Amore

Amore – Incontrare piacere e gioia
rendendo eterno l’amarsi

Amore. Al fine di fare bene l’amore,
come credo Dio lo abbia pensato,
bisognerebbe avere allo stesso tempo
la vitalità del corpo e la saggezza del cuore.

Due condizioni
che molto raramente riescono a coincidere,
e questo fa dell’amore un eterno desiderio,
un’eterna tensione, un rincorrere qualcosa
di cui percepiamo l’attrazione e il fascino
ma che non arriviamo a possedere del tutto.

Come una musica
che sentiamo da lontano,
un profumo
che non riusciamo a riconoscere,
un ricordo struggente.

Il corpo umano riceve la bellezza
attraverso i sensi, che ci attirano con forza
verso gli oggetti del nostro desiderio;
ma ciò che desideriamo ci sfugge,
perché non è sufficiente avere visto,
annusato, ascoltato, toccato la bellezza
al fine di possederla completamente.

Il desiderio ci chiede
di “incorporare” totalmente
e con tutti i sensi
l’oggetto al fine di farlo nostro;
ma incorporare l’oggetto lo vanifica.

Forse fare l’amore
è un’esperienza così speciale
perché tra tutte è la più sintetica,
la più vicina al desiderio di possedere
ogni aspetto dell’altro:

la sua bellezza,
il suo odore, il suo sapore,
la pressione modulata del suo corpo,
il suono della sua voce.

I sensi ci guidano
a un luogo del nostro essere
che promette di essere finalmente
il luogo di un vero incontro.

Ma senza la profondità di un cuore saggio,
la vitalità della giovinezza non è sufficiente,
e troppo spesso
passiamo solo molto vicini uno all’altra,
forse abbastanza vicini
per tornare ancora e ancora
a provare lo stesso desiderio.

Talvolta non riusciamo a incontrarci
perché siamo troppo giovani:
il maschile e il femminile non si capiscono,
si temono, si vergognano l’uno dell’altra.

Da giovani abbiamo forti desideri
ma poca pazienza,
e il sesso è un linguaggio tutto da imparare:
bisogna lasciar andare le idealizzazioni
e accettare le leggi che sfuggono
all’illusione dell’incontro perfetto.

Nella nostra ricerca
qualche volta incontriamo solo il corpo dell’altro,
o forse incontriamo solo il nostro corpo
a contatto col suo:

cerchiamo un’uscita a tensioni fisiche,
affettive, mentali;
vorremmo essere accolti, vorremmo
che qualcuno ci aiutasse
a regolare le nostre emozioni
con accogliente benevolenza.

Vorremmo che il sesso fosse semplice,
e forse lo banalizziamo.

Talvolta incontriamo la nostra
o l’altrui fragilità,
che non possono essere coperte di parole
ma solo taciute
con rispetto e pazienza.

Qualche volta incontriamo il piacere,
che al fine di essere pieno
chiede di essere condiviso
e di colorarsi di tenerezza
a causa dell’indicibile vulnerabilità dell’altro
e a causa della nostra.

Ma se abbiamo un cuore saggio,
oltre al piacere, possiamo imparare
a incontrare anche la gioia, che nasce
quando non guardiamo solo a noi stessi
e al nostro piacere e neppure solo
al piacere dell’altro, ma nell’incontro
lasciamo spazio a un elemento “terzo”:

la fantasia inconscia di generare,
che esprime sempre
(anche quando non è il momento concreto
per un figlio) la tensione creativa
di una coppia che si ama.

La possibilità concreta o simbolica
di fecondarsi l’un l’altro
rende fertile il rapporto d’amore,
lo rende speciale,
e non lo vanifica quando manca
o finisce l’esperienza del piacere.

Il sesso è un dono
che ci apre a un di più,
a un non ancora,
e a un qualcosa d’altro.

È sempre l’esperienza di un quasi:
un quasi incontro,
o un quasi essere uno
senza smarrire il nostro essere due.

Per questo motivo ha bisogno,
al fine di trovare il suo sapore più vero,
di uno sguardo aperto al futuro:
perché è l’apertura al futuro
ciò che rende eterno l’amarsi.

Mariolina Ceriotti Migliarese, «Incontrare
piacere e gioia rendendo eterno l’amarsi»,
in “Avvenire”, domenica 2 gennaio 2022, p. 2.

Foto: Gustav Klimt, Il bacio (Der Kuss),
(1907-1908), olio su tela (180×180 cm),
Österreichische Galerie Belvedere, Vienna /
it.wikipedia.org

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