Mt 2,1-12

Mt 2-1-12 – Epifania del Signore – Anno A

 

Premessa

Mt 2-1-12 – Fin dai primi tempi della Chiesa,
i magi hanno suscitato un vivo interesse fra i fedeli.
Sono stati uno dei temi preferiti
dagli artisti paleocristiani:
sui sarcofagi e nei dipinti
appaiono più frequentemente
della stessa scena della natività.

Sulla base di questo interesse,
la tradizione li ha trasformati in re,
li ha contati in tre, li ha fatti diventare
l’uno bianco, l’altro giallo e il terzo nero.

Ha attribuito loro nomi diversi
(in Occidente Gaspare, Melchiorre e Baldassare),
ha disseminato le loro reliquie
da Costantinopoli a Milano, e dal 1162
nel duomo di Colonia in Germania.

Si tratta indubbiamente
di storie piacevoli e commoventi,
ma vanno tenute accuratamente distinte
dal racconto evangelico
al fine di non compromettere il messaggio
che il testo sacro vuole comunicare.

Va subito detto che l’interesse di Matteo,
più che descrivere l’evento dei magi,
è spiegarne il significato.

Mt 2-1-12 – «Dopo che Gesù fu generato
a Betlemme di Giudea, nei giorni del re Erode…» (v. 1)

«Gesù fu generato», il verbo è gennào e, all’attivo,
caratterizza tutta la genealogia di Gesù («generò»:
Mt 1,1-17), ma quando è riferito a Gesù
è al passivo («fu generato»: Mt 1,16.20; 2,1.4).
Betlemme, «casa del pane»,
nella tradizione biblica è la patria di Davide,
luogo dove è stato consacrato re (1 Sam 16,1-3).

Il riferimento cronologico al re Erode
collega Gesù con la storia,
avendo questo idumeo regnato dal 37 a.C. al 4 d.C.
Erode ha poi un peso specifico nella narrazione
non solo per un riferimento temporale,
ma come figura corporativa degli oppositori
di Gesù Bambino.

Mt 2-1-12 – «… alcuni Magi dall’oriente
vennero a Gerusalemme…» (v. 1)

Nel greco classico, μάγος oscilla
tra un’accezione negativa,
che lo rende sinonimo di stregone o incantatore
a causa della pratica di attività illecite
o fortemente dubbie e un’accezione positiva
che lo identifica con un erudito,
esperto tra l’altro di astronomia.

Matteo considera i magi in luce favorevole,
ossia cultori dei fenomeni celesti, astrologi,
ricercatori coraggiosi e ingenui,
ricchi per i doni che portano
e importanti quanto serve
al fine di avere udienza da Erode.

Sulla loro identità, e i loro nomi non dice nulla;
né dice quanti siano (almeno due,
perché parla al plurale μάγοι), né precisa da dove vengono.
Si limita a dire «da oriente», vaga espressione
che potrebbe riferirsi all’Arabia o a zone confinanti,
tutte genericamente a oriente della Palestina.

Mt 2-1-12 – «… e domandavano:
“Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?”» (v. 2)

I magi chiedono anzitutto
dove sia possibile trovare il «re dei Giudei».

Questa domanda contiene il titolo di «re»
che entra sottilmente in polemica
con lo stesso titolo dato a Erode,
in quanto sembra mettere a confronto
la regalità di Erode con quella del neonato,
una falsa e l’altra vera.

Mt 2-1-12 – «Abbiamo visto sorgere la sua stella» (v. 2)

Nel mondo greco-romano, i segni nel cielo
presagivano la venuta di un grande personaggio
o l’accadere di grandi eventi, positivi o negativi.

Molti astronomi hanno dedicato tempo ed energie
al fine di verificare se sia apparso nei cieli
un astro particolarmente luminoso
in concomitanza con la nascita di Gesù.

Hanno verificato che nel 12-11 a.C.
è passata la cometa di Halley, poi nell’anno 7 a.C.
si è verificata per tre volte la congiunzione di Giove
(la stella della regalità) con Saturno
(la stella dei giudei – secondo Tacito).

Ammirevoli per il loro impegno,
ma, portata avanti in questo modo,
la ricerca della cometa di Betlemme ricorda
le spedizioni sull’Ararat al fine di trovare l’arca di Noè.

Mt 2-1-12 – La stella dei magi

Leggendo il testo di Matteo,
gli astronomi dovrebbero facilmente rendersi conto
che l’evangelista non allude a un fenomeno astronomico:

i magi vedono la stella che li precede
mentre vanno da Gerusalemme a Betlemme,
quindi una stella che va… da nord a sud.
Davvero singolare!
Tutti i corpi celesti si muovono da est a ovest.

La stella cui fa riferimento Matteo
non va cercata in cielo, ma nella Bibbia.

Matteo scrive per lettori
che conoscono bene l’Antico Testamento
e da secoli sono in attesa di veder apparire la stella
di cui parla una misteriosa profezia
contenuta nel libro dei Numeri
e che narra la curiosa storia
di Balaam e della sua asina parlante.

Balaam era un indovino, un mago dell’Oriente,
proprio come quelli di cui ci parla il vangelo di oggi.

Un giorno egli, senza volerlo, fa una profezia:
«Io lo vedo, ma non è un avvenimento
che accadrà fra poco; lo sento, ma non è vicino:
una stella spunta dalla stirpe di Giacobbe,
un regno, nato da Israele, si innalza…
Uno di Giacobbe dominerà i suoi nemici»
(Nm 24,17.19).

Presentandoci i magi dell’Oriente
che vedono la stella, Matteo vuol dire ai suoi lettori:
dalla stirpe di Giacobbe è spuntato l’atteso liberatore,
è Gesù. È lui la stella, la luce che illumina ogni uomo
(Gv 1,9), è lui la fulgida stella del mattino (Ap 22,16).

Mt 2-1-12 – «Il re Erode restò turbato
e con lui tutta Gerusalemme…» (v. 3)

I magi giungono a Gerusalemme certi di ricevere
indicazioni precise per la loro ricerca.
Chissà se loro chiedono direttamente a Erode
o se Erode, sentendo che cercano «il nuovo re»,
li fa chiamare per saperne di più.
È certo, tuttavia, che la loro domanda provoca
nel re e in «tutta Gerusalemme»
un profondo turbamento.

Erode comincia la sua ricerca, ansiosa e ostinata.
Consulta i competenti, convoca una plenaria.
Mentre i magi si coinvolgono di persona nella ricerca,
Erode non si muove, inchiodato ad un trono
che sente minacciato e demanda ad altri le indagini (v. 4).
Nel suo cuore non c’è il desiderio dell’incontro con Dio,
ma la ricerca di conoscenze per eliminarlo.

Mt 2-1-12 – «Gli risposero: “A Betlemme di Giudea» (v. 5)

Una fredda e impersonale ricerca d’archivio
porta gli scribi a formulare la risposta,
citando Mi 5,1.3 combinato con 2 Sam 5,2:
a Betlemme e non a Gerusalemme nascerà il Messia.

La conoscenza e l’interpretazione della stella
non è sufficiente al fine di raggiungere il bambino.
Così come la conoscenza delle profezie
non è sufficiente da sola al fine di sintonizzarsi
con gli eventi di Dio,
non basta cioè per incontrare il bambino,
anzi può servire per combatterlo.

Il lettore è informato da Matteo
dei passaggi fatti da Erode – chiamare i magi, interrogarli
sulla nascita della stella, inviarli a Betlemme,
per poi riferirgli – sono una strategia omicida.

Mt 2-1-12 – «Ed ecco la stella, che avevano visto
nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò
sopra il luogo dove si trovava il bambino» (v. 9)

La stella riappare a indicare
il cammino dei magi fino alla meta.
La sua presenza sembrerebbe superflua,
dal momento che i magi sapevano ormai
di dover andare a Betlemme.

La stella e la Scrittura rappresentano le coordinate
al fine di trovare il bambino:
la grazia nella creazione e la rivelazione nella storia,
che sono l’alfabeto con cui Dio dialoga con l’uomo.

Mt 2-1-12: – «Entrati nella casa,
videro il bambino con Maria sua madre» (v. 11)

I magi trovano il Messia non nel tempio di Gerusalemme,
che in molti testi dell’Antico Testamento
è la «casa di Dio» per eccellenza,
non lo trovano nemmeno nella città di Gerusalemme,
che per tutti gli ebrei è la città madre,
ma lo trovano in una casa di Betlemme.

La sola indicazione della madre,
senza alcun riferimento a Giuseppe
che pure si presume fosse presente,
potrebbe essere un sottile indizio del concepimento verginale.

Mt 2-1-12 – «Si prostrarono e lo adorarono» (v. 11)

Ai magi non rimane che prostrarsi,
che consiste nel gettarsi a terra
e nel toccare il suolo con la fronte.
È l’atteggiamento di chi adora la divinità
o comunque riconosce davanti a sé
qualcuno di molto più grande.

La parola “adorare”, anche in italiano, come in greco,
vuol dire “portare alla bocca”, cioè baciare.

Mt 2-1-12 – «Offrirono in dono oro, incenso e mirra» (v. 11)

Considerando i tre doni, non è difficile notare
il loro valore intrinseco e simbolico.

L’oro è un metallo prezioso, l’incenso che è la resina
di diversi arbusti e alberi della specie boswellia,
e la mirra, anch’essa una resina ricavata dalla linfa
dell’albero della mirra (commiphora abyssinica),
non si trovano in Palestina.
Sono, quindi, prodotti di importazione.

Ben presto, già con Giustino martire nel II secolo,
i doni sono letti anche simbolicamente,
sotto l’influsso di Is 9,6 e del Sal 72,10.11.15:
l’oro richiama la regalità, l’incenso la divinità,
la mirra l’umanità del bambino.

Si è parlato dei doni dei Magi,
del loro impegno nella ricerca.
Che cosa ottengono in cambio?
Qual è la loro ricompensa?
Essi «videro il bambino».
Questa la loro ricompensa.

Cristo è la risposta al desiderio profondo di ogni uomo,
il dono perfetto oltre il quale nulla si può desiderare.

Mt 2-1-12 – «Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode,
per un’altra strada si ritirarono nella loro regione» (v. 12)

L’avviso ai magi di non passare da Erode
palesa la cattiva volontà del sovrano.
Egli cerca, ma non trova,
perché guidato da una malefica intenzione.

L’episodio si conclude dolcemente sulle note del ritorno,
al termine di una vicenda avventurosa, ma a lieto fine.
I Magi tornano a casa, così la traduzione italiana.
Il testo greco (anecòresan) precisa che si ritirarono,
fecero gli anacoreti.

Sono uomini nuovi. Sono soprattutto liberi
dagli inganni dell’Erode del mondo
e perciò ritornano alla vita per una via tutta nuova.
L’incontro con Cristo determina una svolta,
un cambiamento di abitudini.

L’Epifania che oggi celebriamo
è aprire la nostra vita all’incontro con Cristo
ed aprire tutti gli spazi possibili
perché egli prenda possesso del nostro cuore
e della nostra mente, al fine di assaporare
la gioia di appartenergli
e di vivere per Lui, con Lui ed in Lui.

Foto: Bartolomé Esteban Murillo, Adorazione dei Magi,
(1655-1660), olio su tela (1908 mm x 1461 mm),
Museum of Art, Toledo, Spagna / it.m.wikipedia.org

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