Un Dio senza confini

Un Dio senza confini

 

Gv 19,28-34
Gv 4,10-15

Un Dio senza confini – La brocca abbandonata
è il simbolo femminile dell’entusiasmo
che ha scosso colei che ha trovato
un tesoro prezioso per cui vale la pena
vendere tutto.
La Samaritana
corre a condividere
questa speranza
con la gente del villaggio.
Attraverso la sua missione
l’evangelo arriverà nella terra di Samaria.

A una donna è dato il privilegio
di discutere con il Messia
delle grandi cose di Dio.
Non è un’eccezione:
Gesù considerava le donne
degne interlocutrici,
possibili annunciatrici del regno.

Con loro discuteva, si confrontava,
imbarazzando più volte i discepoli,
che ritenevano poco opportuno
l’atteggiamento di apertura del Messia
e spesso per questo
mormoravano contro di lui

La sete di Gesù

Un Dio senza confini – Gesù
muore sulla croce e chiede da bere.
«Ho sete»: sono le ultime parole
di un condannato a morte.
Gli ultimi momenti di fiato
prima che la vita lo abbandoni.

Costruita su rimandi simbolici,
la scena della crocifissione,
nella narrazione di Giovanni,
vede un Gesù assetato
che invece dell’acqua
riceve una mistura a base di aceto.

E ancora, dal cadavere
trafitto dalla lancia di un soldato
sgorgano proprio quei simboli
che per eccellenza
sono associati alla vita:
sangue e acqua.
Non è un caso che una lettura patristica
ha visto in questa fonte anomala
i segni dei due sacramenti della Chiesa:
l’acqua battesimale e il sangue della cena.

Questi richiami, voluti da Giovanni,
sono costruiti
sia su riferimenti veterotestamentari
che interni alla stessa narrazione
dell’evangelista.

Si vuole così richiamare il lettore
ad un’altra storia,
dove protagonista
fu proprio la sete di Gesù.
Ai piedi della croce,
osservando il Signore
che muore chiedendo da bere,
chi descrive gli eventi
invita gli uditori
a guardare indietro,
a ricordare un episodio
che anticipa e spiega
la realtà futura.

Nella terra di Sicar

Un Dio senza confini – C’è il sole
mentre muore il Signore,
proprio come quella volta quando,
durante un viaggio verso la Galilea,
verso casa, gli affetti, gli amici,
Gesù decide quello strano itinerario
che probabilmente
lascia i discepoli perplessi:
passare per la Samaria,
terra abitata dai fratelli scismatici,
«separati».

Ha sete. È stanco e accaldato.
Tanta polvere nei sandali
per il lungo percorso.

Lì, nella città di Sicar,
egli si siede vicino al pozzo
per potersi ristorare.

Il pozzo

Un Dio senza confini – Il pozzo
è un po’ il cuore di un centro abitato:
le donne si ritrovano,
si scambiano notizie,
trattengono relazioni.
Un viandante,
se vuole conoscere informazioni
sugli abitanti di un villaggio,
si ferma al pozzo,
considerato la piazza del paese.

Quando però Gesù arriva
il luogo è deserto.
È solo.
I discepoli lo hanno lasciato
per andare a comprare
qualcosa da mangiare.

Ed ecco una donna.
L’ora non è delle più adatte
per andare a prendere l’acqua;
le prime ore del pomeriggio
sono davvero troppo calde.

Un Dio senza confini

Come mai esce a quell’ora la donna?
La sua vicenda privata,
i suoi cinque mariti passati,
il convivente attuale,
le creano difficoltà nel villaggio?

Eppure,
quando più tardi parlerà ai suoi,
lo farà con autorevolezza e carisma.
Questi le crederanno immediatamente.

È una donna anomala, la Samaritana.
Intelligente e intrigante
A tratti sembra
che cerchi di sedurre il Messia

Lo stesso narratore ci spinge
a fare queste supposizioni.
Colloca l’incontro proprio nella scena
dove si fidanzarono Isacco e Giacobbe.

Anche Mosè, al pozzo,
può dimostrare il suo coraggio
alle figlie di Ietro (Reuel),
difendendole dai pastori
che le disturbavano.
Egli, tra queste, sposerà Sipporà.

La Samaritana,
come del resto Gesù,
doveva conoscere bene questi racconti:
la dimostrazione di forza
che Giacobbe diede a Rachele
facendo rotolare la pietra del pozzo;
i doni che il servo di Abramo
offrì a Rebecca per concordare
il fidanzamento con Isacco.

***

Un Dio senza confini – Gesù
chieda da bere in un contesto
carico di significati sponsali.
Sarà un caso
che pochi versetti prima
il Battista presenta
il Signore come lo sposo?

La donna si sarà pertanto chiesta
se quel viandante voleva
qualcos’altro oltre all’acqua.

È forse per questo
che risponde a Gesù
che la invita a chiamare il marito
dichiarando di non essere sposata?

Gli ammiccamenti sessuali
sono tanti nel testo.
E nemmeno troppo impliciti:
«Signore,
tu non hai neppure un secchio
per attingere l’acqua
e il pozzo è profondo…».
La donna si paragona
a un pozzo profondo
che ancora nessuno
è stato in grado di colmare.

L’ironia giovannea

Un Dio senza confini – Quando si sfoglia
il Vangelo secondo Giovanni,
si coglie una costante
nei lunghi discorsi di Gesù
con le persone
che via via incontra.

Lo schema delle conversazioni
in molti casi
sembra ripetersi: si parte
da qualcosa di concreto,
come il pane, l’acqua, la luce…
per spingere l’interlocutore
a coglierne il valore simbolico.

Il pane non è solo il cibo
che sazia la fame,
ma è anche il pane della vita
che rivela un aspetto
della messianicità Gesù;
così come l’acqua e la luce…

Gesù è presentato come il pedagogo
che guida chi lo interpella
oltre le domande iniziali,
i significati immediati;
il maestro capace di condurre
il discepolo lungo un itinerario
che culmina nelle decisione
e confessione di fede.

Un Dio senza confini

Anche
nel dialogo con la Samaritana
Giovanni usa questo schema
creando una serie
di piani di comunicazione
che a tratti sembrano incontrarsi,
a tratti s’interrompono.
S’innescano così
apparenti fraintendimenti.

E tuttavia,
mentre negli altri incontri
narrati dal quarto evangelista
il passaggio
è dal materiale allo spirituale,
dalla comprensione superficiale
a una più profonda,
qui la donna sembra indurre Gesù
a rivedere lo schema,
a metterlo in discussione,
e rivestire di carne
le parole dello Spirito.

Adorare il Padre «in spirito»
non significa trasformare la fede
in qualcosa di spirituale
e poco concreto.

Questo è chiaro alla donna,
che sollecita Gesù
a radicare quell’acqua viva
di cui parla
nel concreto della sua storia,
chiedendogli che quest’acqua
sia davvero in grado
di cambiare il suo quotidiano (4,15).

Tutto il corpo è coinvolto
nell’obbedienza a Dio:
chi meglio di Gesù lo sperimenta
mentre muore sulla croce!

Un Dio senza confini

Dunque, solo all’apparenza
questo incontro segue
il consueto modulo narrativo
utilizzato dall’evangelista:
far passare la donna
dalla sete materiale
a quella spirituale.

Tale incontro
sembra così dirompente per entrambi
da fuoriuscire dallo schema
in cui è inserito.
Entrambi colmano una sete.
Lei richiamando Gesù
alla concretezza,
lui offrendo alla donna
un’altra prospettiva del conflitto,
un luogo diverso
dove adorare Dio senza confini.

La disputa

Un Dio senza confini – La Samaritana
non si limita,
secondo la legge dell’ospitalità,
a soddisfare il bisogno fisico di Gesù:
Più che interessata
alla possibile «corte»
di quel viandante,
vuole confrontarsi
e capire le realtà storica e religiosa
che entrambi vivono.

Un Dio senza confini

Assistiamo
a una vera disputa teologica.
Nel dialogo ambedue
creano le possibilità
per potersi confrontare:
lui le rivolge la parola
quando non dovrebbe,
lei lo interpella
sul doppio conflitto
etnico e di genere
che entrambi incarnano

Lui uomo e giudeo,
lei donna e samaritana.
Le loro vite sono divise
da un muro d’odio.

Alla lotta tra i due popoli
che abitano la stessa terra,
si aggiungono i pregiudizi culturali
che subordinano la donna all’uomo
e impediscono a questi
di relazionarsi a tu per tu.

S’innesca tra i due
una conversazione a doppio taglio
che si muove tra il concreto e il simbolico,
il politico e lo spirituale.
«Ma come, tu che sei giudeo
chiedi da bere a me
che sono una donna samaritana?».
Per dire:
«Tu spezzi la consuetudine
e parli con me.
Sai cosa stai facendo?».

***

Un Dio senza confini – Una donna colta
che conosce la storia del suo popolo
e le sue tradizioni religiose.
Fin dall’inizio pone il problema
dei conflitti tra i due popoli.
Ma quante cose vuole sapere!

È un personaggio solare la Samaritana,
proprio come l’ora
in cui avviene l’incontro.
Che contrasto con Nicodemo,
uomo della notte,
che Gesù aveva incontrato
poco prima nel nascondimento.
Lui pieno di titoli,
lei donna senza nome, marchiata
da una possibilità identità affettiva
poco limpida.

Eppure è a lei
che Gesù rivela e affida
una delle verità più grandi.
Egli le conferma di essere il Messia
lo fa con una formula solenne,
con un rimando alla teofania del Sinai:
«Io sono, colui che ti parla»

Lei, dona della Samaria,
riceve come Mosè
la rivelazione divina.
Anzi, la consapevolezza
della messianicità di Gesù
sembra scaturire proprio
del confronto con la Samaritana.
Lei lo incalza perché si «dichiari»:
«So che deve venire il Messia
e ci spiegherà tutte le cose
che tu mi hai appena spiegato».

Gesù, sollecitato dalla donna,
risponde: «Ma sono io!
Colui che ti parla!»,
come se per la prima volta
prendesse piena consapevolezza
della sua messianicità.

***

Un Dio senza confini – La Samaritana
entra in contatto profondo con il Signore,
fa esperienza dell’acqua della vita
e ne dà testimonianza alla sua gente
che arriva a riconoscerlo
come il «Salvatore del mondo».
Questo titolo rimanda
necessariamente alla croce.
Solo alla luce degli eventi ultimi
di quella morte assurda,
si potrà comprendere davvero
cosa implichi
il ruolo salvifico del Cristo.

È la Samaritana la prima missionaria,
colei che farà passare i confini
all’annuncio evangelico,
portandolo proprio
nel territorio più difficile,
nella terra dei disprezzati dai giudei,
la Samaria.
Gesù la ricorderà
mentre lascia la brocca
per correre ad annunciare
di lui ai suoi.

La donna non ha più sete.
La sua sete di Dio è stata colmata.
Colui che ha chiesto da bere
le ha mostrato la sete di Dio
per la gente tutta,
anche quella fuori dai recinti.

La sete di Gesù

Un Dio senza confini – Gesù
muore solo e assetato.
Aveva promesso un’acqua
capace di levare la sete.
Questa promessa,
almeno per lui,
rimane sospesa,
appesa alla croce con lui.

Egli condivide fino in fondo
la condizione fragile dei credenti
che, pur ripieni di acqua viva,
scoprono il mondo
impermeabile al suo assorbimento.
C’è un compimento
che non toglie la sete.

E così Giovanni stabilisce
un legame tragico tra colui
che dà l’acqua viva della vita
e la sua sete.

Sgorga sangue e acqua
dal suo costato trafitto.
Egli, paradossalmente,
proprio mentre muore assetato,
è in grado di rendere visibile
il dono promesso dell’acqua viva:
quella che sgorga dal suo costato trafitto.

Una fede adulta

Un Dio senza confini –  «Venite a vedere
un uomo che mi ha detto
tutto quello che io ho fatto;
non sarà forse lui il Cristo?».
Non una solenne professione di fede,
bensì una testimonianza con il «forse».

La vicenda di Gesù
non ha sciolto tutti i nodi.
Il mondo irredento
che lascia morire di sete un crocifisso
necessariamente destituisce
il linguaggio della solennità
e lascia fluire
quello più umile della ricerca.

Due linguaggi convivono
nell’annuncio della donna:
quello del dubbio
e quello della passione
che la spinge a lasciare tutto
per correre al villaggio.

Il modo discreto con cui la Samaritana
annuncia l’evangelo appena ricevuto,
usando un tono interrogativo
piuttosto che assertivo
mette assieme la parola forte di Gesù
che offre l’acqua viva
e la tragedia di una promessa
non proprio immediata.

La Samaritana è una maestra
nel prendere sul serio la promessa
di acqua della vita,
senza sciogliere troppo in fretta
lo scandalo di un Messia
che muore assetato.

Lidia Maggi, «Un Dio sena confini»,
in Paolo Bill Valente (a cura di), «Al pozzo
di Giacobbe. Il dialogo rivoluzionario
tra Gesù e la Samaritana», Casa editrice
Il Margine, Trento, 2013, pp. 21-28.

Foto: Gesù e la Samaritana
al pozzo di Giacobbe, Piatti dipinti
con scene evangeliche, Manifattura Ginori,
Doccia (Firenze) / anticoantico.com

Lascia un commento