Sudan 4 – Nella nazione africana lacerata dalla violenza
una persona su due ha bisogno di aiuti umanitari
Sudan 4 – Almeno 12.000 vite di sudanesi
perse e oltre 10 milioni di profughi
hanno messo a nudo l’impatto devastante
dei circa dieci mesi di conflitto in Sudan.
Cafod Sudan,
partner del network di Caritas,
è tra gli enti umanitari che si sforzano
di fornire beni di base a una popolazione
di un Paese in cui una persona su due
ha bisogno di assistenza umanitaria.
Samilah Danish,
responsabile dello sviluppo
e del finanziamento
dei programmi di Cafod,
ha parlato con i media vaticani
della crisi disperata
e di come
la comunità internazionale
abbia dimenticato la nazione africana.
«Questo conflitto
ha rubato quasi tutto
alle persone,
la sicurezza, le case
e i mezzi di sostentamento»,
ha dichiarato.
Il recente allargamento del conflitto,
specialmente nello Stato di Gezira,
un tempo considerato
il granaio del Sudan, ha portato
a una delle più grandi crisi
di profughi e di protezione al mondo.
Ostilità intense
non hanno solo danneggiato
le reti di approvvigionamento idrico,
ma anche le strutture sanitarie,
tre quarti delle quali
nelle aree del conflitto
non sono funzionanti.
Le conseguenti malattie,
come il colera,
il morbillo e la malaria,
si stanno diffondendo velocemente.
In questa tragica situazione,
Cafod ha prestato assistenza sul campo.
«Non abbiamo dimenticato i sudanesi
– ha ribadito Danish –
e malgrado sfide come
la mancanza di sicurezza,
ostacoli burocratici
e lo scarso accesso alla rete,
Cafod opera dal suo centro
nello Stato del Nilo Bianco,
fornendo servizi essenziali
in collaborazione
con organizzazioni locali».
Sudan 4
L’attenzione è stata posta
sui bisogni emergenziali dell’acqua,
dei servizi igienici
e dell’igiene personale,
come anche la costruzione
e il ripristino di latrine pubbliche
e il sostegno alla rete idrica.
La distribuzione di cibo
alle persone internamente dislocate
e i progetti per la distribuzione
di contanti nei prossimi mesi
dimostrano l’impegno di Cafod
a rispondere ai bisogni immediati.
Tuttavia, le dimensioni della crisi
esigono di più.
«Da quando è iniziata la guerra
– ha osservato Danish –
la fame ha raggiunto livelli record,
con 24,8 milioni di persone,
vale a dire una persona su due,
che hanno bisogno
di assistenza umanitaria nel 2024,
9 milioni in più rispetto al 2023».
I bisogni urgenti comprendono cibo,
acqua, alloggio, carburante, educazione,
assistenza sanitaria e nutrizione.
Malgrado gli sforzi profusi
da attori umanitari,
tra cui l’Onu,
le carenze sono evidenti,
specialmente per i profughi
che hanno perso le proprie case
e ogni giorno devono affrontare
sfide per sopravvivere.
Mentre il conflitto sta scomparendo
dall’attenzione internazionale,
Danish ha dato voce al sentimento
che provano molti cittadini sudanesi:
«La gente in Sudan
ha la sensazione
che gli Stati regionali
e la comunità internazionale
abbiano deciso di abbandonare il Paese».
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Sudan 4 – Tra il crollo
delle istituzioni statali
e l’assenza di tentativi di mediazione
tra le parti in conflitto,
ha precisato,
«c’è stato un maggiore coinvolgimento
da parte di alcuni
degli attori esterni nella regione
che sostengono
le Forze di supporto rapido
e i loro leader,
senza considerare
i bisogni del popolo sudanese».
Per quanto riguarda
eventuali colloqui di pace,
Danish ha espresso pessimismo.
Sebbene siano stati compiuti tentativi
da parte degli Stati Uniti
e dell’Arabia Saudita,
il responsabile dello sviluppo di Cafod
ritiene che non abbiano dato frutto.
«La recente Dichiarazione
di Addis Abeba,
che intendeva servire da base
per ulteriori negoziati
continua a rimanere
largamente sulla carta,
con gli impegni verbali disattesi»,
ha precisato.
Deplorando l’assenza
di una roadmap chiara
per la pace,
Danish ha spiegato che
«i sudanesi,
a diversi livelli,
hanno fatto del loro meglio
per sostenere gli sforzi di pace
e attirare l’attenzione
della comunità internazionale
sul Sudan portando le due parti
a sedersi intorno a un tavolo».
Linda Bordoni, «Nella nazione africana
lacerata dalla violenza una persona su due
ha bisogno di aiuti umanitari», in
“L’Osservatore Romano”,
sabato 10 febbraio 2024, p. 2.
Foto: In cerca di una via d’uscita /
amnesty.org