Notte inquieta

Notte inquieta
Quella vita che palpita anche nel cuore del buio

 

In «Notte inquieta»
di Albrecht Goes
l’insensatezza della guerra
raccontata da un pastore protestante

Notte inquieta
«Chiusi il fascicolo
e cominciai a riflettere.

Dunque
questa è la cronaca
(la storia esterna)
di quella vita.

Ma quale sarà stata
la storia intima?

Certamente
quella di un uomo
che non è stato
abbastanza amato.

Di uno cui la vita
aveva tolto
anche quel minimo
di calore necessario
perché si abbia
uno sviluppo normale (…).

E poi Ljuba,
e quel bambino,
non una qualsiasi
ragazza ucraina,
ma una madre (…).

Non posso addormentarmi.
Nessuno può addormentarsi,
di questi tempi.

Questa è la guerra,
la guerra di Hitler».

Notte inquieta

Ucraina, ottobre 1942.
Mentre infuria
il Secondo
conflitto mondiale,

un cappellano militare
tedesco
viene mandato
ad assistere un disertore
condannato a morte.

In attesa dell’esecuzione,
il pastore protestante
trova posto
in una locanda gremita,

costretto
a dividere la camera
con un capitano
in partenza
per Stalingrado.

Sono le ultime ore
prima del fronte
e Brentano
(questo il nome
del militare)

gli chiede di poter
far furtivamente entrare
la fidanzata,
l’infermiera Melanie.

***

Notte inquieta
Con gli amanti
appartati in un angolo,

il cappellano si immerge
nella storia del giovane
condannato alla fucilazione
che a breve incontrerà:

non vuole fare
come il giudice militare
che gli ha passato
l’incartamento,

lui vuole capire
chi sia «quell’uomo
fatto di carne e sangue,
di speranza e di paura,
angoscia e tormento»

che dovrà accompagnare
negli ultimi passi.

La notte è nera,
tempestosa, assoluta
tra la follia nazista
e la desolazione bellica
che fagocitano ogni cosa,

eppure nella stanza
di quella locanda
trionfa la vita.

È vita quella
tra Brentano e Melanie;

ma è anche vita
quella che il cappellano
ascolta leggendo il faldone
relativo al disertore,

a quell’uomo con il quale
si dirà addio
come autentico prossimo.

Recita versi di Omero,
gli riecheggiano dentro
certe descrizioni goethiane,

pensa alla musica,
alla letteratura russa
il colto cappellano
protagonista
dello splendido Notte inquieta

(Milano, Marcos y Marcos,
2024, pagine 110, euro 16,
traduzione di Ruth Leiser)

di Albrecht Goes,
pubblicato
per la prima volta
nella Germania
appena uscita dalla guerra.

Notte inquieta

C’è molto dell’autore
(1908-2000)
in queste pagine:

dopo gli studi
in teologia,
Goes viene ordinato
pastore protestante
nel 1930,

prestando poi servizio
come cappellano militare
durante la guerra;

nel 1953 lascia
il sacerdozio
per dedicarsi
alla scrittura,

pubblicando
opere poetiche
e in prosa,

la più famosa
delle quali
sarà proprio
Notte inquieta

(tradotta in 18 lingue,
è stata anche un film
e uno sceneggiato
televisivo per la Bbc).

***

Notte inquieta
Nel suo racconto Goes
fa dunque anche luce
sui cappellani militari,

queste figure
così particolari
e difficili
da comprendere.

Presenze che
«per Hitler erano
un impaccio inutile,
più volte era stato
sul punto di abolirli
del tutto.

L’istituzione
era in sé insignificante;

ma chi svolgeva
quella funzione
riusciva a compiere
un lavoro di importanza
non trascurabile (…).

“Eccoci qui, noi,
servitori di Dio,
in queste divise nauseanti,
col grado di assassino
ricamato sulla giubba,

che camminiamo
per le strade buie
di una città russa
e che domani all’alba
fucileremo un ragazzo”».

Per un altro ufficiale,
chissà,
il compito assegnato
forse sarebbe stato
una semplice mansione
di routine,

non però
per il cappellano
inquadrato nelle file
della Wermacht
protagonista di
Notte inquieta.

***

Notte inquieta
Il dossier è asettico,
come sempre accade,

eppure il pastore
si lascia folgorare
da ciò che risulta
in modo chiaro:

un’infanzia
senza amore,
un’adolescenza
ai margini,
l’entusiasmo spezzato,

ma anche
la voglia di vivere
del condannato,

la sua storia d’amore
con una ragazza ucraina,
vedova di guerra
sola con un figlio piccolo.

«“Ho voluto vivere
come un essere umano
per qualche settimana,

ecco – dirà il giovane
al cappellano poco prima
di essere giustiziato -;
e ora la pago così”.

Questo era l’inizio.
Anzi: il tema.
Il titolo e la firma”.

Ci separammo;
la commozione
di quell’addio (…)
ci aveva reso fratelli».

Notte inquieta

È una riflessione
sul senso stesso
dell’accompagnamento
e della preghiera,

questo piccolo libro,

con il suo cappellano
inquadrato nell’esercito
eppure così radicalmente
critico verso la guerra,
e verso il nazismo.

(«Due tavoli,
cinque sedie,
le rastrelliere
per i fucili,
i registri –

il registro
della guardia,
il registro con gli
ordini del giorno,
il registro
delle punizioni –

quante cose familiari!
Ce n’erano ovunque,
in Europa,
dovunque Hitler
fosse arrivato.

E quell’atmosfera

– quella miscela
di odori,
di gavette
e di soldati –

era impossibile
respirarla
senza capire
immediatamente
dove ci si trovava:
nella galera Europa»).

***

Notte inquieta
Vita e morte,
speranza e rassegnazione:
tutto cammina
con il pastore,

senza che lui possa
davvero agire
in favore del bisogno.

Eppure,
sapendo bene che
«l’ingiustizia
non può portare
al Bene»,

il cappellano
– uomo di Dio,
sconfitto
tra gli sconfitti –
ha l’inquietudine
della croce.

«Con incertezza,
cercava la mia mano (…).
Gliela strinsi,
con calma e con forza.

Meglio così.

Come servo del Vangelo
– per questo
ero stato chiamato qui –

dimostrai
quale fosse
il mio posto:
dalla parte dei vinti.

La verità del Vangelo
è la follia del mondo,
la sua ironia
e il suo furore.

Resi testimonianza
di quella verità».

Silvia Gusmano, «Quella vita
che palpita anche nel cuore
del buio», in
“L’Osservatore Romano”,
martedì 6 febbraio 2024, p. I.

Foto: Locandina del film
«Due volte non si muore»
(«Unruhige Nacht»)
del 1958, diretto da
Falk Harnack /
quinlan.it

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