Traduzione

Traduzione – Una nuova traduzione
della Bibbia edita da Einaudi

Traduzione – Le Sacre Scritture
nascono e si mantengono plurali,
tracce di un Dio vivente.
Bando alla monotonia,
benvenuta polifonia.

Infatti, la nuova traduzione italiana
della Bibbia, edita da Einaudi
(Torino, 2021, pagine 3722,
euro 240), è segno di come
non bastino certamente
le letture già avvenute
e le interpretazioni cristallizzate.

Un contributo,
peraltro, atteso.

In effetti, se il primo accostamento
al canone – per secoli interdetto
ai cattolici fuori dal contesto liturgico –
lascia trasparire la multiformità
di una biblioteca sorta
nello spazio di circa mille anni,

solo il non adagiarsi
nell’abitudine
a un’unica traduzione
tiene vivo l’appello al lettore.

Egli, infatti, deve coinvolgersi:
quanto è scritto lo mobilita,
semina interrogativi
e solo in quel caso
agisce come Parola di Dio.

Era, perciò,
particolarmente urgente,
interrompere il monopolio
che in Italia
le versioni Cei (1974 e 2008)
hanno de facto instaurato.

Enzo Bianchi
ne ha diretto il progetto,
che ha visto, tra l’altro,
il coinvolgimento
di un team di dodici
tra i più autorevoli
biblisti del Paese

Adesso, finalmente,
è giunto, in libreria,
e rappresenta, di fatto,
una vera e propria svolta,
di cui credenti e non credenti
potranno, pertanto,
beneficiare per decenni.

Il testo ebraico vive da sempre
delle diverse vocalizzazioni
e di continue riletture.

Di queste riletture
lo stesso Nuovo Testamento
rappresenta, a questo riguardo,
il caso verosimilmente
più emblematico.

Perché, a dire il vero,
non nasce
come un’altra Bibbia,
ma come ripresa dal principio
(cf. Marco 1,1; Matteo 1,1;
Giovanni 1,1)
della storia di salvezza.

Il cristianesimo
emerge già
da quelle pagine
come arcipelago
di “cristianesimi”.

L’unità di questo arcipelago
è frutto anzitutto dello Spirito
e si dà precisamente
nella tensione,
cioè nel dinamismo proprio
della vita di persone
e gruppi toccati dalla grazia.

Se di questo non si trattasse,
la vicenda del rapporto
tra Chiesa e Bibbia
non sarebbe tanto travagliata.

Alla necessità umana
di configurare istituzioni,
rapporti, sistemi di pensiero,
resiste, certamente,
non solo l’imprendibilità di Dio,

ma anche
il suo nome impronunciabile
che è di fatto garanzia
di presenza e di futuro,
ma nella libertà.

Si tratta, perciò,
di testi che incorporano
una battaglia anti idolatrica
cui soltanto
la loro continua riapertura
rende adeguatamente ragione.

La stessa Chiesa,
che esiste soltanto
nel plurale delle Chiese,
è in tal senso
sotto la Parola di Dio.

Le risponde
venendone smossa,
così da rimanere
corpo vivo,
al di là delle paralisi
delle sue membra.

In questo caso, tradurre
è certamente un modo
di non abdicare.

Ossia di rimanere
nel faticoso corpo a corpo
col testo, che somiglia alla lotta
tra Giacobbe e il Signore,
da cui Israele esce azzoppato,
ma benedetto (Gn 32,23-33).

Preferire la ferita
alla forma perfetta:
l’avanzare senza perfezione,
in modo alquanto scomposto,
è certo indice di un incontro
che fa da vulnus
all’autoreferenzialità.

Zoppica una Chiesa
alle prese con il Vivente,
ma cammina.

Felice, inoltre, la scelta
dei curatori di inserire,
a ogni occorrenza
del nome impronunciabile
del Dio biblico,
l’espressione SIGNORE
in stampatello.

Graficamente uno strappo,
un’interruzione ripetuta,
promemoria
– come il tetragramma ebraico –
di una presenza che cerca espressamente
chi legge, al fine di ingaggiarlo
in una storia d’amore personale.

È davvero significativo
che sia Einaudi a promuovere
questa avventura editoriale
e che tra il 1945 e il 1947
il progetto fosse già stato concepito
da Cesare Pavese,
come avvio della collana I millenni.

Tutto ciò rivela
non solo che con la Bibbia
si tratta del grande codice
della nostra civiltà,
ma anche che in essa
può avvenire l’incontro
tra Chiesa e mondo contemporaneo.

Le Scritture sono ospitali:
c’è chi ha descritto la Torah
come «una patria portatile»
per l’Israele disperso.

Ma forse l’umanità intera,
in diaspora da sé stessa,
può sicuramente imparare
dal popolo eletto
a ritrovare nella Bibbia
il paesaggio di casa.

Non è un caso, infatti,
che sant’Ignazio inviti
alla «composizione di luogo»,
educando così
negli esercizi spirituali
non solo ad abitare le scene,

ma anche a farsi
contemporanei dei loro protagonisti,
e, inoltre, a mobilitare
un’intelligenza delle connessioni
che congiunge mente e cuore.

Così, la presenza in libreria
di una Bibbia in versione
meno ecclesiastica,
in una traduzione
che fa lo sforzo di spogliarsi
del bagaglio dottrinale che ognuno
porta naturalmente con sé,

può darci verosimilmente
una percezione diversa
e dei destinatari di Dio,
dei confini della Chiesa,
e dell’ispirazione dello Spirito.

È certamente la direzione
su cui il concilio Vaticano II
ha impegnato il cattolicesimo
a rileggere sé stesso.

Solo l’apparato iconografico,
all’interno dei tre volumi
in cui la nuova Bibbia
è organizzata,
appare come agli antipodi
della contemporaneità
ed estraneo al corpo del testo.

A questo proposito,
il nuovo Evangeliario
ambrosiano, invece,
rappresenta, da dieci anni,
un punto di non ritorno.

Per questo motivo,
nel nostro Paese,
a livello artistico
si poteva osare di più,
andando fino in fondo
nella dinamica
della traduzione.

Tuttavia,
se le immagini deludono,
i testi, invece
– ed è ciò che più conta –
vibrano, sorprendono,
incantano.

Specialmente i più noti: dai salmi,
ai vangeli, agli snodi fondamentali
della Torah, la serietà e la poetica
di quest’opera indubbiamente
restituiscono a Dio la parola
e al lettore
il più profondo desiderio.

Sergio Massironi, «Corpo
a corpo con la Parola.
Una nuova traduzione
della Bibbia edita da Einaudi»,
in “L’Osservatore Romano”,
martedì 4 gennaio 2022, p. IV.

Foto: Bibbia, a cura di Enzo Bianchi,
Mario Cucca, Federico Giuntoli,
Ludwig Monti, Einaudi,
I vol. pagg. LXXXI-1538;
II vol. pagg. XLIX-1302;
III vol. pagg. LIII-869, € 240,00 /
einaudibologna.it

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