Lezione di inglese

Lezione di inglese

 

«Non c’è pace senza giustizia,
non c’è giustizia senza perdono»:
è il messaggio di Giovanni Paolo II
per la Giornata mondiale della pace
(1 gennaio 2002).

Lezione di inglese – Siamo fra coloro
che non gradiscono il colonialismo
dell’inglese sull’italiano.
Ci domandiamo, ad esempio,
perché tanti giornalisti
usino il termine «partnership»
invece di «associazione».

Abbiamo arricciato il naso
persino di fronte ad un articolo
di Carlo Maria Martini,
dove spiccano due espressioni
in lingua inglese.

«Pace non è solo assenza di conflitto
– scrive l’arcivescovo di Milano -,
cessazione delle ostilità, armistizio.
Pace è frutto di alleanze
durature e sincere
(enduring covenant
e non solo enduring freedom)» /
(la Repubblica, 7 dicembre 2001).

Lezione di inglese

Enduring freedom (libertà duratura)
è un’espressione che sta rimbalzando
su ogni giornale e telegiornale,
perché designa la guerra
degli statunitensi e dei loro alleati
contro Bin Laden e soci.

Della «libertà duratura»
scrive pure Martini,
ma con un «non solo»:
infatti devono esserci
anche «alleanze durature».
E, per coglierne il significato,
il cardinale
ricorre alla parola «covenant»
e non «alliance».

***

Lezione di inglese – Alliance
indica un patto politico,
sindacale o economico
che si fa e disfa; nella storia
è stato spesso un pezzo di carta,
che si straccia e butta.

Covenant, invece,
è l’alleanza inscindibile e duratura
di Dio con gli uomini,
il cui garante è lo stesso Eterno.
È un’alleanza-perdono
che culmina in Gesù Cristo,
venuto per cercare non i giusti,
ma i peccatori: berit
nell’ebraico della bibbia.
Martini lo sa.
Ma non usa berit,
bensì l’equivalente covenant.
Forse per suggerire qualcosa
ai «signori della guerra» di lingua inglese?

***

Lezione di inglese – Il cardinale
tocca anche la legittima difesa,
un diritto assoluto.

«Ma occorre una continua vigilanza
e un costante dominio
delle proprie passioni individuali
e collettive per far sì che,
nella necessaria azione
di prevenzione e giustizia,
non si insinui la voluttà della rivalsa
e la dismisura della vendetta…

(Oggi) l’ansia di vittoria
e il dinamismo della violenza
non hanno forse preso la mano,
diminuendo la soglia di vigilanza
sulle azioni di guerra
che potrebbero essere
non strettamente necessarie
rispetto agli obiettivi originali
e soprattutto colpire
popolazioni inermi?

È qui che il principio
della legittima difesa
viene messo gravemente in questione».

***

Lezione di inglese – In ogni caso,
dopo l’11 settembre,
la guerra si sarebbe resa necessaria.
Lo si è ripetuto da tante parti.
Ma il cardinale non è così sicuro,
né lo è il papa.

E 120 giuristi lanciano su internet
un appello:

«Non dobbiamo temere di dire forte
che la guerra porta come conseguenza
altra guerra…
che la prova di forza
finirà per essere deleteria,
perché compatterà ancor più
gli integralismi.

Non possiamo assistere in silenzio
alle operazioni militari
contro l’Afghanistan…

Non possiamo farlo
proprio come giuristi,
perché il fine del diritto
è quello di risolvere
i conflitti tra gli uomini,
evitando che ogni controversia
finisca necessariamente in una guerra,
privata o collettiva che sia;

e perché,
anche quando la guerra
è accettata come male minore,
l’ordinamento internazionale
e quelli interni la ancorano
a principi rigorosi e indefettibili:
non per inutile formalismo,
ma per la consapevolezza
della sua gravità ed eccezionalità».

È avvenuto che,
riportando espressioni del genere,
qualcuno ci abbia giudicato
degli utili idioti.
Se siamo «utili alla pace»,
non ci dispiace affatto
essere ritenuti «idioti».

La Redazione, «Missioni Consolata»,
gennaio 2002, p. 3.

Foto: Cardinale Carlo Maria Martini /
ticinolibero.ch

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