Vita consacrata1

Vita consacrata1: La testimonianza
Perché ho scelto la castità

 

«Sono passati 22 anni
e le difficoltà non sono mancate
Consacrarsi non vuol dire
diventare un angelo

Ho imparato a non spaventarmi
delle cose che provavo:
un sentimento romantico,
essere affascinata da un uomo,
un desiderio di essere abbracciata
o di essere madre»

Vita consacrata1 – «Marta,
tu non sei fatta per vivere
senza un uomo accanto».
«Una vita senza sesso non è naturale».

Queste e altre furono le cose
che mi sentivo dire quando,
essendo ancora molto giovane
e con tutte le possibilità del mondo,
raccontai ai miei amici la decisione
di fare voto di castità.

Eravamo in discoteca,
il giorno del diploma
dopo la prova di maturità,
a Madrid.

Ci sono state delle scene
veramente buffe quella sera,
in parte per la notizia inaspettata,
e in parte per l’influsso dell’alcol
nei miei amici.

***

Vita consacrata1 – In realtà,
non posso dire
che fosse una mia decisione,
ma piuttosto una risposta ad un invito
che mi sentivo dentro da anni,
e che non ero riuscita ad affogare
anche se avevo provato molto.

Credo di aver avuto solo quindici anni
quando per la prima volta
ho sentito fortemente nel cuore
che Gesù mi chiedeva tutto il cuore.

Ho capito all’istante cosa intendeva:
il mio essere donna, la mia capacità
di appartenere a qualcuno
con un amore totale.

Questa chiamata
si è ripetuta diverse volte
nel corso degli anni,
ma contrastava troppo
con ciò che io ritenevo
fossero i miei sogni,
desideri e attese più profonde:

non ricordo un momento
nella mia infanzia o adolescenza
senza qualcuno accanto,
o nei miei sogni.

Ma la chiamata era insistente,
e non riuscivo a fare finta di niente.
Gesù mi chiedeva il cuore,
tutto il cuore, ogni volta.

Finalmente ho fatto un salto di fiducia:
ho deciso di regalare a Dio i miei sogni
e confidare che Lui non mi avrebbe delusa.

Iniziai il mio cammino
con decisione e anche con gioia.
Forse anche con un po’ di ingenuità.

Mi sentivo
profondamente amata,
cercata, scelta.

***

Vita consacrata1 – Sono passati 22 anni,
e devo dire che le difficoltà non sono mancate.

L’amore nella vita consacrata
è fatto, come ogni amore,
di incontro e di solitudine,
di cielo e di prova.

Dopo i primi anni di entusiasmo giovanile
e di molta consolazione, cominciai a capire
che quel “sì” che avevo dato
il giorno che andai via di casa
doveva diventare vero ogni giorno,
e riempirsi di contenuto ogni volta.

Consacrarsi non vuole dire
diventare un angelo:
le necessità, tendenze
e desideri propri
dell’essere uomo o donna
rimangono lì.

Questo è bello
ma diventa una sfida: l’avventura
di lasciarsi conquistare veramente.

È più facile negare queste forze,
tentare di distrarsi, o far finta di niente
concedendosi piccole fughe di identità.

***

Vita consacrata1 – Io ho avuto
il dono di capire bene
che se Dio mi chiamava
alla vita consacrata
non era per farmi meno donna,

ma che mi proponeva un cammino
– misterioso alle volte –
per realizzare in pieno la mia femminilità.

Piano piano
ho imparato a non spaventarmi
delle cose che provavo:
a volte un sentimento romantico,
essere affascinata da un uomo,
altre un desiderio
di essere abbracciata o di essere madre.

Ho capito
che non dovevo negare
questi desideri,
ma imparare a “decodificarli”

e scoprire che erano manifestazioni
di un desiderio di amore
e di fecondità profondo,
ed era proprio lì
dove Dio voleva incontrarmi.

***

Vita cosacrata1 – Queste esperienze
mi facevano scoprire zone
del mio essere donna
che dovevano
essere conquistate ogni volta.

Capivo che per me
questo era molto importante,
e che se io non mi fossi sentita
pienamente donna nella mia strada,
mi sarei trovata in difficoltà
quando un uomo
mi avesse fatto sentire donna.

Così ho imparato a dare senso
al mio corpo di donna,
alle tendenze
e alle attese più profonde.

***

Vita consacrata1 – Ci sono stati
momenti difficili,
quando mi sembrava
che le creature fossero luminose
come il sole a mezzogiorno,
mentre Dio rimaneva nell’ombra.

Tante volte ho ripetuto al Signore:
«provo questo, ma ti preferisco,
scelgo Te».

Questi passi di fiducia
mi hanno portato ogni volta
a un incontro più profondo,
e a fare l’esperienza che per me
non «c’è amore come il suo,
né Amante come Lui».

Sentendomi amata
ho visto crescere in me
la libertà affettiva:
la capacità di dare
e di ricevere amore
secondo la mia identità.

Il mio universo affettivo
è diventato ogni volta più ampio
e la mia femminilità più luminosa,
perché mi so figlia, sorella, sposa e madre.

Marta Rodríguez (Componente del Comitato
di direzione di «Donne Chiesa Mondo»),
«Perché ho scelto la castità»,
in “Donne Chiesa Mondo”,
Mensile de “L’Osservatore Romano”,
ottobre 2019, n. 83, pp. 14-15.

Foto: Marta Rodríguez,
autrice dell’articolo / cittanuova.it

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