Ambrogio

Ambrogio – Vescovo e Dottore della Chiesa – 7 dicembre

Ambrogio appartiene alla gens Aurelia, illustre famiglia dell’aristocrazia romana. Quanto al nome, Ambrosius, esso è di origine greca.

Ambrogio nasce nel 339-340 circa a Treviri, sulla sponda della Mosella nelle Gallie, una fra le quattro capitali dell’Impero romano e residenza di Costantino II. Il padre vi trasferisce da Roma la famiglia allorché è nominato prefetto con l’incarico di rappresentare l’imperatore in una regione che abbraccia mezza Europa occidentale.

Dell’infanzia e adolescenza di Ambrogio non si sa alcunché di preciso.

Non rimane molto a Treviri: senza dubbio la morte prematura del padre costringe sua madre a ristabilirsi a Roma, con i tre figli (Marcellina, la maggiore, Satiro e ultimo Ambrogio).

A Roma, Ambrogio segue il percorso scolastico destinato ai giovani della nobiltà. La perfetta padronanza delle tecniche oratorie e la facilità con la quale cita nelle sue opere i grandi classici latini (Cicerone, Virgilio, Sallustio, Orazio), ma anche greci come Omero, Euripide, Sofocle, Platone, Senofonte, rivelano una solida cultura acquisita a scuola.

Ritroviamo Ambrogio dopo il 365 a Sirmio, capitale della prefettura dell’Illiria, nella regione danubiana, ove si prepara a salire i gradi del cursus honorum. Si guadagna la stima e la fiducia del prefetto, Sabino Petronio Probo, consentendogli di bruciare le tappe: da semplice avvocato presso il prefetto, eccolo suo consigliere, quindi eletto consularis e inviato con questo rango a Milano per governarvi la provincia di Liguria ed Emilia, probabilmente nel 370. Il consularis è una figura di primo piano nella burocrazia imperiale, con compiti che riguardano la giustizia, l’ordine pubblico, la viabilità, la riscossione dei tributi, il coordinamento dei governatori delle diverse regioni in cui è divisa la prefettura),

Oggi si definirebbe quella Milano città multietnica e multirazziale, ma anche multireligiosa, perché la preponderante popolazione pagana vive a contatto di cristiani fra i quali più numerosi sono i seguaci di Ario, negatore della divinità di Cristo, condannato dal concilio di Nicea del 325. Li guida da circa vent’anni un vescovo proveniente dalla Cappadocia di nome Aussenzio, un barbaro che non conosce neppure il latino e che, al dire dello stesso Ambrogio, ha conquistato la sede armis exercituque, quindi con la forza. Ma gode di protezione a corte, sostenuto da Giustina, seconda moglie dell’imperatore Valentiniano I, anch’essa ariana.

Alla morte di Aussenzio i contrasti fra ariani e cattolici ubbidienti a Roma si fanno tanto aspri da avvelenare il clima cittadino e da far prevedere possibili scontri tra cristiani, mossi dalla volontà di imporre un successore della propria fazione.

Ambrogio non può restare estraneo in una questione così dibattuta. Ed è proprio nello svolgimento del suo delicato compito di tutore dell’ordine che si verifica un evento certamente non preventivato.

Recatosi in chiesa, prende la parola con manifesti intenti di pacificazione, e ci riesce così bene che si forma un consenso fra i due partiti per scegliere lui come nuovo vescovo. Paolino, il primo biografo di Ambrogio, aggiunge che un bambino grida improvvisamente in mezzo alla folla concitata: «Ambrogio vescovo!». Ambrogio non è neppure battezzato, ma soltanto catecumeno.

Questa elezione a sorpresa, poco comune ma non senza precedenti, irregolare secondo il canone 2 del concilio di Nicea che vieta l’ordinazione di catecumeni, in virtù della crisi che viene a risolvere è ratificata subito dai chierici della Chiesa milanese, poi dai vescovi della provincia, e infine dall’imperatore.

Valentiniano I, un rude soldato non sprovvisto di saggezza politica, si rallegra di vedere nominato a un posto-chiave un alto funzionario di cui conosce l’integrità, la devozione e lo spirito di moderazione.

Ambrogio, da parte sua, escogita immediatamente una serie di stratagemmi per sfuggire a quest’incarico.

Ma alla fine è inevitabile chinarsi di fronte al volere di Dio espresso dal suo popolo. Istruito dal prete cattolico Simpliciano, che continuerà a iniziarlo alla teologia e all’esegesi durante i primi anni del suo episcopato, succedendogli poi alla sua morte, Ambrogio riceve il battesimo, e otto giorni più tardi, il 7 dicembre 374, è consacrato vescovo.

Ambrogio è un uomo del dovere, ha carattere forte e determinato, è combattivo ma al tempo stesso incline alla tenerezza e alla pietà e affronta le situazioni con singolare praticità. Prende molto sul serio il suo gravoso incarico e provvede anzitutto a darsi una buona informazione di carattere religioso con la lettura e la meditazione della Sacra Scrittura e di opere di scrittori greci cristiani, ebrei e pagani e comincia a riorganizzare la sua diocesi.

Ben presto prende le redini della lotta contro l’arianesimo ancora tenacemente resistente a Milano e in alcuni centri della penisola balcanica, con grande energia e buon successo, potendosi valere dell’appoggio di Graziano, Valentiniano II e Teodosio, vanamente osteggiato dall’imperatrice Giustina, madre di Valentiniano II, anch’essa ariana.

Il concilio di Aquileia, tenuto nel 381, sanziona la disfatta dell’arianesimo in Occidente, così come il concilio di Costantinopoli tenuto nello stesso anno fa per l’Oriente.

Negli anni 384-386, Ambrogio si oppone agli ariani che vogliono ad ogni costo una basilica per celebrare la loro Pasqua. Il momento più cruciale si ha nella settimana santa del 386: il popolo, per impedire che gli ariani occupino la chiesa, si asserraglia all’interno della stessa cantando gli inni composti da Ambrogio per incitare il popolo alla resistenza, che alla fine risulta vittoriosa.

Meno felice e accorta è la politica di Ambrogio verso l’Oriente dilaniato da contrasti di fazioni che dividono gli stessi ortodossi: alcune sue azioni, come l’appoggio a Massimo, un avventuriero che ha cercato di farsi nominare vescovo di Costantinopoli in competizione con Gregorio Nazianzeno, denotano assoluta incapacità di comprendere le reali esigenze dell’Oriente, e in definitiva Ambrogio condivide con papa Damaso la responsabilità di approfondire il solco che già da tempo divide l’Oriente dall’Occidente.

Il grande prestigio che Ambrogio gode anche presso la corte, per cui è incaricato di delicate missioni ufficiali, gli assicura autorità per impedire il ristabilimento a Roma, nella Curia, dell’ara della Vittoria (382-384), e poi per intervenire efficacemente presso Teodosio, che nel 388 obbliga il vescovo di Callinico sull’Eufrate a ricostruire la sinagoga, da lui stesso fatta distruggere, e nel 390 ordina la strage di Tessalonica per punire un tentativo di rivolta: la minaccia della scomunica per questo atroce fatto di sangue costringe Teodosio a pubblica penitenza.

Lo screzio, tuttavia, è di breve durata, ed è proprio Ambrogio che nel 395 pronuncia l’elogio funebre del grande imperatore.

Ambrogio fiancheggia sempre la sua azione con gli scritti, e scrive molto su argomenti dottrinali esegetici disciplinari ascetici: il suo prevalente interesse e la sua più felice inclinazione sono le questioni di carattere morale e pratico.

Il Sabato Santo del 4 aprile 397 Ambrogio, che probabilmente non ha ancora raggiunto i 60 anni di età, chiude la sua operosa giornata terrena.

Foto: Sant’Ambrogio / scuolaseriate.eu

Lascia un commento