Sudan due
Sudan, da destra il generali Abdel Fattah Al Buran e il generale Mohamed Hamdan Dagalo detto Hemedti / rainews.it

Sudan 2 – L’internazionalizzazione del conflitto

Tra tensioni etniche e infiltrazioni dall’estero

Sudan 2 – Purtroppo
vi è un’algida classificazione
per quanto riguarda
le aree di conflitto
a livello planetario:

guerre di serie A
e guerre di serie B.

Un inganno istigato
dal sistema massmediale mainstream
per cui alcune aree del pianeta
sono coperte dalla stampa internazionale,
altre finiscono nel dimenticatoio.

Emblematico è il caso del Sudan dove,
dopo quasi dieci mesi di combattimenti,
è fallito ogni tentativo di mediazione
con il risultato che si sono radicalizzate
le posizioni tra gli opposti schieramenti,
sostenuti da potentati stranieri.

Eppure,
stiamo parlando di un conflitto
che ha generato
il più alto numero al mondo
di sfollati interni,
oltre 11 milioni;

mentre i rifugiati
sono più di 3 milioni,
disseminati in Egitto, Libia,
Ciad, Repubblica Centrafricana,
Sud Sudan, Etiopia, Eritrea.

Secondo l’Onu,
metà della popolazione sudanese
– circa 25 milioni di persone –
ha bisogno di assistenza umanitaria
e protezione.

Fonti ben informate
della società civile denunciano
l’inasprimento dei toni
fra i due principali antagonisti,

il generale Abdel Fattah al-Burhan,
capo della giunta militare e capo
di stato maggiore dell’esercito regolare (Saf),
e il generale Mohamed Hamdan Dagalo,
meglio noto con il soprannome di Hemedti,

comandante delle Forze
di supporto rapido (Rsf),
le milizie associate al potere
fino al momento dello scoppio
della guerra civile.

Sudan 2

Come se non bastasse,
si sta affermando
lo spettro di una frammentazione
su basi etniche,
con il rischio di infiltrazioni
di stampo jihadista.

Infatti sono scesi in campo
altre formazioni ribelli.

Oltre ai due principali contendenti
vengono segnalati combattenti dello Sla
(Esercito per la liberazione del Sudan)
di Abdel Waid al-Nur
che ha le sue roccaforti
nel Jebel Marra in Darfur,

e dell’Splm-N (Movimento popolare
per la liberazione del Sudan-Nord)
che ha le sue basi operative nei Monti Nuba,
nel Kordofan meridionale, e che risulta attivo
anche nello Stato del Nilo Blu.

Come ben evidenziato da Suliman Baldo,
fondatore e presidente dell’organizzazione
Sudan transparency and policy tracker,
esperto in diritti umani
e risoluzione dei conflitti in Africa,

è sempre più evidente
la proliferazione dei conflitti nel Paese,
fuori dal controllo di entrambi le parti,
cioè l’esercito regolare (Saf) e le Rsf.

In particolare vengono segnalati
numerosi scontri localizzati,
connotati etnicamente che testimoniano
un crescente stato di anarchia
in numerose aree geografiche del Sudan.

Un rapporto di 47 pagine
stilato da un gruppo di cinque ricercatori
nominati dal Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite (Unsc),
che è stato fatto circolare
alla metà del mese scorso,

descrive dettagliatamente
le dinamiche del conflitto,
in particolare
nella vasta regione occidentale del Darfur

dove è stato violato l’embargo sulle armi
da parte di Paesi terzi
che avrebbero fornito armi
alle Forze di supporto rapido di Hemeti.

Nel documento
si parla di voli cargo dagli Eau
alla città di Amdjaras,
nel Ciad orientale.

Da lì, fonti locali hanno riferito
che armi e munizioni
venivano caricate su camion
e trasferite nel Darfur
in piccoli convogli,
per poi essere consegnate alle Rsf.

***

Sudan 2 – Il rapporto inoltre stima
che il bilancio
delle vittime della pulizia etnica
avvenuta nell’aprile dello scorso anno
a El Geneina

sarebbe compreso
tra le 10.000 e 15.000 unità,
superiore dunque alle stime precedenti.

Se queste cifre fossero accurate,
supererebbero quelle del massacro
di Srebrenica del 1995, ricordato
come il peggior omicidio di massa
avvenuto in Europa
dalla seconda guerra mondiale.

Come se non bastasse,
il 24 gennaio scorso,
l’agenzia statunitense Bloomberg,
citando fonti ben informate,
ha diffuso la notizia

che il governo iraniano
avrebbe fornito
droni da combattimento
all’esercito regolare sudanese,

a seguito della ripresa
dei rapporti diplomatici tra i due paesi
nell’ottobre dello scorso anno.

A questa narrazione
occorre aggiungere
un altro dato sconfortante.

***

Sudan 2 – Recentemente il «Kyiv Post»
ha pubblicato un video esclusivo

in cui si vedono membri
delle forze speciali ucraine
che interrogano i mercenari
del gruppo Wagner,
catturati nel Paese africano.

Nel filmato sono ben visibili
alcuni operatori delle forze speciali
del gruppo di combattimento Timur,
parte della Direzione
dell’intelligence militare ucraina (Gur),

mentre esaminano
un veicolo militare crivellato
da colpi di arma da fuoco della Wagner.

Questo video confermerebbe
quanto riportato nel luglio scorso
dall’African defense forum,
un periodico dell’African command
delle forze armate statunitensi (Africom),

il quale affermava
che il gruppo Wagner aveva addestrato
i miliziani delle Rsf,
fornendo poi loro materiale bellico
attraverso il confine libico.

In questo contesto, segnato sempre più
da un’internazionalizzazione del conflitto,

si evidenzia l’incapacità
della diplomazia regionale e internazionale
di trovare il bandolo
per portare le parti belligeranti
a trattare in maniera seria.

Giulio Albanese, «L’internazionalizzazione
del conflitto», in “L’Osservatore Romano”,
sabato 10 febbraio 2024, pp. 2-3.

Foto: Sudan, da destra i generali
Abdel Fattah Al Buran e il generale
Mohamed Hamdan Dagalo detto Hemedti /
rainews.it

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