Leigh – «Caro Mr. Henshaw» di Beverly Cleary
Leigh – «Sulla strada del ritorno
tutti parlavano di Mrs. Badger questo
e Mrs. Badger quello.
Non volevo parlare.
Volevo solo pensare.
Una vera autrice vivente
mi aveva chiamato autore.
Mi aveva detto di andare avanti così.
Mamma era orgogliosa di me
quando gliel’ho raccontato».
All’undicenne Leigh va tutto storto:
è in prima media in una nuova scuola
nella desolata cittadina della California centrale
in cui si è appena trasferito,
con un misterioso ladro
che ogni giorno gli ruba parte del pranzo;
senza uno straccio di amico,
vive con la madre
che, da quando si è separata, si ammazza di lavoro,
anche perché il padre di Leigh è un autentico disastro:
non sempre versa l’assegno per il figlio,
non sempre si ricorda di andare a trovarlo
o anche solo di chiamarlo,
nonostante le tante promesse.
Il sassolino capace di cambiare il corso degli eventi
lo lancia un’insegnante
che assegna alla classe
il compito di indirizzare una lettera a un autore famoso.
Leigh ha improvvisamente le idee chiarissime:
si rivolge a Boyd Henshaw,
il noto scrittore per ragazzi
di cui ormai da anni legge tutti i libri,
avviando una corrispondenza
che cambierà molte cose nella sua vita.
In realtà Caro Mr. Henshaw di Beverly Cleary
(Roma, il Barbagianni, 2021, pagine 136, euro 13,90,
traduzione di Susanna Mattiangeli,
illustrazioni di Vittoria della Torre
e copertina di Maria Gìron)
è un romanzo epistolare a senso unico:
l’autrice presenta infatti solo le lettere del bambino,
tanto è comunque forte
e significativa la voce dello scrittore
che rimbalza dai fogli di Leigh.
Le lettere sono piuttosto diverse tra loro,
non tutte felici di essere scritte,
perché il bambino – il suo «fan numero 1»,
come a volte si firma salutando lo scrittore –
a tratti è infastidito.
Soprattutto dalla lettera in cui Henshaw,
accettando l’intervista che Leigh gli fa
per conto della scuola, non si limita a rispondergli,
ma gli pone diverse domande a sua volta,
provocando nel bambino un profondo disappunto
e un’arrabbiatura che risuonerà a lungo
(soprattutto nelle firme: «il tuo disgustato lettore»,
«il tuo ex amico», «bleah a te»).
Eppure, quasi suo malgrado,
Leigh capisce presto che scrivere gli fa bene.
Certo, non può tempestare lo scrittore
di messaggi per sentirsi meglio
e così ne segue il consiglio: inizia un diario.
Il bambino ha bisogno infatti
di mettere nero su bianco
tutto quel che gli sta succedendo – la povertà,
la separazione dei genitori,
la paura di crescere senza un padre,
l’insicurezza dell’esclusione,
la frustrazione dovuta al ladro di pranzi, la solitudine,
il disappunto per una casa minuscola in cui la televisione
non funziona e quindi si è costretti
a passare il tempo con la lettera in mano.
Caro Mr. Henshaw è così soprattutto
una riflessione sul potere della scrittura.
Le confessioni che Leigh affida al suo diario
lo salvano, rimettono ordine
tra le tessere impazzite del puzzle che è la sua vita.
Tentando di dare forma a dubbi e silenzi,
le parole incerte e insicure del bambino
piano piano si rafforzano,
imparano a costruire un dialogo tra interno ed esterno.
Coltivare quel che presto capisce
essere il suo (quasi) talento,
sarà infatti il vero motore del cambiamento.
I ricordi smettono così
di essere macigni che bloccano,
per trasformarsi in volani,
al punto che Leigh troverà un amico vero,
in carne e ossa, a scuola.
È la prima volta che Caro Mr. Henshaw,
vincitore nel 1984 della prestigiosa Newbery Medal,
viene tradotto in italiano.
Un omaggio proprio nell’anno della scomparsa
di Beverly Atlee Cleary (1916-2021)
morta ultracentenaria, la scrittrice americana
di narrativa per bambini e giovani adulti
con 91 milioni di copie di libri venduti nel mondo,
a partire dal primo uscito nel 1950.
Figlia unica cresciuta in una fattoria
nelle zone rurali di Yamhill (Oregon)
da madre insegnante e padre agricoltore,
a 6 anni si trasferisce con la famiglia a Portland,
dove il genitore trova lavoro
come agente di sicurezza in banca.
Il passaggio dalla campagna alla città
non sarà facile per Beverly:
in prima, la maestra la inserisce
in un gruppo di lettori in difficoltà
(«Volevo leggere,
ma in qualche modo non potevo»),
finché, grazie all’aiuto
della bibliotecaria scolastica,
le cose iniziano finalmente a migliorare.
Mantenutasi all’università
svolgendo i lavori più disparati,
Cleary è stata prima bibliotecaria per bambini
e poi, dal 1942, scrittrice per l’infanzia a tempo pieno.
Le sue storie sono in gran parte ambientate
nel quartiere di Grant Park, nel nord-est di Portland,
e hanno per protagonisti i bambini della classe media.
Conoscendo le difficoltà dei piccoli
nel trovare libri con personaggi con cui identificarsi,
Cleary decide di scrivere lei stessa quelle storie
(«I bambini meritano libri di qualità,
i bibliotecari sono così importanti
nell’incoraggiarli a leggere,
selezionando libri appropriati»).
Caro Mr. Henshaw conferma appieno
l’attenzione di Cleary per quegli aspetti
così importanti nell’infanzia,
dettagli secondo gli adulti
ma in realtà elementi cruciali
nella formazione dei bambini.
Spesso infatti i piccoli, come Leigh,
non vogliono parlare,
ma «solo pensare».
Beverly Atlee Cleary se n’è accorta,
in una vicinanza preziosa
di cui ora anche i giovanissimi lettori italiani
potranno beneficiare.
Silvia Gusmano, «Scrivo per capirmi un po’.
Finalmente tradotto in italiano “Caro Mr. Henshaw”
di Beverly Cleary, scomparsa ultra centenaria nel 2021»,
in “L’Osservatore Romano”, martedì 4 gennaio 2022, p. II.
Foto: Copertina di Caro Mr. Henshaw /
ilbarbagiannieditore.it