti,
si resta colpiti dalla trasformazione della lingua
che avviene nel corso dei capitoli:
i primi sembrano essere redatti
da qualcuno che, pur scrivendo in greco,
continua a pensare con una testa ebraica
(come succede a chi vuole scrivere
un bell’inglese pur continuando
a pensare in italiano).

Qualcosa del genere
succedeva in effetti anche nel Vangelo,
benché nei primi due capitoli di Atti
questo avvenga in modo più marcato.
Poi, poco per volta,
nel corso della narrazione,
la lingua si purifica,
si fa più elegante, più «greca».
Dalla metà circa del libro in poi,
siamo davanti a un discorso puro,
sciolto, affascinante.
È come se anche il modo di scrivere
progressivamente si facesse più internazionale.
Non a caso i primi capitoli
si svolgono tutti a Gerusalemme,
ma poi un po’ per volta
la geografia si allarga,
e nelle ultime righe
la storia si sviluppa a Roma,
la grande capitale, il centro del mondo.

Atti degli Apostoli 1 – L’introduzione (At 11,1-2)

Luca è uno storico
che conosce bene il suo mestiere.
Gli storici del nostro tempo
dimostrano di fare un buon lavoro
quando usano bene le fonti,
fanno vedere di aver consultato gli archivi
e danno prova di aver letto
le opere degli altri storici.

Al tempo di Luca,
un bravo storico mostrava di essere tale
innanzitutto con due strumenti: i discorsi,
che non dovevano necessariamente
essere fedeli parola per parola
a come erano stati pronunciati,
ma che servivano a spiegare
il senso del momento raccontato,
a chiarire che cosa c’era in ballo,
e poi l’introduzione,
dove lo storico
faceva sfoggio della propria lingua.

Il sottinteso era
che chi scriveva bene
doveva aver studiato tanto,
e quindi essere anche capace
di applicare lo studio nella ricerca
e nell’interpretazione dei fatti.
E Luca mostra eccome
di saper scrivere.

***

Atti degli Apostoli – In pochissime parole,
nei primi due versetti, dice tantissimo.

Intanto
indirizza la sua opera a Teofilo.
Chi sia questa persona,
non lo sappiamo.
Anzi,
potrebbe non essere una persona reale,
dal momento che il nome significa
«amico di Dio»:
può darsi che Luca intenda dire
che qualunque amico di Dio
è il destinatario del suo lavoro.

Era indirizzato alla stessa persona
anche il Vangelo (basta guardare Lc 1,3).
Per rendere chiaro,
fin dall’inizio,
che i due libri vanno letti insieme.

***

Atti degli Apostoli 1 – Luca dice poi
che nel Vangelo
ha esposto quello che Gesù
«iniziò a fare ed insegnare»:
con queste parole
vuole dirci che la vicenda storica di Gesù
non è finita con la sua ascensione.
Il Signore si identifica con la sua Chiesa,
come farà intuire anche a Saulo di Tarso
quando lo incontrerà sulla strada di Damasco:
«Io sono Gesù, che tu perseguiti» (At 9,5),
gli dirà, anche se, a essere pignoli,
Saulo era convinto di perseguitare
non Gesù ma i cristiani.

Nel prologo degli Atti,
quindi, Luca dice
che quello che Gesù ha fatto
nella sua vita non è finito,
ma prosegue nell’opera dei cristiani.
E come Gesù
non ha soltanto insegnato,
ma ha agito,
così anche il cristianesimo
non è questione di conoscenza sola,
né solo di azione,
ma di agire consapevole,
di intuizione che si fa vita vissuta.

Quindi Luca fa notare
che l’opera di Gesù nel mondo
è finita (ascende al cielo)
ma non per caso o incidente:
egli dà disposizioni ai suoi,
organizza la sua partenza,
e infine non è più fisicamente presente
ma solo dopo aver lasciato lo Spirito.
Insomma,
Gesù continua a esserci
ma in una modalità nuova,
che aumenta la responsabilità
dei suoi discepoli.

Gesù in cielo (At 1,3-11)

Atti degli Apostoli 1 – Gesù risorto
non resta nel mondo.
Lo sappiamo.
Anche perché Luca
lo aveva già detto
alla fine del Vangelo (Lc 24,51).

Là, però, sembra
che tutto sia successo
in un giorno solo,
qui si parla di un tempo
di quaranta giorni
tra la risurrezione e l’ascensione al cielo.

Possibile che Luca
si sia contraddetto da solo?

A partire
da ciò che abbiamo già intuito
sulla sua precisione, è improbabile.
Piuttosto, la contraddizione
è uno dei trucchi degli scrittori,
soprattutto nell’antichità,
per suggerire al lettore
quali sono gli aspetti più importanti
cui fare attenzione.

Se nel Vangelo ci dice
che Gesù è asceso dopo un giorno
e poi, negli Atti, dopo quaranta,
significa che la durata non è importante.
E che quindi il dato temporale
vuole indicare altro,
è un dato simbolico.

Gesù nel Vangelo ascende al cielo
il giorno della risurrezione
perché il suo essere il Vivente
e il suo essere alla destra del Padre
coincidono.
Gesù negli Atti ascende al cielo
quaranta giorni dopo la resurrezione,
perché comunque
c’è un distacco tra i due elementi,
la risurrezione di Gesù
non è soltanto un modo per dire
che in qualche modo lui vive ancora,
spiritualmente o nel ricordo:
no, lui è davvero il Vivente,
davvero il suo corpo ha lasciato il sepolcro.
Ma non è più fisicamente tra noi.

La tentazione di aggrapparci alla nostalgia
è umana e Dio la capisce bene,
infatti due angeli, dice Luca in At 1,10,
arrivano a scuotere i discepoli:
«Perché state a guardare il cielo?».
Andate, agite.
Gesù tornerà,
ma adesso non è qui;
c’è lo Spirito Santo
che vi accompagnerà,
ma dovrete metterci del vostro.

Pentecoste – tpi.it

Di nuovo in dodici (At 1,15-26)

Atti degli Apostoli 1 – Cosa fanno i discepoli
appena rispediti nel mondo?
Può stupirci,
ma iniziano prima di tutto
a recuperare le proprie radici.

Innanzitutto,
si trovano nel cenacolo,
ossia là dove avevano celebrato
l’ultima cena con Gesù.
Con loro ci sono la madre
e i fratelli di lui (At 1,13-14):
è chiaro che tutto rimanda
a colui che sembra assente.

E poi ricostituiscono
il numero dei dodici.
Dodici rimandava
al numero dei patriarchi,
alle dodici tribù d’Israele.
Giuda non c’è più,
ma il numero non va perso.

È un rimando importante alla storia
che c’è alle loro spalle,
a quello che noi chiamiamo
tempo dell’Antico Testamento.
Tutto è nuovo,
ma non dimentica le proprie radici.

È poi curioso come procedano
a scegliere il dodicesimo:
selezionano chi è stato testimone
della vicenda di Gesù (At 1,21-22),
e ne trovano due.
Uno dei due
ha una bella presentazione, più ampia
(«Giuseppe, detto Barsabba,
soprannominato Giusto»),
l’altro ha solo il nome, Mattia.
Tra questi si tira a sorte.

Era il modo con cui in Israele
si affidava la scelta a Dio.
Ancora una volta
si ricorre a modalità «antiche»,
tradizionali,
che stanno alle spalle,
per impostare il nuovo che va costruito.

E Dio, stranamente
(ma come ha già fatto tante volte
nell’Antico Testamento),
sceglie colui
che potevamo ritenere svantaggiato.

Fin dall’inizio,
si tratta di collaborare noi con Dio
per costruire il nuovo
che abbiamo davanti
senza dimenticare ciò da cui veniamo.

Angelo Fracchia, «Atti degli Apostoli:
il nostro libro», in Missioni Consolata,
gennaio-febbraio 2019, 30-32.

Foto: Beatrice Orlandini,
Icona della Pentecoste

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