Famiglie

Famiglie – Perché mi lasciate sempre solo?

Famiglie – Bambini super impegnati,
genitori asfissiati dal lavoro
e dalle incombenze domestiche.
Così al fine di stare insieme in famiglia
rimangono solo brevi momenti.
Una ricerca della Cattolica conferma:
la mancanza di “tempo familiare”
sarà il problema più assillante
dei prossimi anni.

Famiglie – Quanto denaro spendono i genitori
al fine di fare dei loro bambini
dei campioni sportivi, dei piccoli geni,
o dei Mozart in miniatura?

Senza dubbio parecchio,
visto che i diari
sono sempre più fitti d’impegni.

Dopo la scuola ci sono, infatti,
la lezione supplementare di lingua straniera
e la danza, il nuoto e il corso di chitarra,
la lezione di pianoforte e tanto altro ancora.

Impegni utili, certo, che possono contribuire
a responsabilizzare il bambino
e lo aiutano nello sviluppo psicofisico,
anche se questa raffica di scadenze
non va incoraggiata in maniera acritica.

Secondo alcuni pedagogisti,
gli impegni extrascolastici
presenti in modo notevole
nell’orario della giornata,

oltre a caricare il bambino
di compiti eccessivi
e a sottrargli ore di gioco,
sono in realtà
dei surrogati del tempo
che i genitori
non riescono a dedicare ai figli.

Un’osservazione credibile?

Il fatto che nella maggior parte
delle famiglie dei nostri giorni
il tempo da riservare ai figli
sia sempre scarso
è un dato inconfutabile.

E i risultati di una ricerca
realizzata in Lombardia
dall’università Cattolica di Milano
lo confermano.

Donatella Bramanti, ricercatore
del dipartimento di sociologia
dell’Università Cattolica, spiega:

«Senza dubbio molte famiglie
hanno grosse difficoltà su questo fronte,
soprattutto perché
conciliare l’impegno lavorativo
con il tempo da dedicare alla famiglia
è sempre più difficile».

«Si tratta di un problema grave,
veramente grave – continua -,
a fronte del quale non esistono risposte.
Le famiglie sono costrette ad arrangiarsi:
nella maggior parte dei casi
affidano ai nonni la cura dei bambini».

E negli altri casi
ricercano soluzioni all’esterno:
affidandosi alle opportunità
offerte dal “dopo scuola”, per esempio,
o invece ricorrendo alla baby sitter.

Un’altra delle problematiche
che emergono marcatamente dalla ricerca
effettuata su giovani famiglie,
con almeno un bambino e con un capofamiglia
di età compresa tra 25 e 35 anni,
è quella del lavoro femminile.

Donatella Bramanti sottolinea:

«Le mamme si trovano davanti a un bivio:
o restare inserite nel mondo del lavoro,
ma facendo, così tutti i giorni,
i conti con condizioni incompatibili
con le esigenze della vita familiare,
o, al contrario, scegliere di lasciarlo».

«In questo caso, però, – continua –
la scelta rischia di essere definitiva
perché in Italia il mercato del lavoro
non solo non presenta un’adeguata flessibilità,
ma neppure consente un’uscita temporanea
di due o tre anni».

Non a caso lo studio rivela
che le donne, in genere,
«scelgono» di continuare a lavorare.

Tuttavia tra i desideri ricorrenti
segnalati ai ricercatori della Cattolica
esse evidenziano la possibilità
di lasciare l’impiego per due o tre anni,
al fine di dedicarsi alla cura dei figli.

In alternativa, la possibilità
di poter fare riferimento
a un orario di lavoro flessibile
o al part time.

E i papà? Sono disposti
a riorganizzare il loro tempo
in funzione della famiglia?

La ricerca
non offre risposte confortanti:
i padri, anche se giovani,
non sono propensi
a mettersi in discussione.

L’ideale degli uomini, invece,
è che la moglie, prima di tutto,
possa smettere di lavorare,
o comunque abbia un’occupazione
che in termini di impegno fuori casa
sia compatibile con la vita familiare
e con i figli.

Conciliare lavoro e famiglia,
insomma,
non è un esercizio certo semplice.

Ma il futuro
cosa riserva alle famiglie italiane?

Che effetti avrà
il ridimensionamento progressivo
dello stato sociale?
Porterà con sé nuove problematiche
o invece spianerà la strada
ad innovazioni vantaggiose?

Fortunatamente su questo fronte,
il quadro delineato
dai sociologi della Cattolica
è confortante.

«Dal punto di vista delle proposte
si comincia finalmente
a vedere una maggiore attenzione
per la famiglia», osserva ancora l’esperta.

«È vero che il welfare state
si sta ridimensionando
ed è altrettanto vero
che molti servizi
sono ancora poco funzionanti».

E si chiede:
«Ma se guardiamo in faccia alla realtà
cosa scopriamo?».

«Sostanzialmente che le famiglie,
fino ad oggi – risponde –
hanno fatto fronte da sole
a tutta una serie di fatiche e di difficoltà,
sostanzialmente perché nel nostro paese
una vera politica sociale per la famiglia
non c’è effettivamente mai stata».

Adesso, invece,
anche perché incalzati dall’Unione Europea,
il mondo politico e la società civile
si sono resi conto
che è fondamentale tutelare la famiglia.

E in questa direzione
vanno segnalate proposte
come la detrazione per la baby sitter,
la collaboratrice familiare,
i pannolini e altro ancora.

Al declino di una concezione assistenziale
del sostegno alla famiglie
si contrappongono nuovi strumenti.

Resta da vedere se le facilitazioni
influiranno in modo significativo
sui comportamenti concreti.

A riguardo, i segnali provenienti
da altri paesi dell’Unione Europea
non sono molto confortanti.

I sostegni economici alle coppie, infatti,
non hanno determinato
un aumento del tempo dedicato al bambino
o una crescita della propensione
alla nascita di un secondo figlio.

Le famiglie, invece,
hanno incassato i vantaggi economici.
Ma si sono fermate lì.

A riprova che le agevolazioni finanziarie
non risolvono il vuoto culturale
che sta alla base dell’emergenza famiglia.

Ivo Ferrario, «Perché mi lasciate sempre solo?»,
in “Noi. Genitori & Figli”,
Mensile di vita familiare,
Supplemento ad “Avvenire” del
28 marzo 1999, n. 18, Anno III, pp. 12-14.

Foto: Perché mi lasciate sempre da solo /
kiddipedia.com.au

DA SAPERE

DALLA NASCITA ALLA LAUREA 300 MILIONI

Quanto costa un figlio
alla famiglia media italiana?

Secondo le statistiche redatte
dal Consiglio nazionale delle ricerche,
calcolando tutte le spese sostenute
dal momento della nascita fino alla laurea
(posto che in seguito il giovane
esca dal nucleo familiare)
l’importo si aggira sui 300 milioni di lire.

In una famiglia di reddito medio,
con un solo figlio, un bambino da O a 6 anni
costa attorno agli 11 milioni l’anno,
pari a circa 900 mila lire al mese.

Nel paniere di spesa, infatti, troviamo
100-120 mila lire/mese per il guardaroba,
200 mila per l’alimentazione,
40-50 mila lire per i giochi,
100-150 mila lire
per le visite mediche specialistiche.

Nella fascia successiva,
compresa tra i 7 e i 14 anni di età,
l’importo supera i 16 milioni di lire,
pari a più di 1,2 milioni al mese.

Il costo del cibo raddoppia, inoltre,
toccando le 400 mila lire
e lo stesso si verifica per il vestiario,
che si attesta sulle 250 mila
(nell’armadio cominciano ad apparire
i primi capi «firmati»).

Aumenta anche l’importo destinato
alle spese mediche, 400 mila lire
e si aggiungono nuovi costi,
come quelli della scuola
(circa 100 mila lire al mese),
dello sport, dei giochi e del tempo libero
(complessivamente 250 mila lire al mese).

Dai 15 anni in su
l’importo sale ulteriormente
a causa di viaggi,
vacanze di studio,
spese per il computer ecc.

Tuttavia le voci di spesa
sono così eterogenee
che diventa assai difficile
ricostruire precisamente
la loro destinazione.

Da “Noi. Genitori & Figli”,
Mensile di vita familiare,
Supplemento ad “Avvenire” del
28 marzo 1999, n. 18, Anno III, p. 14.

Lascia un commento