La repressione

La repressione – «Mehdi ucciso dalle torture in carcere»
Doppia condanna a morte per un 18enne

 

Il giovane è deceduto
dopo essere stato 20 giorni in coma:
aveva studiato farmacia a Bologna.
Torna in campo la «polizia morale»
con una nuova stretta:
controlli sull’uso del velo in auto.
Festa con alcol: fermo di 24 ore
per quattro calciatori.

La repressione – «Ti seppelliranno
accanto alla tomba di tua madre,
li ritroverai la pace.
Ma mi raccomando
non farle vedere i segni delle botte
e dei lividi e il tuo naso rotto,
che hai subito nella detenzione di sicurezza».

L’Addio dei parenti
a Mehdi Zare Ashkzari,
nel giorno di Capodanno,
rimbalza dall’Iran
fino a Bologna sgomenta.

È la conferma social della denuncia
di Amnesty International:
Mehdi Zare Ashkzari è morto
dopo essere andato in coma
per le torture subite in prigione.

Il giovane – poco più che trentenne
e che aveva studiato farmacia
nella città delle Due Torri –
è stato torturato «tanto, al punto che
dopo 20 giorni di coma è morto»

hanno riferito fonti iraniane ad Amnesty
secondo cui il giovane
sarebbe poi stato rilasciato
per evitare si sentisse male
mentre era in cella,
ma subito dopo è entrato in coma.

***

La repressione – È «una nuova vittima
della libertà di espressione»
afferma dall’Egitto
un altro “studente bolognese”,
Patrick Zaki
ma «purtroppo, questa volta,
era troppo tardi per salvarlo».

Il ricordo di chi ha conosciuto Mehdi,
che a Bologna dal 2015
per mantenersi agli studi
aveva lavorato come aiuto cuoco
in una pizzeria,

si confonde e unisce nel dolore
con lo struggente video del fratello,
subito virale: «Baradaram»,
«Fratello mio» il titolo
con accanto una rosa appassita.

***

La repressione – Mehdi è ritratto
in momenti di vita quotidiana,
come quando, in felpa e cappellino,
canta in macchina.

E poi una foto
accanto a una donna,
probabilmente la madre
che nel 2021,
quando si era ammalata,

Mehdi aveva voluto a tutti i costi
raggiungere in Iran
lasciando Bologna.

Una esistenza
provata dalle difficoltà
quella di Mehdi,
ma sino a ieri aperta
alla vita e alla speranza
e che la criminale repressione
del regime iraniano ha falciato.

Un nome,
accanto a quello di Masha Amini,
e un volto che ora molti in Italia
ricordano con dolore:

«L’ultima volta che l’ho sentito
era felice, mi diceva:
con la famiglia andiamo avanti.
Anche lui partecipava
alle manifestazioni per la libertà,
per trovare quello che vogliamo tutti noi»,

racconta Ali Jenaban,
studente iraniano a Bologna.

«Abbiamo avuto la notizia
della morte solo ieri sera perché i familiari
non avevano detto niente
per non avere problemi nel fare il funerale,
altrimenti il regime non rilascia il corpo»
precisa Sanam Naderi, pure lei studentessa
all’università di Bologna.

***

La repressione – Intanto in Iran,
segno che la repressione non si allenta,
la polizia ha ripreso a monitorare
l’uso dell’hijab in auto.

Secondo i media locali
sarebbe infatti iniziata in tutto il Paese
una nuova fase del programma «Nazer-1»
(sorveglianza farsi).

Le donne
che non indossano correttamente il velo
ricevono un sms che ricorda come sia
«necessario rispettare le norme della società
e non ripetere questo atto».

Rimosso, rispetto al passato,
il riferimento a
«conseguenze legali e giudiziarie».

Di fatto. una smentita
dell’annuncio di dicembre
che la polizia morale era stata abolita.
In realtà tutta la società iraniana
vive stretta in una morsa:

quattro calciatori
sono stati arrestati a Capodanno
e liberati 24 ore dopo,
per aver partecipato a una festa
alla quale erano presenti
sia uomini che donne
e dove si è consumato alcol.

***

La repressione – Una repressione
che non rinuncia nemmeno
a nuove condanne a morte
contro i manifestanti,
giunte ormai a più di venti,
due delle quali già eseguite:

clamorosa la doppia condanna
contro Mehdi Mohammadifard, 18 anni,
arrestato durante le proteste a Nowshahr
e accusato di corruzione e guerra.

Oltre alla pena capitale,
il tribunale rivoluzionario di Sari
lo ha condannato a un totale
di sette anni e mezzo di carcere

per le accuse di
«propaganda contro il regime»,
«incitamento a turbare la sicurezza del Paese»,
«insulto alla leadership»
e «reati contro la sicurezza del Paese».

All’imputato è stata negata la possibilità
di essere difeso da un avvocato.

Luca Geronico, «”Mehdi ucciso
dalle torture in carcere”.
Doppia condanna a morte per un 18enne»,
in “Avvenire”, martedì 3 gennaio 2023, p. 18.

Foto: Mehdi Zare Ashkzari,
morto in Iran per le torture /
bolognatoday.it

La repressione – Da sapere
Il pugno di ferro del regime degli ayatollah

500 i manifestanti uccisi
dalle forze dell’ordine iraniane
dall’inizio delle proteste;

20 le condanne a morte
emesse dalla Corte suprema iraniana
contro i manifestanti;

14.000 gli arresti contati
dalle Nazioni Unite
dopo la morte il 16 settembre,
di Mahsa Amini.

Da “Avvenire”,
martedì 3 gennaio 2023, p. 18.

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