Un infinito ricominciare

Un infinito ricominciare

Un infinito ricominciare – La Bibbia
preferisce di solito le storie di fragilità
e di nuovi inizi a quelle di conservazione.
L’azione di Dio si compie infatti negli interstizi,
il futuro si scrive soprattutto partendo dalle paludi.

Essere nuovi come la luce a ogni alba, come il volo
degli uccelli e le gocce di rugiada: come il volto dell’uomo,
come gli occhi dei fanciulli, come l’acqua delle fonti: […]
principio altro principio genera
in vite irripetibili come le primavere.
David Maria Turoldo

Nella Bibbia sono davvero molti coloro
che, incalzati dalla voce di Dio,
diventano in seguito iniziatori di storie nuove
e generano nuovi inizi.

Si muovono anzitutto per fede,
fede coraggiosa,
perché il coraggio è la virtù degli inizi:
lasciare tutto,
smontare le tende al levar del sole
e inoltrarsi nel deserto;

salpare alla brezza leggera del mattino,
verso una terra mai raggiunta e già perduta.

Alcuni oltretutto sono personaggi enormi,
da cui non si può prescindere,
come ad esempio Abramo,
che parte al lume delle stelle
senza sapere dove andare
(“una terra che io ti mostrerò”);

è nomade,
un ricominciante ogni giorno,
o almeno a ogni fine dei pascoli.

Nella fede davvero siamo tutti figli di nomadi,
nel coraggio di chi crede
che «il carnato del cielo
sveglia oasi ai nomadi d’amore»
(Giuseppe Ungaretti, Tramonto).

Un infinito ricominciare – Come ad esempio Mosè,
fuggito alla condanna a morte in contumacia,
nascosto nelle tende di Ietro
e pastore di un gregge di capre non sue.

Dalla precarietà della sua vita,
attraverso un reticolo di fughe,
chiamate, difetti, ritorni e ripartenze,
inizia praticamente
un’avventura collettiva straordinaria.

I protagonisti della storia sacra,
iniziatori del nuovo,
non sono tuttavia degli eroi
preparati per la loro missione,

ma vengono raccolti
da una cisterna, come Giuseppe, da una prigione
(Geremia), da dietro i buoi (Amos),
da un ramo di sicomoro (Zaccheo),
o rimessi in piedi dopo una sconfitta.

Nella Bibbia, infatti,
il futuro si apre nelle paludi.

Come ad esempio con i Giudici:
Israele si è appena installato sulla terra di Canaan,
ed è subito circondato
da piccoli regni organizzati e bellicosi.
A ogni periodo di relativa pace
succede infatti una invasione,
il popolo è sottomesso e depredato.

Allora nel momento della crisi
sorge un capo, un giudice
che raccoglie i coraggiosi e caccia i nemici.
Gedeone e i suoi trecento.
Sansone. Jefte.

Un infinito ricominciare – A quella liberazione
di nuovo succede un’altra invasione.
E ancora Dio fa sorgere un giudice.

Dio interviene di solito nei vuoti della storia,
con gesta epiche o umili.
Finisce una storia,
ma non finisce la Storia.
Dio sceglie i punti della storia
che un generale non sceglierebbe mai;
i momenti di ritirata, di sconfitta, di fuga.

L’intervento di Dio accade
non sulle facciate gloriose della storia,
ma nei buchi tra un concio e l’altro delle pietre.
Nelle nostre crisi.
Sulla croce di Gesù, proprio là
dove la mano di Dio sembrava più assente,
lì era più presente che mai.

Precisamente al cuore del male,
più che in ogni altro luogo,
affiora la punta acuta e fragile della speranza.

Il nuovo nasce sempre con dolore.
Lo vediamo anche nelle storie dei profeti.

Giona: alzati (kum) e va’ a Ninive.
Il piccolo profeta pauroso,
si alza alla voce di Dio,
ma inizia una fuga lontano dal Signore,
si avventura verso Tarsis,
la terra dove il sole va a morire.

Infine arriverà,
ma sospinto e incalzato
da tempeste e naufragi,
fino a Ninive, la grande capitale,
e cambierà la storia della città.

Un infinito ricominciare
Dirk Bouts, Elia nel deserto, 1464-1468, olio su tavola, Chiesa di San Pietro, Lovanio (Belgio) / co.pinterest.com

Elia: alzati e mangia.
Tutto accade
nel corso di una fuga lunga e disperata,
quando il profeta,
inseguito dai sicari di Gezabele,
sfinito, si lascia cadere sotto una ginestra
e si arrende: basta Signore, meglio morire…

E l’angelo, per due volte:
Elia, alzati, mangia
e rimettiti in cammino.
Il nuovo viene con fatica e coraggio.

Un infinito ricominciare – Da Babele ai salmi

Un infinito ricominciare
Pieter Bruegel il Vecchio, La torre di Babele, 1563, olio su tavola, 114×155 cm, Kunsthistorisches Museum, Vienna / it.wikipedia.org

Prima ancora,
la felice disseminazione
degli uomini sulla terra
ha avuto inizio dal fallimento
della costruzione della torre di Babele,
dalla crisi delle lingue.

Nella Scrittura (Gen 11) si legge di uomini
che volevano costruire un edificio
che arrivasse fino al cielo.
Il più visionario edificio dell’umanità.

Per generazioni
furono muratori di una torre-montagna,
poi Dio li salvò
mandando loro il dono delle mille lingue diverse.
Non una punizione ma veramente un dono.

Così si dispersero
e abbandonarono l’impresa.
Fallirono, ma in maniera grandiosa:
la torre ha come esito
non la conquista del cielo,
ma la conquista della terra.
La disseminazione quindi dell’umanità.

Impararono infatti che il cielo
non si può scalare con impalcature
e che per sfiorare il suo mistero
ci vuole l’efficace umiltà della fede.

Impararono inoltre che per abitare la terra,
per poter esistere come uomini
è indispensabile la diversità,
la benedizione della diversità delle lingue
e quindi delle visioni del mondo,
che è indispensabile all’uomo stesso
affinché possa esistere.

Nacque dunque lungo quella montagna di mattoni,
in un giorno di crisi, il nostro mondo plurale.

Una storia di inizi è celata anche nei salmi.
I salmi sono pieni di canti,
non c’è salmo, se cerchi,
senza il verbo “cantare”,
ma la sorpresa è l’emergere
di una espressione rivelatrice,
così diffusa da esserne assuefatti.

La formula è: un canto nuovo,
una nuova canzone, una nuova melodia.
«Cantate al Signore un canto nuovo» (Salmo 33,3).
«Mi hai messo sulle labbra un canto nuovo» (Salmo 44,4).
«Salvami e ti canterò un canto nuovo» (Salmo 144,7-9).

Quando un uomo esce dall’abisso
ovviamente non ripete parole d’altri,
non intona vecchie canzoni.

Uscire dal baratro è invece nascere.
Ogni nascita è nuova,
ogni salvezza regala vita nuova
e allora anche il canto è nuovo,
una melodia solo tua.

I salmi sono evidentemente
pieni di rinascite e di nuovi inizi.

Spesso nella struttura dei salmi
a un certo punto si incontra un vuoto,
un salto, uno scatto
e improvvisamente il lamento si muta in danza,
il mantello del lutto in veste di gioia,
Dio interviene.

Un punto bianco che si apre,
inatteso e improvviso,
nel cuore della sventura,
come un’esperienza di risurrezione.

La Bibbia sembra perciò preferire
storie di ricomposizione
ai percorsi di integrità conservata.
Ama vicende di ripartenze e ricominciamenti
più che lo svolgimento lineare dei fatti.

Ciò che affascina è la capacità di Dio
di rovesciare le situazioni:
quando tutto sembra finito, al cuore del peggio
la speranza apre le sue ali e sorge il nuovo.

Dai Magi a Saulo

Diego Velàzquez, Adorazione dei Magi, 1619, olio su tela, 203×125 cm, Museo del Prado, Madrid / it.wikipedia.org

Anche la vicenda dei Magi,
riportata da Matteo,
si svolge lungo le stesse direttrici.
«Abbiamo visto la sua stella».

È apparso qualcosa di nuovo nel cielo
e loro, lettori di stelle, rispondono
tracciando sulla terra un percorso nuovo,
dietro una piccola luce notturna
che appare e dispare.

E fanno anche naufragio:
perdono la stella,
giungono nella città sbagliata,
parlano del bambino con l’uccisore di bambini.

Ma poi sanno ricominciare:
ripartono, escono dalla città e dai palazzi,
e ritrovano la stella
che cammina davanti a loro
e traccia la strada.

E alla fine,
dopo aver trovato il bambino
in braccio a sua madre,
ritornano al loro paese,
ma per un’altra strada,
ancora capaci di novità,
pronti a inventare altri cammini.

Sono il modello dei credenti,
detti “quelli della via” (Atti 9,2),
inventori di strade
e non semplici esecutori di ordini.

«Cercatore verace di Dio /
è solo chi inciampa in una stella /
e scambiando oro e incenso
con un ridente cuore di bimbo /
si smarrisce nel pulviscolo magico del deserto»
(Davide Maria Montagna).

Marco Basaiti, La chiamata dei figli di Zebedeo, 1515 ca, olio su tavola, 386×265 cm, Gallerie dell’Accademia, Venezia / gallerieaccademia.it

Anche i primi quattro pescatori del lago
hanno il coraggio degli inizi:
lasciano tutto e seguono Gesù.
Vanno con lui
senza neppure chiedersi dove li condurrà.
In piena incoscienza.

Lasciano così
il piccolo cabotaggio delle rotte sul lago,
per navigare lungo le mappe del mondo:
lasciano il cortile di casa
e cercano i confini della terra;

finite le contrattazioni al mercato di Cafarnao,
imparano l’arte dell’incontro
con mille uomini e donne,
che tireranno fuori dal fondo
dove credono di vivere e non vivono,
mostrando loro che sono fatti per un altro sole,
un altro respiro, un altro cielo.

Sono veri iniziatori di storia:
scambiano le loro barche
con un bastone di pellegrino,
le reti piene di pesci
con le parole lucenti di un giovane rabbì
che ha il potere di risvegliare la vita.

Un infinito ricominciare – Ma il più grande degli inizi,
il primo dei ricominciamenti,
si dipana in quell’alba di primavera,
nel giardino appena fuori Gerusalemme,

dove le donne vanno a prendersi cura
del corpo dell’amato,
come sanno, con ciò che hanno:
coraggio, affetto, e un vaso di profumo.

Un infinito ricominciare
Andrea del Sarto, Noli me tangere, 1510, olio su tavola, 176×155 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze / it.wikipedia.org

Tra loro è Maria di Magdala,
sempre nominata per prima tra le donne
che seguono Gesù dalla Galilea (Luca 8,1-2)
a Gerusalemme, la città che uccide i profeti,
dove lei presidierà,
senza arretrare di un millimetro,
quel piccolo perimetro di terra attorno alla croce.

Alle prime luci del primo giorno della settimana,
Maddalena esce di casa e va verso la tomba.
In lei e nelle altre donne il tempo dell’amore
è più lungo del tempo della vita:
l’audacia di un amore che non si arrende
obbligherà il Dio della vita
a inventare risurrezioni.

Quella donna,
prima abitata da sette demoni,
adesso parla con gli angeli;
la pietra scartata
è diventata testimone per i testimoni.

La straordinaria storia di capovolgimenti
che attraversa tutta la Bibbia,
racconta storie di ricomposizione
più che di perfezione.

La Bibbia sembra infatti preferire vicende di guarigioni
e di infinite riprese, a storie lineari di salute,
di santità, di fedeltà senza cedimenti.

Racconta che le pietre scartate
sembrano servirgli meglio tra le mani.
Quel Dio che rifà nuove tutte le cose (Ap 1,25)
non cerca come collaboratori uomini e donne perfetti,
ma persone vere, coraggiose e senza maschere.

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Michelangelo Merisi da Caravaggio, Conversione di Saulo, 1601, dipinto a olio su tela, 230×175 cm, Cappella Cerasi, Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma / it.wikipedia.org

Altro grande iniziatore
è quel giovane fariseo sanguigno,
Saulo di Tarso, discepolo di Gamaliele,
cacciatore di cristiani.

In quel giorno di Damasco,
drammatico e felice,
quando è abbagliato da un sole
che gli entra negli occhi,
e brucia nel cuore e nella mente,

tutto cambia davvero,
e il giovane fariseo inizia a “pensare in altra luce”.

Saulo, dal nome guerriero,
diventa così Paolo, il piccolo;
il torturatore
diventa il più grande diffusore del cristianesimo.

Di una energia sbalorditiva: tre volte battuto
con le verghe, tre volte naufrago,
una volta lapidato e lasciato come morto (2 Cor 11,25).

Si apre per lui
qualcosa che occhio non vide mai,
che orecchio non udì mai,
una visione totalmente nuova:
in effetti «non c’è più né Giudeo né greco,
né schiavo né libero, né uomo né donna,
ma tutti siamo uno in Cristo» (Gal 3,28).

Un infinito ricominciare – La verità è un cammino

«L’inizio della vita, per me, è la fine,
e la fine, per me, l’inizio»
(Simeone il Nuovo Teologo, Inni 42, SC 196).

Le storie che racconta il Libro quindi
non sono mai storie lineari di perfezione,
ma di sabbie mobili, di rocce accidentate,
e fatti non di rado perfino amorali.

Non racconta l’ideale,
ma ci mostra come nel reale
possiamo ricominciare
e fare la differenza.

La Bibbia è infinita anche per questo,
non racconta la storia patinata
che si stampa sulle facciate dei palazzi,
delle fortezze, dei templi
ma una storia degli interstizi.

Storia non fondata sulle apparenze possenti,
ma sulle fessure e sui punti deboli.
Non sono per la verità personaggi infallibili,
ma pieni di fragilità e di coraggio,
ed è una buona notizia per noi.

E Dio sembra ripetutamente
preferire storie di ricomposizioni
a storie infrangibili.
Sono davvero racconti generativi di novità.

Vivere è l’infinita pazienza di ricominciare.
La pazienza non è debolezza,
ma la virtù di vivere l’incompiuto in noi.

La Bibbia racconta storie
per farci entrare nella realtà
con sguardi disarmati, coraggiosi e pazienti:
perché non offrono verità oggettive o imperativi,
ma vicende che si dischiudono pian piano,
liberandoci dal pensiero ripetitivo,
sotto il vento e il sole dello Spirito.

Donandoci il coraggio di sciogliere le vele (2 Tim 4,6)
e di salpare verso terre nuove.
Con la fede non mancherà mai il Vento al mio veliero.

Ermes Ronchi (biblista), «Un infinito ricominciare», in
“Luoghi dell’Infinito”, gennaio 2022, n. 268, pp. 9-15.

Foto di apertura: Michelangelo Merisi da Caravaggio,
Sacrificio di Isacco, 1603, olio su tela, 104,0×135,0 cm.
Galleria degli Uffizi, Firenze / artribune.com

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