Somalia

Somalia, la rinascita compromessa
Il Paese africano frenato da carestie e siccità

Somalia. Mentre una consistente parte di mondo
è ancora immersa nel clima consumistico
che caratterizza in particolare questo periodo dell’anno,
un’altra si appresta ad affrontare la «quarta stagione consecutiva di piogge fallite».
Parliamo della Somalia, una delle regioni più martoriate del rovente Corno d’Africa.

A tracciare il quadro della precaria situazione somala
è l’Ufficio Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA),
in tandem con il governo somalo, attualmente interessato dalle nuove elezioni.

Quando si parla di clima in Somalia non si può più ricorrere alla parola ”emergenza”,
poiché dal 1990 a oggi la regione ha subito 31 eventi legati ai cambiamenti climatici:
12 episodi di siccità e 19 inondazioni.

«Afflitta da decenni di conflitti, shock climatici ricorrenti, epidemie e povertà,
la Somalia è stata spesso definita uno “stato fallito”.

La narrazione ora però sta cambiando e, per quanto fragile,
la Somalia è sulla strada della stabilità
e la resilienza del popolo somalo non è seconda a nessuno – illustra Adam Abdelmoula,
resident e humanitarian coordinator delle Nazioni Unite per il Paese africano -.
Come ha notato un analista, il suono del martello
sta ora sostituendo il suono degli spari nella capitale della Somalia».

Nonostante una fragile ripresa, le proiezioni delle Nazioni Unite per il prossimo anno,
rese note da Abdelmoula, prevedono che circa 7,7 milioni di somali
(quasi la metà della popolazione del paese)
richiederanno assistenza umanitaria e protezione.

Ad oggi, superano i due milioni le persone che abitano in distretti (57 su 74)
colpiti dalla grave carenza di acqua, di cibo e dall’emergenza pascoli.

I bacini di acqua sono prosciugati
e oltre l’80 per cento della popolazione sta affrontando gravi condizioni di siccità.
Già nel 2017 ne sono state vittime oltre sei milioni di persone
e la grave crisi umanitaria ha interessato soprattutto pastori e agricoltori.

Il fallimento del raccolto, spiega il coordinatore umanitario Onu,
è previsto nella maggior parte delle aree agricole
e le condizioni di siccità non prevedono miglioramenti almeno fino a marzo 2022.

Lo stress climatico imposto all’ambiente
si riflette in egual misura sugli abitanti di quegli stessi territori.
«Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale,
bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale»
si legge del resto nella Laudato si’ di Francesco.

«La situazione è grave – ha affermato il ministro somalo degli Affari umanitari,
Khadija Diriye -. Le famiglie stanno perdendo il loro bestiame,
una fonte fondamentale di sostentamento in Somalia
e potrebbero morire di fame nei prossimi mesi».

Alla luce di questa grave situazione di siccità,
un mese fa il governo somalo ha dichiarato lo stato di emergenza umanitaria.
Tuttavia, il Piano di risposta umanitaria 2021,
che richiede 1,09 miliardi di dollari, rimane finanziato ancora al 70 per cento.

«Sono urgentemente necessarie risorse aggiuntive
per evitare che una situazione umanitaria già disastrosa
diventi una catastrofe», ha aggiunto Abdelmoula.

«La povertà di acqua pubblica si ha specialmente in Africa,
dove grandi settori della popolazione non accedono all’acqua potabile sicura,
o subiscono siccità che rendono difficile la produzione di cibo
-scriveva già 6 anni fa Papa Francesco sempre nella Laudato si’ -.

Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri
che non hanno accesso all’acqua potabile,
perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita
radicato nella loro inalienabile dignità.
Questo debito si salda in parte con maggiori contributi economici
per fornire acqua pulita e servizi di depurazione tra le popolazioni più povere».

Sono circa 40 i miliardi di dollari che i Paesi sviluppati
si sono impegnati a corrispondere a quelli in via di sviluppo
entro il 2025 per compensare l’adattamento climatico.

È quanto previsto dal patto per il clima di Glasgow,
concordato durante l’ultima Cop26, conferenza nella quale è parsa chiara
l’impossibilità di agganciare un obiettivo fondamentale per l’inversione di rotta,
ovvero arrestare la corsa di emissioni globali entro il 2030.

Motivo per cui, nelle grandi nazioni del mondo
si stanno concentrando sempre più risorse
nell’individuazione di soluzioni efficaci per l’inevitabile aumento delle temperature.

L’agenzia Reuters riporta che Bank of America stima una spesa annua,
entro i prossimi cinque, di 2 mila miliardi di dollari
investiti dal mercato complessivo per l’adattamento climatico.
Mentre la Commissione globale sull’adattamento delle Nazioni Unite (GCA)
afferma che un investimento di 1,8 mila miliardi di dollari, effettuato entro il 2030,
produrrebbe oltre 7 mila miliardi di dollari di benefici
in costi evitati dagli effetti dei cambiamenti climatici.

Sono centinaia le aziende che già ora investono annualmente
decine di miliardi di dollari l’anno
per creare tipi di colture capaci di resistere alla siccità,
per studiare infrastrutture adatte a proteggere le coste dalle inondazioni
o ideare strumentazioni in grado di desalinizzazione
e rendere potabile l’acqua salata nelle aree colpite dalla siccità.

Tuttavia, l’impianto economico dei Paesi più sviluppati al mondo,
quelli seduti al tavolo della Cop26, rimane quello di sempre.
Ovvero, investire denaro per mantenere stabile la propria crescita
e, allo stesso tempo, spenderne altro per individuare soluzioni utili
ad arginare i danni socio-ambientali di quel progresso.

«Se “i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo,
perché i deserti interiori sono diventati così ampi”,
la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore
– scrive Francesco nella Laudato si’ -.

Si può aver bisogno di poco e vivere molto,
soprattutto quando si è capaci di dare spazio ad altri piaceri
e si trova soddisfazione negli incontri fraterni, nel servizio,
nel mettere a frutto i propri carismi, nella musica e nell’arte,
nel contatto con la natura, nella preghiera.

La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono,
restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita».

Elena Pelloni, «Somalia, la rinascita compromessa. Il Paese africano frenato da carestie e siccità», in “L’Osservatore Romano”, lunedì 3 gennaio 2022, p. 9.

Foto: Mappa della Somalia / africarivista.it

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